RE-think

maurizio carta [29.09.13]

Ripensare il modello di sviluppo

Metamorfosi è una potente parola-guida della contemporaneità. E’ un impegno di cui numerosi segni ci facevano intravedere la necessità durante gli anni propulsivi della globalizzazione e molteplici indizi tracciavano la strada da percorrere. Ma, anestetizzati dalle aporie dello sviluppo, li abbiamo ignorati, emarginandoli nella ecosofia o reagendo in modo impulsivo con seducenti inni alla decrescita felice. Oggi invece gli anni recessivi di una crisi che non è una semplice stagione di attraversamento ci chiedono la responsabilità di un mutamento di paradigma che conduca alla metamorfosi ecologica, culturale, economica, sociale e politica.
Ma il mutamento sarà soprattutto urbano, perché viviamo nella Urban Age in cui le città, forma prevalente dell’abitare, producono più del 50% del Pil globale, ma consumano anche il 90% delle risorse, producono l’80% delle emissioni di CO2 e domandano quasi l’80% del fabbisogno energetico nazionale dei paesi Ocse. La città al tempo della metamorfosi non solo dovrà essere una rinnovata growth machine, ma ha la responsabilità di essere generatrice di stili di vita più sostenibili, perché più intelligenti e creativi. Le città del futuro se vorranno rinnovare il patto sociale tra popolazione, territorio e sviluppo dovranno essere creative, smart and green ripensando il proprio ruolo di propulsori del mutamento. Progettare città nel tempo della metamorfosi, significa ripensare il loro ruolo di attrattrici di flussi fisici e digitali e di talenti umani e monetari nell’era delle reti globali di cui le città sono i potenti hub.

we have to fight the aporia of current development paradigm
RE-load

Riattivare i capitali urbani

La città contemporanea è sempre più spesso anche “anti-città”: la sua nemesi produttrice del consumo di risorse (finanziarie, sociali, territoriali) e di energie (materiali e immateriali) a fronte della scarsità della qualità dei luoghi e della vita. Tuttavia constatiamo che nelle stesse città dissipative le qualità culturali intrinseche sono ancora elevate (centri storici e patrimonio culturale, paesaggi costieri e campagne periurbane), i valori sociali sono intatti (prestigio e notorietà, associazionismo sociale e vitalità politica), i talenti sono attivi (università, attività culturali e brand) e le relazioni sono fluide ed ampie (porti ed aeroporti, connessioni infrastrutturali e digitali). Allora l’accettazione del declino e la gestione della contrazione non sono l’unica soluzione, ma dobbiamo impegnarci a "ricaricare il sistema operativo" per far ripartire la città in forme più sostenibili. Già nel 2007 nel libro "Creative City" ho segnalato la necessità di un mutamento da una visione delle politiche urbane basate sull’uso illimitato di risorse pubbliche per stimolare l’attivazione di economie che a loro volta avrebbero rigenerato gli spazi urbani, verso un nuovo paradigma che guidi politiche urbane che a partire dagli spazi urbani “riattivino i capitali territoriali” per rigenerare l'economia, passando quindi da un sistema urbano dissipativo ad uno creativo. Oggi con maggiore urgenza e responsabilità, la città deve orientare la sua creatività verso la produzione di nuova identità, di rinnovata sostenibilità ecologica ed energetica, di nuove economie della conoscenza ma anche di nuove geografie sociali nella società meticcia. Dovremmo progettare una nuova “città eco-creativa", capace di generare soluzioni innovative, catalizzare culture diverse e alimentare economie sostenibili

in the era of metamorphosis cities de-grow, shrink and become more dense.
RE-cycle

Riciclare le città in metamorfosi

Pianificare città più sostenibili per generare comunità più intelligenti postula modelli di pianificazione e gestionali capaci di ridurre la pressione urbana sugli ecosistemi e diminuire le diseconomie di scala. Agire sulle nuove eco-comunità urbane, sulle loro interazioni con i sistemi sociali, sul loro ruolo nel ripensare l'economia e sulle nuove domande di welfare può trovare una risposta efficace nel “riciclo creativo” dei materiali urbani. Riciclare le città per sperimentare una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, richiede sia l’utilizzo del potenziale delle "miniere delle città" (edifici, luoghi e infrastrutture dismessi dalla metamorfosi in atto) sia un’azione consapevole sulla innovazione degli stili di vita, dei comportamenti sociali e dei valori economici sostenibili e soprattutto sulle modalità di regolazione, progettazione e controllo degli insediamenti. La questione non riguarda tanto il riutilizzo dei materiali, degli spazi, degli edifici o delle infrastrutture, quanto il “rinnovo dei cicli”, cioè la metamorfosi – architettonica, sociale ed economica – degli insediamenti urbani attraverso una immissione in nuovi cicli di vita dei complessi urbani, dei tessuti insediativi e delle reti infrastrutturali in dismissione, in mutamento o in riduzione funzionale. Nella crisi ecologica ed economica le città decrescono, si contraggono e si densificano, producendo "lacerti urbani", “trucioli funzionali" e "rottami di sviluppo" che solo attraverso un processo metamorfico di riciclo possono tornare ad essere le componenti di nuovi cicli di vita capaci di generare rinnovati paesaggi urbani o gli attivatori di cicli interrotti, o ancora possono contribuire a potenziare alcuni micro-cicli ormai inefficienti.

the re-cycle areas will be the new and powerful blastema of the city
REDS protocol

Riattivare il buon governo

Ripensare, ricaricare e riciclare le città richiede un rigoroso esercizio della volontà politica, della responsabilità sociale e delle competenze tecniche fondate su una governance delle trasformazioni basata su un pensiero differente ed una filiera di azioni per i tempi nuovi, capaci di re-immaginare il progetto urbano. Dobbiamo tornare a guardare il territorio come risorsa generativa e non solo come spazio di consumo, attingendo alle energie del nuovo magma partecipativo in cui i talenti dei giovani, i lavoratori della conoscenza e le economie della sostenibilità si miscelano producendo un nuovo territorio che dobbiamo imparare ad esplorare, ad interpretare, a regolare ed a progettare, affrontando i nuovi conflitti – sociali, culturali, etnici, ecologici, funzionali e sempre più spesso economici – che trovano nella città genesi ed eruzione. L’impatto dei nuovi paradigmi ecologico, tecnologico e creativo non produce effetti solo sull’impronta ecologica delle azioni, ma interviene profondamente sul modo di pensare, sui metodi e sugli strumenti delle discipline che forniscono i principi e gli strumenti per governare e modellare l’ambiente in cui viviamo: la pianificazione territoriale, l’urbanistica ed il progetto urbano. Ogni disciplina ha la responsabilità di creare costantemente le proprie condizioni di progresso ed oggi dobbiamo capire che abbiamo un'opportunità unica per riconsiderare il nucleo epistemologico delle scienze che concorrono a guidare l'evoluzione delle città. Perché i poeti nel tempo del bisogno? Si chiedeva Hölderlin in una delle sue elegie. Perché gli urbanisti nel tempo della metamorfosi? Ci domandiamo noi con l'obbligo di una risposta convincente.

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