GIANFRANCO PURPURA
SULLE ORIGINI DELLA NOTITIA DIGNITATUM
in: Atti del
X Convegno Internaz.
Accad. Costantiniana di Perugia,
8 ottobre, 1991, Perugia, 1995,
pp. 347 357 = Annali dellUniversità di Palermo (AUPA) XLII,
1992, pp. 471 - 483.
Un'indagine sulla questione
delle origini appare preliminare per ogni tipo di ricerca sulla Notitia
Dignitatum, in quanto esiti diversi si riflettono sulla valutazione della
struttura e sul grado di attendibilità del testo. Lo studioso che si accosta
allo straordinario catalogo delle cariche civili e militari dell'Impero
d'Oriente e d'Occidente, illustrato da splendide figure, si chiede a quale
scopo e da chi sia stato redatto.
Interrogativi di tal genere
suscitano anche alcuni dei testi pervenutici attraverso il medesimo codice
miscellaneo del X sec. posseduto nel 1500 dal Capitolo della cattedra di Spira
(Codex Spirensis) e già smembrato nel 1600[1]:
ad esempio il De rebus bellicis, che ha in comune con la Notitia
le splendide raffigurazioni, risalenti però ad un archetipo in volumen,
piuttosto che in codex, come nel caso dell'archetipo della Notitia
Dignitatum.[2] Anche l'Itinerarium
Antonini o la Notitia Urbis Romae o Costantinopolitanae, la Notitia
Galliarum, il De Gradibus Cognationum, il Laterculum Polemii Silvii
ed altre opere tardo romane erano contenute in questa straordinaria raccolta di
ben quattordici diversi lavori, tra cui l'opera medioevale di Dicuil, Liber
de mensura orbis terrae[3]
Come può notarsi, si trattava soprattutto di attraenti opere figurate tardo
romane, raccolte, come in altri casi di codici miscellanei, da un dotto
carolingio intorno all'825. A quest'epoca risale infatti l'opera di Dicuil e,
secondo l'opinione prevalente, lanello intermedio rispetto alI'originale
tardo antico della Notitia Dignitatum.[4]
Ci si chiede dunque a quale scopo sia stato concepito l'originale e a quale età risalga.
La datazione della Notitia
è stata oggetto di accese discussioni, in quanto tocca eventi e problemi
disparati come l'abbandono della Britannia da parte dei romani o la situazione
delle province galliche, nord africane o danubiane tra la fine del IV e gli
inizi del V secolo.[5]
Soprattutto due tesi appaiono
contrapposte: la tesi unitaria e la tesi della stratificazione. Secondo i
fautori della tesi unitaria la redazione del documento risalirebbe ad un unico
momento, variamente determinato: al 400‑404 secondo Böcking; al 411‑413
secondo Seeck; al 426 per la Notitia Orientis ed al 427‑8 per la Notitia
Occidentis secondo Bury, che considerava la prima una copia finita, la
seconda una copia di lavoro utilizzata fino al 437 dal primicerius
notariorum occidentale.[6]
I sostenitori della tesi
stratigrafica, che hanno finito per prevalere, hanno invece notato, tanto nella
Notitia orientale, che nella occidentale, diversi elementi contrastanti
che farebbero pensare all'esistenza di vari nuclei stratificati nel tempo e per
diverse regioni.
Secondo Clemente il documento
non è nato in un unico momento ed era un documento in evoluzione, tuttavia
esso rivela una notevole unità compositiva, tanto della parte orientale, che
occidentale.[7] La parte
orientale risalirebbe ad un nucleo databile agli anni fra il 401 ed il 406‑8,
mentre l'evoluzione della parte occidentale arriverebbe fino agli anni 425‑429.[8]
Nonostante gli indiscutibili
progressi nella datazione, che ormai può considerarsi assodata sulla base di
queste ultime valutazioni, e l'altrettanto acquisita necessità di mediare tra
l'unità della composizione e la varietà della struttura, è evidente che ogni
scelta definitiva tra la tesi unitaria e la tesi stratigrafica appare
subordinata alla soluzione del problema fondamentale connesso alla funzione del
documento.
