Sindacato Nazionale

Università Ricerca Palermo
 
 

Caronte, il traghettatore.

L'Università degli Studi di Palermo, che forse è all'apice di una fase di transizione, e oggi abilmente ricattata da corporazioni, capaci di condizionare prepotentemente la vita dell'Ateneo. Queste forze sono oggi tenacemente coalizzate contro ogni volontà di rendere trasparente e democratica l'azione di governo di questo frammento della Pubblica Amministrazione, investita da un processo ormai avanzato di autonomia, fortemente voluto dalle Università del resto del Paese, certamente più preparate ad affrontare il processo di autogestione.

Questo Ateneo, che si trascina un forte gap culturale e gestionale, che perpetua il rifiuto di qualsiasi strumento di valutazione dell'attività didattica, scientifica e amministrativa, continua a dibattersi tra arcinoti problemi economici e finanziari che vanno dalla voragine dei debiti del policlinico che sfiora i 200 miliardi, al mutuo inutilizzato di 100 miliardi - sul quale si continuano a pagare interessi da capogiro di 6 miliardi all'anno - all'incapacità di convenzionare con il territorio l’offerta di servizi altamente specializzati (che invece vengono sovente commissionati agli studi privati di molti esimi professori), per innescare meccanismi di autofinanziamento, indispensabili all’Ateneo per sopravvivere nello scenario verso il quale le politiche dei governi susseguitisi nell'ultimo decennio, già costringono il sistema universitario.

Ma la crisi dell'Ateneo è certamente anche istituzionale: le vicissitudini dello Statuto hanno fatto riemergere, con tutta la sua arroganza, una lobby anacronistica che speravamo ormai in declino e prossima al "sonno". E le responsabilità vanno individuate certamente in chi, ai vertici dell'Ateneo, continua ad assicurare - con la propria correità - la continuità di un sistema baronale che rifiuta il democratico confronto con quanti partecipano, con pari dignità, alle attività e pretendono, conseguentemente, di intervenire nelle scelte di governo.

In tutto questo rifiorire e rinsaldarsi di forze reazionarie e conservatrici, assistiamo, nel cuore dell'amministrazione, ad un rigurgito spudoratamente palese del più bieco clientelismo, mistificato da efficientismo decisionale, giustificato da una lettura frammentaria e faziosa delle modifiche introdotte al decreto legislativo 29.

Non è stato difficile in questo clima riprendere ed esaltare la spregevole vocazione di quanti hanno in questo Ateneo condiviso il "potere" con inossidabili portavoce degli "interessi dei lavoratori". Il costante ricorso a scelte discrezionali favorisce, in assenza di regole che garantiscono i diritti, la cultura della raccomandazione e del clientelismo, per discriminare coloro che non si assoggettano a queste logiche. Se proprio non si vuole discutere di possibili infiltrazioni mafiose dentro gli affari dell’università, almeno si denunci la cultura mafiosa che ne caratterizza la quotidianità.

Il grido di allarme che in questi mesi ha ripetutamente lanciato questa organizzazione sindacale è spesso caduto nel vuoto, forse perché siamo ormai stanchi della guerra, che qualcuno considera di "tutti contro tutti". Ma è proprio contro questa voglia di pace sociale ad ogni costo che la CGIL mette in guardia i Lavoratori: questa pace ha un prezzo troppo alto.

Gli ultimi avvenimenti ci preoccupano ancora di più, anche perché comportano spese non quantificate ma verosimilmente esorbitanti, per incarichi affidati a professionisti esterni per lo svolgimento di attività istituzionali già affidate a Dirigenti universitari o al Direttore dell'AUP, e quindi già remunerate. Questo sperpero risulta veramente una beffa per una Università che ha già visto pignorati gli stipendi dei Lavoratori e le tasse pagate dagli Studenti per far fronte ai crediti avanzati dai fornitori, crediti riconducibili proprio a quella "contabilità stralcio" che ora dovrebbe comportare ulteriori ingiustificate spese.

