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PASSAPORTI
ROMANI
Atti
dell'VIII Convegno Nazionale -
Colloqui di Egittologia e di Papirologia
La
visione dellaltro nellantico Egitto
11-13
aprile 2003
(in corso di stampa nella rivista Aegyptus).
(Versione del documento in "Portable Document
Format")
1. L.
Alla nascita degli Stati nazionali nel medioevo ed in età moderna si ascrive comunemente lorigine del passaporto (fig. 1) sia per linterno, che per lestero, sostenendo che tutti i governi hanno basato la loro forza sul potenziale di armati e sui rapporti di sudditanza dei cittadini verso i sovrani e quindi hanno tentato di impedire con ogni mezzo luscita dal territorio di uomini atti alle armi e sono stati daltro canto propensi a considerare gli stranieri che varcavano i confini statali come potenziali nemici[1]. Da qui avrebbero tratto origine, sia il permesso di espatrio per il cittadino[2], che lattestato di protezione per lo straniero, necessari anche per sorvegliare determinate categorie o classi in rapporto alla mobilità interna ed esterna allo Stato.
In realtà, la genesi del lasciapassare, sia in uscita, che in entrata - tanto per cittadini, che per stranieri è ben più remota. Certo, solo con la rivoluzione francese e la costituzione del 3 settembre 1791 si è affermato il pieno diritto di ogni uomo di circolare senza restrizioni di sorta alla sola condizione di non nuocere gli altri, principio riflesso dallart. 16 della nostra Costituzione che consente ad ogni cittadino di soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, di uscire e rientrare nella Repubblica, salvo gli obblighi di legge. Al punto che listituto del passaporto è apparso come una grave limitazione posta dallordinamento statale alla libertà individuale, da disciplinare pertanto tassativamente e da concepire non come unautorizzazione permissiva, discrezionale, ma come atto vincolato, certificativo di un accertamento, documento di identificazione e di commendazione[3]. Al principio del Novecento si auspicava addirittura la sua scomparsa, che allora si riteneva già prossima!
Lutopia implicita in tale convinzione è purtroppo oggi drammaticamente evidente, come è altrettanto noto che in antico le mura delle città-stato, più che difendere, finivano per impedire talvolta la fuga[4] e senza lantichissimo diritto di asilo e le - altrettanto antiche - pratiche di ospitalità, agli stranieri era in realtà concesso percorrere ben poca strada!
Risalgono
certo allantichità la pubblica autorizzazione a spostarsi liberamente nel
territorio dello Stato ed il permesso al suddito di abbandonare il territorio, o
allo straniero di entrarvi e soggiornarvi[5]. Già prima
dellinvasione napoleonica in Italia esisteva un atto certificativo rilasciato
dallautorità, per mezzo del quale il cittadino poteva farsi riconoscere e
tale documento offriva allestero
la possibilità di ottenere protezione ed assistenza[6].
Con la dominazione francese venne definito carta di sicurezza,
successivamente carta di identità[7].
Per tale ragione oggi per passaporto (licenza originariamente concessa solo a navi) si intende un documento di riconoscimento[8] rilasciato dal ministro degli esteri (o, per sua delega, dai questori), che consente ai cittadini italiani di uscire dal territorio dello Stato per recarsi allestero[9], ma non vè dubbio che la denominazione, di passaporto appunto, comunemente invalsa tra gli studiosi[10] per indicare alcuni rari lasciapassare egiziani su papiro di età romana[11] (fig. 2) o la pratica di documentazione dell alla quale si fa riferimento in alcuni articoli del Gnomon dellidioslogos per luscita dallEgitto[12] o nella tariffa di Coptos per lutilizzazione dellimportante via di collegamento che attraversava il deserto orientale egiziano verso il Mar Rosso e lIndia[13], o per luso tra il 156 ed il 161 d.C. della strada dellArsinoite[14], è imprecisa, come spesso accade quando si applicano termini moderni allesperienza antica, ma anche ingannevole, in quanto, non solo l non sembra essere stato un documento di riconoscimento, come lattuale passaporto, ma esso, piuttosto che restare nella disponibilità del viaggiatore, sembrerebbe essere ritirato dal controllore del transito, pur essendo stato rilasciato dal prefetto.