Anche in questo caso,
schematizzando, due tesi appaiono contrapposte: quella relativa ad una
compilazione privata e quella che collega la Notitia all'attività del primicerius
notariorum, usui publico. Se la tesi della compilazione privata appare
difficilmente sostenibile alla luce della considerazione del Clemente che è
estremamente improbabile che un privato potesse accedere ad informazioni così
precise anche di natura militare e, per di più, potesse tenere aggiornati tali
dati, sia per l'Oriente che per l'Occidente,[9]
neppure la tesi che lega il documento all'attività ufficiale del primicerio
sembra poter soddisfare. Nonostante la fortuna che ha avuto questa teoria, deve
notarsi che non v'è dubbio che la Notitia, pur riecheggiando il
laterculo, cioè il registro delle cariche dell'Impero tenuto dal capo dei
notai, riportando con correttezza simboli, come ad esempio le thékai ed
i codicilli,[10] differiva
da esso profondamente. Il latercolo avrebbe dovuto infatti essere nominativo,
indicando i reali titolari delle cariche,[11]
ed avrebbe dovuto poi riferirsi ad una soltanto delle due parti dell'Impero. La
Notitia in nessun caso indica il nome dei dignitari, che avrebbero
versato al primicerio il compenso per l'emissione del codicillo d'investitura,
né sussiste la benché minima prova dell'esistenza di un registro globale,
comune alle due parti dell'Impero e diverso dai singoli laterculi, che sarebbe
stato difficilissimo tenere. Chi conosce le difficoltà delle comunicazioni
legislative tra le due parti dell'Impero non può seriamente immaginare una
sistemativa trasmissione di dati relativi a cariche di secondaria importanza o di
notizie riservate, come la dislocazione dei reparti militari, che sarebbe stato
preferibile non far conoscere soprattutto in un periodo di tensione tra le due
parti dell'Impero, come agli inizi del V secolo.
Eppure la Notitia è un
registro globale ed attendibile dei funzionari dell'Impero, nonostante
comprensibili errori ed imprecisioni. Le informazioni fornite sono state
infatti confermate da dati archeologici. Talvolta però si riscontrano elementi
di fantasia, come nel caso degli emblemi degli scudi, che non possono soltanto
derivare da mere scorrettezze della tradizione manoscritta. E proprio da questa
ambiguità tra attendibilità e fantasia, caratteristica della Notitia,
deriva il mistero della sua origine.
Si è dunque ipotizzato che essa
rappresenti una sorta di annuario, diverso dal laterculo, ma pur sempre
compilato dal primicerio, con scopi di informazione dell'alta burocrazia. La
sue radici si troverebbero in documenti simili noti fin dai primi secoli
dell'Impero, il capostipite dei quali sarebbe stato il breviarium totius
imperii di Augusto.[12]
Ma, a prescindere dal divario temporale difficilmente colmabile,[13]
è evidente che quanto sappiamo o intuiamo di questo inventario del mondo di
età augustea non collima con la Notitia: esso forniva uno stato della
situazione di tutto l'Impero. Forse, quanto riguardava i funzionari, riassunto
in cifre,[14] avrebbe
potuto determinare l'esigenza di tenere regolari registri. Un registro di
questo tipo sarà poi appunto il laterculo. E perfettamente plausibile l'esistenza
di documenti riassuntivi dell'organizzazione civile e militare dell'Impero, ma
ci si chiede se la divisione dell'Impero in due parti non avrebbe dovuto in
ogni caso determinare una duplicazione, analoga a quella avvenuta
incontestabilmente per il laterculo. Non si può in virtù di una teorica unità
dell'Impero sostenere senza alcuna prova concreta che i primiceri orientali ed
occidentali fossero stati impegnati nella redazione di un unico ipotetico
annuario.
In realtà, di quest'unico
annuario non v'era alcun bisogno, sussistendo registri nominativi e con
illustrazioni delle cariche delle rispettive parti e sarebbe bastato riunire
questi registri, i laterculi appunto, per avere una informazione globale della
burocrazia dell'Impero e per addestrare validamente futuri funzionari, rendendo
al contempo noti i nomi dei dignitari in carica.
La Notitia dello Spirensis
non è collegabile ad una attività di questo tipo, né ad un rapporto più o meno
ufficiale. A convincerci di ciò basta l'osservazione dello stesso Clemente che
nessuna delle due Notitiae può essere considerata come una copia
finita : come considerare ufficiale un bilancio non finito? Ci si chiede in
particolare che utilità avrebbe potuto avere dal punto di vista ufficiale un
bilancio provvisorio e soprattutto non sempre affidabile, visto che esisteva un
annuario definitivo ed attendibile, costituito dal laterculo.
Ma anche se si considera la Notitia
uno strumento di lavoro per l'emissione dei codicilli, o un documento ad uso
interno messo insieme da qualche funzionario,[15]
n l'inclusione delle due partes a formare un documento unico suscita
perplessità», che sono state giustamente già rilevate.[16]
Se si esclude infatti l'uso ufficiale, non si giustifica la costosa esecuzione
di una parte che sarebbe risultata inutile per un primicerio o qualsiasi altro
funzionario dell'altra parte.[17]
A questo punto non sembra
esservi alcuna via d'uscita, se non si esaminano alcune caratteristiche della Notitia
che sono apparse a prima vista inesplicabili.
