UNA RAFFIGURAZIONE SU DI UNA
CERAMICA AFRICANA
DA SECCA GRANDE (RIBERA)
(in Archeologia Viva, 78, nov. dic.
1999, p. 84)
Un piatto da mensa del diametro di ben
cinquantotto cm., in ceramica sigillata africana D, forma 104 A della classificazione di Hayes, proviene da un
giacimento subacqueo a pochi metri dalla riva in località Secca Grande (Ribera)
ed è stato recuperato dal dott. Domenico Macaluso e da lui sottoposto alla mia
attenzione. Questo tipo di ceramica è stato recentemente oggetto di un riesame
dal punto di vista cronologico: non più valutato della fine del V, inizi del VI
sec. d.C., ma piuttosto di età teodosiana e della prima metà del V, come
dimostrano alcuni frammenti da contesti di Cartagine (scavi della missione
italiana: v. la sintesi di Tortorella, La ceramica africana: un riesame della
problematica, Céramique hellén. et
rom., II, Paris, 1987, pp 305 e ss.) e soprattutto la presenza di questa
forma nellambiente della Schola
praeconum di Roma, datato al 430 - 440 (BSR, 50, 1982, p. 62, fig. 2 n.7).
Nel piatto appare una raffigurazione
che, nonostante la realizzazione a stampo, potrebbe esser di notevole interesse
storico: potrebbe infatti consentire di
datare con una certa precisione il momento della realizzazione del prototipo
della ceramica in questione, letà del naufragio dell'imbarcazione la
trasportava e di connettere al tempo
stesso levento drammatico ad una situazione storica irripetibile per la parte
occidentale dell' Impero, la Sicilia e il Nord Africa: quella del suo estremo
fulgore, prima della definitiva caduta.
Il sito del rinvenimento appare ricoperto da
posidonia, ma sotto la spessa coltre di rizomi si intuisce l'esistenza di un
giacimento unitario. Nel tempo, sono
stati infatti ritrovati numerosi frammenti di anfore di tipo africano, di spatheiai, di anfore Keay LII, di ceramica sigillata, di lucerne, di un
grande pithos con tracce di resina
all'interno, ma è facile immaginare che molti altri reperti siano stati in passato
recuperati ed altri ancora siano stati
minutamente frammentati dall'azione del
mare, ancor più distruttiva a questa bassa profondità. Olio e sigillata, come
ricorda Carandini, erano esportati nel V sec. dal nord Africa ed i relitti di
Port - Miou, dellansa di Gerbal, Drammont E ed F, rappresentano testimonianze
in Francia di questo commercio.
L'immagine del grande piatto raffigura un
personaggio che brandisce una grande croce, affiancato da altre due figure più
piccole: due bimbi togati, realizzati con lo stesso punzone. Se figure ignude
di eroti, o figure di santi sono frequenti nella sigillata C, lassociazione
nel piatto dei bimbi, riccamente abbigliati, con un personaggio che indossa una
trasparente tunica e brandisce la croce appare singolare e potrebbe essere
stata originariamente collegata ad un preciso fatto storico. Indagare su di un
rapporto tra decorazioni delle ceramica sigillata e precisi eventi storici
potrebbe costituire, in questo come in altri casi, una prospettiva dindagine
in grado di fornire concreti risultati.
Secondo il comes
Marcellino (Cronaca a. 419, in MGHAA XI, 2, 74), intorno al 419 d.
C. i pellegrini recatisi a Gerusalemme per visitare il S. Sepolcro
credettero di vedere risplendere per più giorni una grande croce sul Golgota.
Era quello un anno di grande turbamento in Oriente, visto che il giovane
imperatore Teodosio II, non solo si trovava a fronteggiare una situazione di
conflitti territoriali che in Illirico si era talmente deteriorata da far
paventare addirittura il rischio di una guerra con limpero dOccidente retto
dallanziano Augusto Onorio, ma limperatore orientale era anche sul punto di
invadere limpero persiano del potente re Bahram V per soccorrere i cristiani.
Il miracolo del Calvario fu interpretato come segno del favore divino e sulle monete alla lunga lancia del
legionario, il labaro, ormai divenuto cruciforme, impugnato dallimperatore
trionfante, si sostituì la raffigurazione della lunga croce doro, tempestata
di gioielli, che Teodosio vincitore aveva fatto erigere sul Golgota. Da quel
momento in poi tale immagine, con la croce di Cristo poggiante sul Calvario,
sul globo o addirittura trafiggente lusurpatore, leretico, il barbaro (cfr.
Hayes, stampo 228 di figura umana con lancia, però rivolta verso il basso) fu
ampiamente utilizzata dalla propaganda imperiale dOriente.
In Occidente in queglanni lanziano Augusto
Onorio, che aveva dovuto subire lonta di vedere la propria sorella Galla
rapita da un barbaro, Ataulfo, costretta al matrimonio e a generare un figlio
di sangue misto, per metà barbaro, ma per laltra metà discendente
addirittura dallimperatore romano
Teodosio I, il grande, era riuscito, tramite lattività in Gallia e Spagna di
un abile generale, Costanzo, a recuperare la principessa rapita. Le nozze di
Galla con Costanzo il 1 gennaio 417, la nascita di due figli, Giusta Grata
Onoria (417/8) e Valentiniano (luglio 419), il futuro terzo imperatore
dOccidente con tale nome, se per la corte occidentale furono la migliore
conclusione di tale penosa vicenda, per la corte orientale costituirono
ulteriore fonte di preoccupazione, oltre ai conflitti territoriali sopra
accennati. Infatti Costanzo, che appare nel 420 nelle epigrafi (PLRE I, 323 v. Constantius 17) come parens principum, sarà nominato nel
febbraio 421 Augusto, senza alcun preventivo accordo con il titolare dOriente.