Anche
nel trasporto degli aridi per il servizio coattivo dellannona verso
Alessandria, venivano esibiti permessi, denominati appunto ajpovstoloi e
rilasciati dal procurator Neaspoleos, per ottenere il carico da
trasportare e lautorizzazione alla partenza[15]
e lo stesso termine veniva anche impiegato per indicare nel processo civile la littera
dimissoria, il provvedimento in base al quale il giudice a quo consentiva
il deferimento del processo al giudice ad quem nellappello[16].
Come permessi di viaggio, sembrano menzionati in altri papiri ed epigrafi[17].
Il P.Oxy. X, 1271 rappresenta così un documento significativo della prassi romana del controllo della mobilità della popolazione e un esempio dellatteggiarsi dei rapporti tra una cittadina romana, in partenza dallEgitto nel 246 d.C., il prefetto ed il comandante del porto di Alessandria; e inoltre delluso disinvolto della scrittura e della subscriptio con autografia rara dello stesso prefetto Valerio Firmo (fig. 3):
P.Oxy.
X, 1271:
m2.
Valerius
Firmus
Asclepiade salutem
dimitti
iussi de P[haro]
commendo t[ibi]
vale
iu[ssi]
m3.
datum XVII K[al(endas)...
Presenti
A[lbino co(n)s(ulibus)]
"A Valerio Firmo prefetto dEgitto
da parte di Aurelia Meciane di Side.
Voglio,
signore, partire attraverso
Faro.
Ti chiedo di scrivere al
procurator
Phari
di (lasciar)mi partire come è duso.
Il primo (del
mese) di Pacone (26 aprile). Ti saluto.
Valerio Firmo
ad Asclepiade (procurator
Phari) salute.
Ordinai che partisse da Faro
ti raccomando
ti saluto
ho
ordinato
dato il XVII giorno prima delle calende
(di
giugno? 15 maggio?)
Presente e Albino co(n)s(oli)"
Due anni prima del millennario dellUrbe
sotto il regno di Filippo lArabo, una matrona romana originaria di Side in
Pamfilia, ma temporaneamente residente in Egitto, invia un libello contenente la
richiesta motivata dalla sua origine asiatica al prefetto, che apponendo una subscriptio
si rivolge al funzionario competente per la partenza, autorizzandola. Non
sappiamo se il documento sia stato riconsegnato allinteressata per la
successiva trasmissione a sua cura al procurator Phari al momento della
partenza[18],
soluzione certo più pratica, o inviato dufficio al comandante portuale, come
comunemente sembra ammettersi e tutto, allapparenza, lascerebbe supporre. Se
si riflette che il lasso di tempo intercorso tra la richiesta, il 26 di aprile,
e la data non esattamente nota della risposta (nel migliore dei casi diciannove
giorni) è lungo e che solo successivamente - in data indeterminata -
leffettiva partenza avrebbe potuto aver luogo;
e ancora se si rileva che non vè traccia di un, pur necessario,
preavviso alla viaggiatrice, che avrebbe dovuto essere informata in tempo del
rilascio dellautorizzazione, appare preferibile la prima soluzione proposta
dellinformale restituzione alla diretta interessata della subscriptio,
per un uso da costei ritenuto più opportuno.
Daltro canto sappiamo che le subscriptiones
rilasciate della cancelleria imperiale in forma autentica, venivano
normalmente inviate al richiedente, mentre un exemplum della richiesta e
della risposta veniva conservato negli archivi, talora dopo essere stato affisso
per qualche tempo (propositio)[19]
e solo eccezionalmente trasmesso ad un funzionario, ma soprattutto sappiamo che,
in base al §. 68 del Gnomon (fig.
4):
"Un romano, imbarcatosi senza avere al completo le scritture per la partenza per mare, fu condannato a talenti "
Dunque,
sia che le scritture necessarie () siano consistite nel solo
- come sostenuto da alcuni[20]
- o completate a secondo i casi da una serie di altri permessi e attestati
(dimbarco, di esportazione di merci, di pagamento di dazi doganali, di
utilizzo dello scalo portuale e così via)[21],
come appare probabile, non vè
dubbio che sembra gravare sui romani in partenza dallEgitto lobbligo di
presentarsi per la partenza con i documenti al completo. Allora il funzionario
competente avrebbe letto e trattenuto il testo che lo riguardava,
indirizzatogli dal
prefetto, lasciando invece al viaggiatore gli altri documenti; solo in tale
momento questi avrebbe emesso un permesso scritto per varcare
il confine (), come
ipotizza Taubenschlag[22].
A differenza dei rari lasciapassare (come il P.Oxy. X,1271 o il P.Oxy. XVII,
2132 del 249-250 d.C.[23]),
di testi di tal genere però non è pervenuto alcun esemplare.