Innanzitutto la Notitia
orientale è più sintetica dell'occidentale, che si sforza invece di essere
ricca di dettagli. Significativo è ad esempio il confronto tra l'Oriente e
l'Occidente per la parte relativa alle sacrae largitiones. In
Occidente sono specificati i diversi praepositi e procuratores
delle varie regioni e dunque novantanove linee di scrittura della parte
occidentale si oppongono alle soltanto trentacinque linee della parte
orientale. Lo stesso può esser detto per il comes privatarum ed altri
funzionari. Il divario è assai marcato per quanto riguarda le insegne dei
diversi reparti militari: ai ventiquattro scudi di un magister militum
praesentalis in Oriente, possono confrontarsi i centoventidue scudi del magister
peditum praesentalis occidentale. Al riguardo è stato notato che sono
assenti nella sezione orientale gli aggiornamenti militari. Una maggiore
ricchezza in genere si nota anche nella descrizione dei territori occidentali,
che proprio per questa ragione sono meglio conosciuti.
Ma alla sinteticità orientale
ed alla ricchezza occidentale si associano viceversa una maggiore precisione ed
informazione della Notitia Orientis, rispetto all'Occidentis. E
noto infatti che, ad esempio, per la parte orientale fu indicato il numero
delle evectiones, dei permessi postali, cioè, a disposizione di ogni
funzionario. E evidente che se per la parte occidentale questo dato fosse
stato conosciuto, vista l'aspirazione a riferire con ampiezza dettagli, esso
sarebbe stato indubbiamente inserito. Tutto ciò concorre ad accreditare
l'ipotesi che la copia pervenutaci, di origine orientale, abbia avuto il fine
di essere utilizzata in Occidente. In tal senso depone, come è stato notato,
il maggior disordine della Notitia occidentale, sia per la parte
relativa all'Illyricum, sia per la parte militare, e la presenza di
glosse geografiche.[18]
È questa un'altra curiosa
particolarità del documento che talvolta indulge in espressioni lontane
dall'uso ufficiale, che hanno evidente carattere illustrativo di particolari
geografici.[19] Le stesse
insegne dei governatori provinciali rappresentano una sorta di atlante figurato
dell'Impero, indugiando in particolari come l'ubicazione di fiumi, di catene
montuose, di castelli e città. Piramidi ed ippopotami in Egitto, orsi e cervi
nel Tauro, serpenti e rapaci in Arabia vivacizzano queste figure che sembrano
quasi assolvere ad una funzione didattica, indicando non solo la composizione
della burocrazia dell'Impero, ma anche i simboli ed i proventi dei diversi
territori o le mansioni dei diversi funzionari.[20]
Così l'Africa esibisce spighe di grano, trasportato dalla flotta annonaria
raffigurata nell'insegna del relativo proconsole,[21]
o il comes Italiae reca sull'insegna la raffigurazione di due valichi
delle Alpi sbarrati da due staccionate
sollevate, per indicare la sua più importante funzione dopo le grandi invasioni
dell'Italia.[22]
Un altro aspetto, sul quale non
sembra che ci si sia adeguatamente soffermati, è la cura ed il pregio di una
simile opera, che le riproduzioni alle quali è stata sottoposta non consentono
più di valutare in pieno.[23]
Il codice originario presentava nella parte iniziale di ogni Notitia un
frontespizio nel quale era simboleggiato l'armarium del primicerio che
conteneva i codicilli, ordinatamente disposti e sovrastati dal
riferimento alla divina providentia e alla divina electio, dalle
quali dipendeva in ultima analisi la nomina dei funzionari. Si trattava di un
elegante artifizio, analogo ad un topos letterario.[24]
Un codice di questo genere rivela un divertimento nell'esecuzione, un gusto ed
un'elaborazione fuori dell'ordinario, tanto ricercata da far pensare che il
proprietario originario sia stato addirittura il giovane Valentiniano III.[25]
Questa ipotesi, non suffragata
da ulteriori argomentazioni e formulata alla vigilia del conflitto mondiale,
era destinata a suscitare scarsa eco. E sembrata poi inconciliabile con la
natura stratigrafica del documento, che ha finito per affermarsi stabilmente,[26]
né è valsa a sostenerla adeguatamente la circostanza, di per sé non molto
significativa, dell'unione già nel IX secolo (cioè fin dove è possibile
seguire la storia della tradizione manoscritta) del nostro documento con la Notitia
Urbis Romae e la Notitia Urbis Costantinopolitanae, che hanno
chiaramente una funzione non di lavoro, ma di informazione, e che risalgono
con certezza all'età
di Teodosio II e di Valentiniano III.
Il 23 ottobre 425 il fanciullo
Valentiniano, nato il 2 luglio 419, fu incoronato Augusto a Roma dal magister
officiorum Elione, inviato di Teodosio. Tra l'estate del 429 e l'autunno
del 430 almeno due ricorrenze avrebbero potuto offrire l'occasione a Teodosio
di un dono insolito: il compimento del decimo anno di età e soprattutto la
celebrazione dei quinquennalia e l'assunzione del terzo consolato del
giovane imperatore occidentale insieme all'Augusto orientale. Come è noto, i
consoli solevano distribuire tavolette eburnee con simboli dell'amministrazione
e scene relative alle più importanti mansioni. Il dono di un codice illustrato
con le insegne dei funzionari di entrambe le parti dell'Impero sarebbe valso
non solo a dilettare ed istruire il ragazzo, ma avrebbe arche fisicamente
simboleggiato l'unità del coniunctissimum imperium che il pater
Theodosius teneva a ricordare al filius Valentinianus.