Per chi non conoscesse i fatti cui ci si riferisce, va detto che con decreto rettorale n.° 103 del 10 febbraio 1999, su proposta del direttore amministrativo, è stato nominato commissario liquidatore per la gestione stralcio del policlinico un professionista esterno all’amministrazione universitaria, al quale saranno rimborsate le spese sostenute e liquidati i compensi secondo la tariffa professionale forense (!). Con lo stesso provvedimento sono stati nominati anche due assistenti (dipendenti universitari) ai quali sarà rimborsata – sulla scorta di attestazioni rilasciate dal commissario - ogni spesa sostenuta e liquidati compensi anch’essi calcolati in base alla tariffa professionale forense. Non è dato di conoscere il costo dell’operazione - anche se riteniamo che il Consiglio di Amministrazione non può stare ancora alla finestra a disquisire sulla percentuale di incidenza delle spese per il personale, mentre il direttore amministrativo impegna autonomamente l’amministrazione per svariati miliardi - ma forti perplessità permangono in merito all’opportunità di una scelta totalmente discrezionale che, a fronte di una concreta possibilità di impiegare risorse interne (come riteniamo abbiano inteso Consiglio e Senato quando hanno approvato la proposta di costituire "un apposito ufficio speciale dell’amministrazione universitaria"), privilegia il ricorso a professionalità esterne, individuate con criteri noti solo al direttore. Ci chiediamo se questi provvedimenti, ormai sottratti al controllo preventivo della Corte dei Conti, siano almeno portati all’attenzione del Collegio dei Revisori dei Conti.

Invero numerosi sono i provvedimenti e i comportamenti posti in essere dai vertici dell'amministrazione universitaria, che inducono forti perplessità sull'opportunità e sulla legittimità degli stessi: dai ben noti decreti che hanno fortemente condizionato il processo di aziendalizzazione del policlinico universitario, al decreto "meramente ricognitivo" con il quale il direttore amministrativo a determinato la propria retribuzione; dai provvedimenti con i quali, in assoluto dispregio delle deliberazioni assunte dal consiglio di amministrazione, si sono fatti gravare sul bilancio universitario spese proprie dell'AUP, a certe riunioni ristrette durante le quali componenti dell'organismo delegato (preposto all'approvazione dei "progetti qualificati") spiegano a pochi amici come "non commettere errori" nella predisposizione dei progetti. Vorremmo meglio capire se il direttore amministrativo, o suoi delegati, partecipano, come parte sindacale, alle contrattazioni con l'ARAN, facendo gravare le spese di missione sul bilancio universitario, così come sembra sia già accaduto a Udine; vorremmo capire perché alcuni sindacalisti, che stanziano regolarmente nelle anticamere della direzione amministrativa, hanno libero accesso a tutte le ore, anche della domenica, mentre funzionari aspettano (?) anche mesi, e perché centri di spesa e uffici vengono istituiti su pressioni dei soliti sindacalisti, per "sistemare" i delfini. Abbiamo già spiegato perché non condividiamo il reclutamento di dirigenti esterni senza avere prima verificato la possibilità di utilizzare risorse interne (così come prescrive la norma), almeno tra quelle alle quali è corrisposta l’indennità di posizione prevista dal CCNL per i dirigenti universitari, e a tal proposito vorremmo capire con quali criteri è stata attribuita l’indennità di posizione fissata - non si sa da chi - per i capi area ( 25 milioni), a dipendenti che tali non sono, o quali criteri si sono adottati per "promuovere" alcuni tra gli idonei a concorsi per posti dei ruoli speciali.

Troppi dubbi nascono sulla trasparenza dell'azione di chi ha amministrato in questi mesi, troppi equivoci circondano la valenza attribuita dai vertici dell’Ateneo alle diffide che bloccano la contrattazione decentrata, nei termini dei "protocolli d'intesa", per la seconda volta sottoscritti dal pro rettore vicario, dal direttore amministrativo dell'Ateneo e dal direttore generale dell'AUP, che caparbiamente, di fatto, continuano a negare il diritto di contrattazione alle rappresentanze sindacali di centinaia di lavoratori del policlinico.

Non nutriamo molti dubbi sulla strategia che in questo momento sta spingendo l'Università di Palermo verso un buio periodo di restaurazione di equilibri che speravamo ormai deteriorati e aspettiamo che i numerosi ispettori in giro per l’Ateneo ci aiutino a far svanire questi esigui dubbi. Auspichiamo però di leggere nei programmi di quanti intendono candidarsi alla guida dell'Ateneo, chiari progetti volti, oltre che al risanamento economico e organizzativo, anche al ripristino dei normali principi di trasparenza dell'azione amministrativa e di corrette relazioni sindacali, che scongiurino ogni possibile forma di cogestione e consociativismo.

Palermo, 1 marzo 1999
 
 

La Segreteria territoriale