Secondo Uxkull von Gyllenband[24], uno dei più acuti commentatori del Gnomon, le scritture menzionate nel §. 68 () non comprenderebbero l perchè vi sarebbe stato altrimenti un contrasto con il §. 64 che assegna alla competenza del prefetto, e non dellidiologo a suo dire, i processi nei confronti di coloro che si imbarcavano senza (fig.5):
"I processi contro coloro che si imbarcano senza lasciapassare sono ora sottoposti alla giurisdizione del prefetto."
Invece il §. 68, compreso tra i §§. 65-69, che riguardano lesportazione di schiavi controllata dallidiologo, dovrebbe secondo Uxkull von Gyllenband riferirsi anchesso alla competenza dellidiologo, al commercio transmarino degli schiavi e le scritture non al completo (), alle quali si allude genericamente, dovrebbero essere solo quelle relative alle esportazioni servili, delle quali, in verità, non vè alcun accenno nel testo.[25]
Inoltre
è dimostrato dai rari lasciapassare pervenuti[26],
che i romani, indipendentemente da permessi per i servi, non avevano la facoltà
di lasciare lEgitto senza autorizzazione del prefetto, come fin dalletà
augustea era impedito laccesso allEgitto persino a senatori e cavalieri
illustri senza permesso imperiale o prefettizio, ma su tale questione avremo
modo di ritornare.
Non
può che suscitare perplessità lassenza di passaporti ()
e lasciapassare, se rilasciati secondo la prassi ipotizzata da Taubenschlag. In
un articolo sull enigma costituzionale dellantica Alessandria[27],
per giustificare la scarsezza di papiri alessandrini determinata dallumidità
del clima, Arangio Ruiz ripeteva scherzosamente linterrogazione retorica: Quest-ce
quuna femme auprès dun papyrus alexandrin?
Ulteriore e recente prova della necessità di un lasciapassare è offerta (fig. 6) dal
P.Oxy. XLIII, 3118 del III sec. d.C.
con il quale si impartisce al procurator Phari lordine di non lasciar partire questa volta un determinato individuo, evidentemente trasmettendo dufficio il mandato epistolare. Qualche (fig. 7) contenente un permesso denominato con lautorizzazione a partire entro un certo termine ci è pervenuto, ma esso sembra assumere più la forma del biglietto di transito, che del salvacondotto:
O. Florida 1:
In definitiva, la situazione in base ai §§. 64-69 del Gnomon sembra essere la seguente: un antico divieto di età tolemaica, del quale ci informa Strabone (fig. 8) dichiarando che:
ma non è lecito partire da Alessandria senza disposizione regia (próstagma),
alludeva
ad uno specifico e formale provvedimento regio indirizzato al comandante del
porto, da emettere di volta in volta, per ogni singola partenza. Dunque con la
conquista romana sembra che la prassi giuridica sia rimasta simile a quella del
passato[28],
ma la competenza relativa, allinizio probabilmente del prefetto ed in seguito
dellidiologo, pare che in base al §. 64 del Gnomon (fig.
8) sia stata ripresa, dalla seconda metà del II sec. d.C., sotto il
controllo dellorgano al vertice dellamministrazione romana. Probabilmente
in molte altre occasioni determinate da turbamenti - locali e del centro
dellimpero si rese necessario per il prefetto riprendere il controllo del
transito in Alessandria, che era la principale porta della provincia, ma
anche in tutti gli altri accessi allEgitto, certamente vigilati, come
avveniva a Pelusio (§. 69) (fig.
9).
Una egizia che inviò schiavi attraverso il Pelusio con figli fu condannata ad un talento e tremila dracme.
Da
Ulpiano apprendiamo che un luogo in particolare era designato per gli sbarchi
imperiali e di ufficiali, per celebrare la cerimonia pubblica delladventus[29],
e tale località in particolare per lEgitto era Alessandria[30].
La porta della provincia veniva dai greci designata come
o [31].
Ivi erano sottoposti a controllo, tanto in entrata che in uscita, romani e
stranieri, greci ed indigeni, non solo per motivi doganali - la corresponsione
cioè del portorium, tanto di esportazione che di importazione di merci
nel paese - ma soprattutto per ragioni di ordine pubblico e di controllo della
popolazione e dei flussi migratorii[32].