E poco nota la perizia calligrafica
dell'imperatore Teodosio, che ha determinato l'appellativo di ho kaì
Kalligràphos attribuitogli dal cronista bizantino Michele Glica.[27]
Questa abilità consente di apprezzare meglio l'attività in favore delle scuole
e di raccolta delle costituzioni imperiali. Di essa restano tracce sicure nelle
fonti.
Si narra ad esempio che
Teodosio, rispettando la consuetudine, sedesse in circo nel palco imperiale ma,
non badando allo spettacolo, trascorresse il tempo a vergare codici in maniera
elegante.[28] In taluni
manoscritti dei Collectanea rerum memorabilium di Solino, ove erano
raccolte anche curiosità geografiche, si legge: Iulius Solinus explicit
feliciter studio et diligentia domni Theodosi invictissimi principis.
Secondo Hemmerdinger lo scriba non era altri che l'imperatore Teodosio II in
persona.[29] Niceforo
Callisto riferisce che l'amore dell'imperatore per i libri era tale che si era
procurato una lucerna automatica che si riempiva di olio, per non essere
disturbato mentre di notte era intento a copiare antichi volumi.[30]
Aggiunge inoltre che molti scritti di Teodosio erano giunti fino alla sua epoca
per l'eccellenza della qualità. Ricorda in particolare Evangeli ed altri testi
nei quali lo scritto, pagina per pagina, era disposto con lettere d'oro a forma
di croce.[31] Il
monogramma teodosiano che si riscontra su alcuni contenitori ceramici di
quest'epoca e che circoscrive il nome di Teodosio nell'ambito di un segno
cruciforme, trae origine dall'evidente gusto per la bella scrittura che anima
questa età.[32] Scrive al
riguardo S. Gerolamo: Si tinge la pergamena di colore purpureo, si tracciano
le lettere con oro fuso, si rivestono i libri di gemme, ma nudo davanti alle
loro porte (dei ricchi), il Cristo muore.[33]
Ma se il dono di un codice come
la Notitia rientrava sicuramente nella moda di un'epoca e nel gusto
particolare di Teodosio,[34]
nulla ci assicura che ciò sia realmente avvenuto. Si spiegano però puntualmente
così i problemi che il documento ha finora sollevato: il carattere né pubblico,
né privato del testo; L'impossibilità dell'identificazione con il laterculo, ma
anche l'accesso a fonti difficilmente disponibili per un privato; il tentativo
di render ricca di dettagli la parte occidentale, perché questa sarebbe stata
più utile per il giovane imperatore. Ma, come si è visto, alla sinteticità e
precisione orientale si contrapponeva una certa inesattezza per l'Occidente.
Anch'essa si potrebbe spiegare, come si è fatto, in una relativa mancanza di
aggiornamento di un testo interamente realizzato in Oriente, ove certi dati
particolari non sempre erano disponibili o attuali. Ma soprattutto colpisce
l'unione delle due parti dell'Impero in un unico pregiato codice che sarebbe
stato di scarsa utilità e di difficile realizzazione per chiunque, insieme alle
glosse geografiche, al carattere didattico ed all'eleganza dell'elaborazione
che non sembra corrispondere in ogni caso con puntualità agli schemi
predisposti dalla burocrazia.
Di grande importanza è il
problema della datazione e della struttura stratigrafica del documento. Il tabularium
dominarum Augustarum in Oriente, contrapposto all'unico tabulario
dell'Augusta occidentale, sembrerebbe riportarci ad una situazione successiva
al 423, quando Pulcheria ed Eudoxia erano Auguste in Oriente e Galla in
Occidente. Cose il corpo militare dei Placidi Valentinianici felices è
posteriore all'ottobre del 425 e a questo stesso anno sembrerebbe ricondurci la
presenza del magister equitum per Gallias[35]
e la struttura della distributio numerorum. La precedenza del magister
officiorum sul quaestor sacri palatii, caratteristica della Notitia,
ma non più seguita nel codice teodosiano, è invece un elemento difficilmente
valutabile, anche se è stato collegato ad un riconoscimento dei meriti di
Elione, magister officiorum non più in carica il 22 febbraio 430.[36]
Ci si chiede infine come sia
possibile conciliare l'unitarietà della realizzazione e l'innegabile
stratificazione del testo.
Se la parte orientale è
ascrivibile ad un nucleo databile fino agli anni 406‑8 e la parte
occidentale ha subito una evoluzione sino agli anni 425‑9, basta supporre
che nella realizzazione della Notitia nel 425‑9 sia stato
utilizzato un più antico testo limitato all'Oriente e riferibile agli anni 406‑8.
A quella data l'imperatore d'Oriente avrebbe avuto all'incirca la stessa età di
Valentiniano nel 425‑6. Un testo come la Notitia sarebbe stato in
entrambi i casi utile all'educazione di un imperatore fanciullo.