Se lanziano Onorio risolveva così dun colpo il problema della sorella e della
propria successione, che avvertiva imminente, tutto ciò non poteva che
frustrare ulteriormente il giovane imperatore Teodosio, oppresso da molti anni
dalla pesante supremazia dello zio Onorio, lAugusto occidentale.
Ma Costanzo III non era destinato a vivere a
lungo: il 2 settembre del medesimo anno 421, colto da improvvisa malattia,
veniva improvvisamente a mancare, provocando nella sventurata Galla un
ulteriore trauma.
Il piatto di Secca Grande, che raffigura un
personaggio che brandisce una grande croce, come nel caso del Colosso di
Barletta, realizzato pochi anni dopo queste vicende da Valentiniano III per
rappresentare in segno di gratitudine Teodosio II (v. Purpura, Arch. Viva, febbraio 1991, pp. 48-55; Id., Il colosso di Barletta ed il codice
di Teodosio II, Atti del IX Conv. dellAccademia Romanistica Costantiniana,
Perugia, 1993, pp. 457- 480) potrebbe risalire al prototipo di una rara ed
assai importante testimonianza storica raffigurante Costanzo III con i due
figli, realizzata in Africa ad imitazione dei temi ideologici divulgati dalla
propaganda orientale. In queglanni infatti in Africa, piuttosto che un vescovo
o un santo, come avverrà in una banalizzazione successiva, solo Cristo avrebbe
potuto essere rappresentato come limperatore trionfante, ma in tal caso i
putti a lato non avrebbero avuto alcun senso.
Latto benedicente con le due dita della mano
della figura di Secca Grande, agli occhi di un osservatore tardo romano non
necessariamente, come per noi, si sarebbe immediatamente collegato ad un gesto
di unautorità religiosa, ma piuttosto si sarebbe potuto riferire ad unautorità
politica, come limperatore, Christomimetes
(imitatore del Cristo), quasi sua immagine terrena. Costanzo III già nel
410 aveva debellato leresia donatista in Africa e proprio nel 421, come
ricorda S. Agostino, operante in queglanni a Cartagine, Urso procuratore
dAfrica aveva disposto la chiusura del tempio della dea Caelestis e represso leresia manichea in difesa dellautentica
fede. Proprio questo è latteggiamento del personaggio del piatto di Secca
Grande. La presenza dei bimbi, di di
soli due o tre anni, con ramoscelli dulivo, indicava la continuità della
stirpe imperiale occidentale in difesa della fede e soprattutto apportatrice di
pace.
Solo nel breve lasso del regno di Costanzo
III, tra il gennaio ed il settembre
421, il prototipo del piatto di Secca Grande
avrebbe potuto essere realizzato con un significato percepibile dai
contemporeanei. Poco dopo la nave che lo trasportava avrebbe potuto fare
naufragio nei pressi di Secca Grande. Questultimo evento drammatico si sarebbe
potuto verificare non molto dopo il 429, data dellinvasione vandalica.
Altri temi collegati con la propaganda imperiale
appaiono nella sigillata di questetà: la stessa figura di Dioniso da tempo era
connessa al culto ed al potere imperiale e simbolicamente era stata recepita
dallimpero romano cristiano. Questa
insistenza è difficile che si riveli casuale e dovrebbe essere indagata con
maggiore attenzione la possibilità di un collegamento delle fabbriche che
producevano pezzi di valore, come questi di Secca Grande, utilizzabili per
dignitari e funzionari ad una proprietà imperiale o almeno leventualità di una
committenza ufficiale per doni e propaganda.
Lauspicio di serenità e di pace dei bimbi sarà ben lungi
dallessere effettivamente realizzato. Dopo linvasione vandalica sarà
saccheggiata la Sicilia, sconvolgendola radicalmente, e i Vandali spingeranno
la loro minaccia sino a Roma. Il 28 agosto del 430 ad Ippona muore S. Agostino, mentre la città è
assediata. Stentatamente le fabbriche di ceramica africane riprenderanno dopo
la conquista vandala le loro produzioni con motivi decorativi limitati, magari
simili a quelli del passato, ma ormai irrimediabilmente privi di quei profondi
significati insiti nei prodotti delletà precedente.
Dopo la morte di Costanzo III, Galla fuggirà con
i due figli in Oriente ed otterrà alla morte del fratello Onorio (15 agosto
423) per il figlio Valentiniano il dominio occidentale. Ancora per breve tempo.
Una civiltà colta e raffinata, una produzione
ceramica giunta ai più alti livelli, unideologia ed un momento storico unici
ed irripetibili per lOccidente si riflettono forse nei bagliori di quella
lucente scheggia del passato, recuperata da Domenico Macaluso e proveniente
dallazzurro mare di Secca Grande.
Gianfranco Purpura
Università di
Palermo