Particolarmente assoggettati a controllo erano i movimenti degli schiavi, che se si tentava di esportare senza che vi fosse stato dolo del dominus - che evidentemente aveva in buona fede ignorato le disposizioni legali - venivano venduti allasta a beneficio del fisco (§. 65), ma in caso di un tentativo fraudolento di esportazione senza permesso () si giungeva alla confisca dellintero patrimonio del padrone.
Ad alcuni, in base al §. 66 del Gnomon (fig. 10)[33], non era assolutamente consentito lasciare il paese, altri invece avrebbero potuto farlo con la necessaria autorizzazione[34]. Costoro, se privi del lasciapassare, sarebbero stati assoggettati alla pesante multa della confisca di un terzo del loro patrimonio, ma se si fosse trattato di romani la sanzione, pur restando non lieve, sarebbe stata determinata in una entità fissa corrispondente al pagamento di una ammenda di qualche talento soltanto (§. 68) (fig. 11).
"Un romano, imbarcatosi senza avere al completo le scritture per la partenza per mare, fu condannato a talenti "
Si
è sostenuto che soprattutto agli egizi fosse impedito lasciare il proprio
paese, ma anche se ciò è assai probabile, non è raro riscontrare la presenza
di egiziani al di fuori dellEgitto, non solo per ladempimento del
trasporto coattivo dellannona [celebre è la lettera (fig.
12) del II/III sec. d.C. in BGU I, 27 (= Mitteis, Chrest. n. 445) di un
marinaio della flotta alessandrina, che, giunto a Roma dopo aver scaricato il
grano ad Ostia, in attesa della dimissoria o
,
scrive al
fratello in Egitto[35]],
ma anche dei più vari servizi, come nel caso del iatralipta, il medico
massaggiatore di Plinio il giovane, al quale con procedura eccezionale venne
concessa in quanto liberto di una egiziana defunta (Termuti di Teone) la
cittadinanza romana[36].
Era
dunque possibile anche per gli egizi riuscire ad ottenere, seppur in rari casi,
un lasciapassare.
I
luoghi nei quali veniva effettuato il controllo dei lasciapassare è probabile
che coincidessero con le stazioni doganali per il controllo del portorium. E
anzi possibile che in tale occasione non solo venissero assoggettate al pesante
dazio di esportazione del quarto del valore - ed al più lieve dazio
dimportazione - le merci dei viaggiatori in transito (noto è laneddoto
riferito da Filostrato[37]
(fig.
13) della risposta al doganiere del filosofo Apollonio che viaggiava con
Fortuna, Saggezza, Giustizia, Virtù, Valore, Disciplina, etc., correndo il
rischio di pagare il dazio per tutte queste presunte schiave. Se la cavò
dicendo che non erano sue schiave, ma padrone!), ma che, al contempo, al
controllo dei documenti venisse anche corrisposta una somma della quale vè
traccia in qualche testo[38],
non solo per luso di una strada particolare, ma anche per leffettuazione
della verifica in sè. Nel caso di passaporti moderni impropriamente la tassa
per il rilascio è stata definita dalla legge come tassa sulle concessioni
governative, ma è stato giustamente osservato[39]
che non si tratta evidentemente di concessione, prima della quale nessun
diritto del singolo esiste, nessuna facoltà gli spetta e nessuna attività egli
può svolgere; nel caso concreto il diritto di libertà del cittadino già
esiste, ma lesercizio del suo diritto di espatrio è subordinato
allemissione dellatto certificativo dellaccertamento di esso da parte
della pubblica amministrazione. Radicalmente diversa era la situazione nel mondo
antico, ove ovviamente il permesso in questione poteva ben configurarsi come una
concessione.
E
noto che, a differenza del resto dellimpero, in Egitto, Siria e Giudea, il
sistema della riscossione indiretta - dellappalto cioè - continuò a
sussistere fino alla fine dellalto impero, quando ormai ovunque si era
imposta la percezione diretta da parte dei funzionari imperiali[40].
E possibile che, pur restando responsabile del transito il funzionario
localmente preposto (ad es.: il procurator Phari per
Alessandria) finissero i publicani ad essere effettivamente incaricati
del controllo e coadiuvati dai militari, percepissero in tal modo un moderato
compenso.
Un
cordone doganale era posto tutto intorno allEgitto e controllava il commercio
con lesterno: oltre ad Alessandria e Pelusio, posti di dogana erano ubicati
in tutte le bocche del Nilo, nei porti del Mar Rosso ed alla frontiera nubiana[41],
ma anche allinterno, ai confini dei nomi, sulle piste del deserto, nei porti
fluviali e sul Nilo, a Menfi, tra Menfi ed Alessandria, a Schedia[42],
nel Fayoum e così via.