Gianfranco Purpura
Dipartimento di Storia del Diritto
Università di Palermo
[1] La storia
del Codex Spirensis è stata oggetto di attente indagini. Cfr. BIELER, The
text tradition of Dicuil's Liber de mensura orbis terrae, Proceedings of
the Royal Irish Academy, 64, sect. C, n. 1, Dublin, 1965, pp. 1‑32;
MAIER, The Giessen, Parma and Piacenza codices of the Notitia
Dignitatum with some related Texts, Latomus, 27, 1968, pp. 96‑141;
ID., The Barberinus and Munich codices of the Notitia Dignitatum
omnium, Latomus, 28, 1969, pp. 960‑1035; ALEXANDER, The illustrated
manuscripts of the Notitia Dignitatum, Aspects of the Notitia
Dignitatum, British Archaeological Reports, Suppl. 15,
1976, pp. 11‑49. Si è sostenuto che Nicola di Cusa scopri il codice che
conteneva la Notitia Dignitatum in Germania nel 1426, ma già prima del
1405 illustrazioni dello Spirensis erano forse note a Konrad Kyeser
(ALEXANDER, op. cit., p. 12 nt. 9). Copie furono realizzate nel 1426‑7 (L
‑ Cambridge, Fitzwilliam Museum) e nel 1436 (O ‑ Oxford, Bodleian
Library). Al 1437 si ascrive una copia parigina (P ‑ Bibliothèque Nationale),
ma si è pure sostenuta l'esistenza di copie indipendenti dal Codex Spirensis
(STEVENS, The Notitia Dignitatum in England, Aspects, cit., pp. 211‑224).
Nel 1550 il Conte Palatino Ottheinrich ottenne un dono sospirato: una copia del
codice di Spira, iniziata già da prima del 1542 (M 1 - Munich, Bayerische
Staatsbibliothek), ma dichiarandosi non soddisfatto dell'accuratezza delle
raffigurazioni riuscì ad ottenere l'originale per l'esecuzione di un'altra
copia mediante carta oleata (M 2). Non restituì mai il prezioso Codex di
Spira, che nel 1566 si trovava certamente nella biblioteca dell'erede del
Contea Neuburg. Dopo il 1602‑3 il codice fu smembrato ed utilizzato in
parte per registrare casi giudiziari dell'area di Neuburg. Nel 1927 è stato
riconosciuto un superstite frammento dello Spirensis, relativo all'Itinerarium Antonini, a Schloss Harburg
(SCHOTTENLOHER, Pfalzgraf Ottheinrich und das Buch, Reformationsgeschichtliche
Studien und Texte, 50‑51, Münster Westf., 1927, p. 10).
[2] WEITZMANN, Book illustration of the fourth century, Studies in classical and byzantine manuscript illumination, Chicago, 1971, pp. 96 ss. ha osservato che le illustrazioni del De rebus bellicis sono di forma oblunga, tipica delle raffigurazioni su volumen. Le figure della Notitia erano quadrate e per lo più a pagina intera, come nei codici del V secolo. Per la datazione del De rebus bellicis all'età di Costanzo II o di Valentiniano I e di Valente cfr. da ultimo GIARDINA, in ANONIMO, Le cose della guerra, Milano, 1989, pp. XXVII‑LII. Secondo BERGER, The Insignia of the Notitia Dignitatum, 1981, nn. 161 a; 168, il registro originario, contenente i modelli degli emblemi degli scudi, potrebbe essere stato an illustred scroll. È molto difficile stabilire la provenienza dei modelli, ma in ogni caso la Notitia Dignitatum fu concepita su codex.
[3] Un elenco completo in SEECK, Notitia
Dignitatum, Berlin, 1876, p. X; MAIER, The Giessen, cit., pp. 96‑7.
Secondo BÖCKING, Über die Notitia Dignitatum, Bonn, 1834 pp. 11 ss.
anche il De gradibus cognationum risalirebbe agli inizi del V
sec. d.C. Cfr. VOLTERRA, La Graduum
agnationis vetustissima descriptio segnalata da Cujas, Atti dell'Accademia
Nazionale dei Lincei, XXII, 1, 1978, pp. 2 e s., che invece si occupa di un ben
più antico stemma, inattuale già nel III sec. d.C.
[4] BIELER, The text tradition,
cit., pp. 1‑31; ALEXANDER, op. cit., p. 19; CAVALLO, Libri e continuità
della cultura antica in età barbarica, Magistra Barbaritas. I Barbari in
Italia, Milano, 1984, pp. 603 ss. Alcuino, precettore di Carlo Magno, è stato
indicato come collegato al Codex Spirensis. Cfr. STEVENS, op. cit., p.
217. Carlo stesso aveva ricercato materiali antichi a Ravenna in due occasioni
nel 784 e nell'801. Cfr. PURPURA, Il Colosso
di Barletta ed il Codice di Teodosio II, Atti del IX Congr.
dell'Accademia Costantiniana, Perugia, 1989. Secondo EGINARDO (Vita Karoli
33) alla sua morte nell'814 l'imperatore avrebbe lasciato delle tavolette in
argento con l'effigie circolare della città di Roma e la pianta quadrangolare
di Costantinopoli, che, per ALEXANDER, op. cit., p. 15, avrebbero potuto essere
connesse al Codex Spirensis o meglio alle coperture originarie delle
diverse opere in esso inserite. Attualmente la Notitia Urbis Romae è
preceduta dalla personificazione della città di Roma, ma non di forma circolare
(Munich, Bayerische Staatbibliothek Clm, 10291. f. 177), e la Notitia Urbis
Constantinopolitanae da uno schizzo topografico quadrato (Oxford, Bodleian
Library, Ms. Canon. Misc. 378, f. 84) con numerosi dettagli anacronistici,
derivanti da un disegno di Ciriaco d'Ancona, che aveva visitato Costantinopoli
nel 1418 e nel 1425.
[5] BURY, The Notitia
Dignitatum, JRS, X, 1920, pp. 131‑154; JuLLIAN, Les tares de la Notitia Dignitatum: le duché
d'Armorique, Rev. Ét. Anc., XXIII, 1921, pp. 103 ss.; ALFÖLDI, Der Untergang
der Römerherrschaft in Pannonien, Ungarische Bibliothek, 10, I‑II, Berlin‑Leipzig,
1924‑26; SALISBURY, On the date of the Notitia Dignitatum, JRS,
XXVII, 1927, pp. 102‑106; STEIN, Die Organisation der weströmischen
Grenzverteidigung im V Jahrhundert und das Burgunderreich am Rhein (1928), Opera
minora Selecta, Amsterdam, 1968, pp. 224 ss.; GRENIER, La Notitia
Dignitatum et les f rontières de l'est et du nord de la Gaule, Mél. Thomas,
Bruges, 1930, pp. 378 ss.; BIRLEY, Roman Garrisons in the north of Britain,
JRS, XXII, 1932, pp. 55 ss.; SALISBURY, The Notitia Dignitatum and the
Western Mints, JRS, XXIII, 1933, pp. 217‑220; SCHULTZ, The roman
Evacuation of Britain, JRS, XXIII, 1933, pp. 36‑45; NESSLHAUF, Die spätrömische
Verwaltung der gallo‑germanischen Länder, Abhandlungen Preuss. Akad.
Wiss., 1938, pp. 37 ss.; BIRLEY, The Beaumont inscription, the Notitia
Dignitatum and the garrison of Hadrian's Wall, Cumberland and Westmorland
Antiquarian and Archaeological Society's Transactions, XXXIX, 1939, pp. 190
ss.; BYVANCK, Notes batavo‑romaines. X. La Notitia Dignitatum et
la frontière septentrionale de la Gaule, Mnemosyne, IX, 1941, pp. 87 ss.;
GILLIAM, Also, along the line of the wall, Cumberland and Westmoreland Antiquarian
and Archaeological Society's Transactions, XLIX, 1949, pp. 38 ss.; KENT, Coin
evidence and the Evacuation of the Hadrian's wall, Cumberland and Westmoreland
Antiquarian and Archaeological Society's Transactions, LI, 1952, pp. 4 SS.;
COURTOIS, Les Vandales et l'Afrique, Paris, 1955, pp. 72 ss.; VAN BERCHEM, On
some chapters of the Notitia Dignitatum relating to the defence of Gaul
and Britain, AJPh., LXXVI, 1955, pp. 138 ss.; NAGY, Die militärbezirke der Valeria
nach der Notitia Dignitatum, Acta Antiqua Academiae Scientiarum
Hungaricae, VII, 1959, pp. 183 ss.; VÁRADY, New evidences on some problems
of the later roman military organisation, Act. Ant. Ac. Sc. Hung., IX, 1961,
pp. 333 ss.; KENT, Coin evidence for the abandonment of a frontier province,
Röm. Forschungen in Niederösterreich, III, Carnuntina, Graz‑Köln,
1956, pp. 85 ss.; CLEMENTE, La Notitia Dignitatum, Cagliari, 1968, pp.
264 ss.; 294 ss.; 319 ss.; 343 ss.; JOHNSON, Channel commands in the Notitia,
Aspects, cit., pp. 81‑102; HASSAL, Britain in the Notitia,
Aspects, cit., pp. 103‑117; RIVET, The Notitia Galliarum: some
questions, Aspects, cit., pp. 119‑141; MATTHEWS, Mauretania in Ammianus
and the Notitia, Aspects, cit., pp. 157‑187.
[6] BÖCKING, op. cit., pp. 119 SS.;
SEECK, Zur Kritik der Notitia Dignitatum, Hermes, IX, 1875, pp. 217 ss.;
BURY, op. cit., pp. 153 e s. In base alla recente indagine di CLEMENTE, op.
cit., pp. 359 ss. non sembra più possibile sostenere l'aggiornamento del testo
occidentale sino al 437, anno del compimento del diciottesimo anno di età di
Valentiniano e del matrimonio con la figlia di Teodosio Licinia Eudoxia, ma si
ritiene probabile una revisione solo fino al 429.
[7] CLEMENTE, op. cit., pp. 115;
359 e 368. BURY, op. cit., p. 137 ha sottolineato la corrispondenza delle due Notitiae in the order of the contents, in the
arrangement of the entries under each ministry or command or governorship, and
for the most part verbally.
[8] CLEMENTE, op. cit., pp. 359
ss., che ipotizza anche elementi di cronologia meno precisamente definibile,
ascrivibili forse al 395‑6.
[9] CLEMENTE, op. cit., p. 360.
[10] Sulle thékai cfr. LiDo, De Magistratibus II, 14, 1.
GRIGG,
Portrait‑bearing codicils in the illustrations of the Notitia
Dignitatum, JRS, 69, 1979, p. 109.
[11] Per questa ragione BURY, op.
cit., p. 132 per primo è stato costretto a negare l'identificazione con il laterculum
maius, ma anche è stato indotto ad ipotizzare senza alcuna prova concreta
l'esistenza di una guida per il primicerio diversa dal laterculo. Questa idea è
stata in certo qual modo ripresa da CLEMENTE, op. cit., Pp. 359 ss. che ritiene
la Notitia pervenutaci una sorta di annuario ufficiale di entrambe le
parti dell'Impero. Ma inadequate for any serious official use è stata
ritenuta la Notitia da GRIGG, Portrait‑bearing codicils, cit., p.
111 nt. 25. Cfr. anche BYVANCK, Antike Buchmalerei, cit., p. 195.
[12] CLEMENTE, op. cit., 369 ss.
sviluppa l'osservazione di Nischer, relativa allesistenza di una tradizione
nell'Impero relativa alla compilazione di documenti del tipo della Notitia.
Anche BURY, op. cit., p. 132 differenziava, come si è detto, la Notitia
dal laterculo per l'assenza dei nominativi dei dignitari. Tuttavia considerava
la Notitia un documento ufficiale utilizzabile da parte del primicerio,
più che a scopi di informazione in genere della burocrazia, per la
realizzazione in particolare dei codicilli, riproducendo le insegne a colori.
La copia di Spira sarebbe derivata dunque dall'unione ad opera del primicerio
occidentale di una copia orientale definitiva con una versione provvisoria
occidentale, aggiornata fino al 437.
[13] Ad ulteriore sostegno della sua
ipotesi Clemente adduce un passo relativo alla vita di Alessandro Severo (SHA, Vita
Alex. Sev. XXI, 6) dal quale risulta l'utilizzazione da parte dell'imperatore
di breviari contenenti l'indicazione del numero dei militari e funzionari, del
tempo di permanenza in servizio e degli stipendi. La Notitia non
contiene né numeri, né tempi, né cifre. In CLAUDIANO, Epith. Pall. 83‑91
(Carm. Min. XXV BIRT) e nella stessa Notitia (Or. XVIII, 4‑5;
Occ. XVI, 5) nulla denota una attività del primicerio, diversa dalla tenuta del
laterculo e volta alla realizzazione di un annuario dell'amministrazione.
[14]
NICOLET, L'inventario del mondo. Geografia e politica alle origini dell'Impero
romano, Bari, 1989, p. 217: ... quello di Augusto era dunque un documento che
forniva fondamentalmente cifre.
[15] In Occidente secondo BURY, op.
cit., p. 137; in Oriente secondo NisCHER,
Die Quellen für das spätrömische Heerwesen, AJPh., LIII, 1932, p. 32 e
POLASCHEK, op. cit., col. 1098. Secondo MANN, What was the Notitia
Dignitatum for ?, Aspects, cit., pp. 1‑9 la Notitia sarebbe
derivata da una copia usata in Occidente nell'officium di un magister
peditum praesentalis. Cfr. anche POLASCHEK, op. cit., coll. 1079 ss. Ma
come ha osservato CLEMENTE, op. cit., p. 372 la Notitia conteneva anche
un nucleo di informazioni sull'amministrazione civile, completamente al di
fuori delle competenze del magisterium, ed aveva pertanto un impianto
più complesso, ed un interesse più ampio, di un semplice documento interno ad
uso prevalentemente militare.
[16] CLEMENTE, op. cit., p.
373.
[17] Non è plausibile pensare che il
capo dei notai imperiali avesse addirittura bisogno della visione della Notitia
dell'altra parte dell'Impero per essere facilitato nell'emissione dei propri
codicilli, come implicito nell'ipotesi di BURY, op. cit., p. 132.
[18] CLEMENTE, op. cit., p. 373.
Invece la pars Orientis mostra una notevole coerenza formale, non
contenendo aporie e contraddizioni interne (CLEMENTE, op. cit., p. 185).
[19] CLEMENTE, op. cit., pp. 42 ss.
[20] Cfr. ad esempio le insegne dei
prefetti del pretorio, dei magistri officiorum, dei comites sacrarum
largitionum o rerum privatarum, dei vicari.
[21] Not. Occ. XVIII. ALEXANDER, op. cit., p. 14.
[22] Not. Occ. XXIV. BYVANCK, Notes Batavo‑romaines X. La Notitia
Dignitatum et la frontière septentrionale de la Gaule, Mnemosyne, IX, 1941,
p. 95 nt. 63.
[23] L'inaffidabilità degli emblemi
degli scudi é stata rilevata da GRIGG, Inconsistency and lassitude: the shield
emblems of the Notitia Dignitatum, JRS, 73, 1983, pp. 132 ss.
[24] GRIGG, Portrait‑bearing codicils, cit., p. 110. Nell'edizione
di Seeck le due illustrazioni sono congiunte ed inserite alla fine della Notitia
Orientis (XLV). In un codice delle commedie di Terenzio, databile alla
prima metà del sec. V, si riscontra una raffigurazione simile di un armarium,
nel quale erano deposte le maschere dei diversi personaggi delle commedie. Cfr. GRIGG, l. c.
[25] BYVANCK, Antike
Buchmalerei, Mnemosyne, VIII, 1940, p. 195.
[26] CLEMENTE, op. cit., p. 18; 367
e s.: Indubbiamente, la presenza delle tavole, contenenti, come abbiamo visto,
elementi puramente decorativi, difficilmente comprensibili in un documento
destinato all'uso frequente, o frutto di una iniziativa non ufficiale, come
pare ritenere il Polaschek, può far pensare ad una copia particolarmente
accurata sul piano dell'interesse bibliofilo, destinata ad una persona di
notevole importanza nella scala gerarchica. Tuttavia, tale ipotesi presuppone
una datazione il più possibile unitaria dell'opera, sia pure con le più ampie
riserve per quanto riguarda lo spirito sistematico della burocrazia romana, e
pertanto contrasta con gli elementi sicuramente aggiornati, che sono emersi
dall'indagine precedente... Se dunque il documento fu, in qualche modo,
aggiornato per l'utilizzazione dopo la sua stesura, difficilmente tale
considerazione può conciliarsi con l'ipotesi di una sua compilazione unitaria
e, praticamente, eccezionale.
[27] MICHELE GLICA, Annales
IV, 260 C (Patrologia Graeca 158, 488 C).
[28] MICHELE GLICA, Annales
IV, 262 C (Patrologia Graeca 158, 489 C‑D).
[29] HEMMERDINGER, Les
lettres latines a Constantinople jusqu'a Justinien, Polychordia. Festschrift Dölger, Byzantinische Forschungen, I, 1966, p. 175.
[30] NICEFORO CALLISTO, Eccl.
Hist. XIV, 441 (Patrologia Graeca 146, 1064 A‑B), che paragona
la sua attività nel salvare i libri a quella di Tolomeo. Sembra passibile
cogliere un ricordo di queste veglie notturne nella frase iniziale della costituzione
di pubblicazione del C. Th. (Nov. Th. I: ...in tanto lucubrationem tristi
pallore vix unus aut alter receperit soliditatem perfectae doctrinae, che
ha suscitato un certo stupore per l'intonazione non del tutto in sintonia con
il compiacimento per l'entrata in vigore del Codice. MANFREDINI, Il Codex
Theodosianus ed il Codex Magisterium Vitae, Atti Accad. Roman.
Costantiniana, V, 1982, p. 184.
[31] NICEFORO CALLISTO, Eccl.
Hist. XIV, 442 (Patrologia Graeca 146, 1064 B‑C).
[32] Per questo monogramma si veda
ad es. LLORIS, Las anforas romanas en España, Saragoza, 1970, p.
530 fig. 212, 3.
[33] GIROLAMO, Epist. XXII, 32. Pone bene in evidenza
il gusto per i libri di quest'epoca CAVALLO, Libro e pubblico alla fine del
mondo antico, in Libri, editori e pubblico nel mondo antico. Guida storica e
critica, Bari, 1975, pp. 101; 123 e 125.
[34] Anche l'imperatore Federico II
coltivava una passione simile. La sua opera De arte venandi cum avibus
sembra sia stata da lui stesso riprodotta, corredandola di illustrazioni. Il
Ms. Pal. Lat. 1017 custodito nella Biblioteca Vaticana contiene quest'opera
straordinaria. Cfr. SAUER, STUMMVOLL, FIEDLER, Codices selecti, XVI,
Graz, 1969.
[35] CLEMENTE, op. cit., pp. 173 e
s.; 199 nt. 81; ZECCHINI, Aezio: l'ultima difesa dell'Occidente romano, Roma,
1983, p. 151 nt. 42.
[36] C. Th. VII, 8, 15. BURY, op. cit., p. 140; CLEMENTE, op. cit., pp. 75
ss.