Nella c.d. Tariffa di Coptos (fig.
14), che non è una tariffa doganale, ma
un prontuario dei diritti
che il pubblicano deve percepire per i lasciapassare (apostoloi),
secondo il gnomon sotto la giurisdizione dellArabarca
, il 10
maggio del 90 d.C. fù previsto un esborso specifico per lapposizione del
visto sul singolo permesso mercantile[43]
per luso dellimportante via di comunicazione con lIndia attraverso il
deserto orientale e come concorso alle ingenti spese governative per la
costruzione ed il mantenimento di cisterne e pozzi (), lesercizio
di una sorveglianza e corpi di guardia, in modo proporzionale, non al valore
delle merci in transito (fig.
15), ma al reddito dei viaggiatori ed ai mezzi di trasporto impiegati, al
punto da costringere una cortigiana a pagare oltre venti volte in più di un
semplice marinaio.
Uxkull von Gyllenband[44] ha correttamente per primo collegato lapostolion (diritto sul rilascio dell)[45] del proemio della c.d. Tariffa di Coptos all menzionato nel §. 64 del Gnomon, ma si è obiettato che nella Tariffa il termine sembra applicarsi tanto a persone, che a merci[46]. Lobiezione sembra essere basata su di un fraintendimento del testo[47]: infatti il πιττάκιον (ad esempio, ) menzionato alle ll. 21 ss. della Tariffa sembra essere diverso dall, presupposto nel proemio[48]; il primo un biglietto di transito di merci che poteva essere sigillato dietro compenso, il secondo il lasciapassare nel suo complesso o salvacondotto. Con il significato di lista, registro, tabella, il termine
πιττάκιον
ricorre
frequentemente in molti papiri ed epigrafi[49]
ed evidentemente, pur potendo consistere in un permesso per il transito di
specifiche merci o di una nave[50]
era diverso dal generale salvacondotto, o
.
2. Il divieto di accesso dei senatori in Egitto.
Dopo aver tentato di individuare i
luoghi, le modalità del controllo ed i soggetti che cercavano di partire
dallEgitto romano, è opportuno prendere in considerazione anche i soggetti
in entrata in una provincia che Tacito (fig.
16) dichiarava essere:
Tac., Hist. I, 11:
aditu difficilem, annonae fecundam, superstitione ac lascivia discordem et mobilem, insciam legum, ignaram magistratuum
Tale questione si collega al dibattito sul divieto di accesso dei senatori in Egitto ed alloriginario assetto dato alla provincia da Augusto, con laffidarla ai cavalieri (fig. 17).
Tac., Ann. II, 59:
Tiberius acerrime increpuit, quod contra instituta Augusti non sponte principis Alexandriam introisset. Nam Augustus, inter alia dominationis arcana, vetitis nisi permissu ingredi senatoribus aut equitibus Romanis inlustribus, seposuit Aegyptum ne fame urgeret Italiam quisquis eam provinciam claustraque terrae ac maris quamvis levi praesidio adversum ingentis exercitus insedisset.
Tiberio si scagliò violentemente (contro Germanico), perché, trasgredendo le disposizioni di Augusto, era entrato in Alessandria senza lautorizzazione del principe. Infatti Augusto, fra le altre segrete norme dellassolutismo, aveva a sè serbato lEgitto, vietando ai senatori e ai cavalieri romani illustri di entrarvi senza permesso, perché chiunque tenesse nelle sue mani quella provincia e gli stretti passi della terra e del mare, anche con un piccolo presidio contro grandi eserciti, non potesse affamare lItalia.
Le due interdizioni per gli esponenti dellordine senatorio dal governo supremo dallEgitto e dallaccesso nel territorio sono state considerate collegate o addirittura confuse in dottrina, ed è merito, a mio avviso, di Manfredini[51] aver tentato di distinguerle, anche se le conclusioni alle quali sembra essere pervenuto sulle circostanze contingenti delle scelte augustee, condizionate da un oracolo che avrebbe impedito la penetrazione dei fasces in Alessandria, non sembrano essere del tutto condivisibili. Pare che sussistesse una prescrizione religiosa romana (fig. 18) in base alla quale i fasci non potevano entrare in Alessandria e tale divieto veniva ribadito anche in una colonna aurea a Menfi ed esteso alla toga pretesta e allintero Egitto [52]. La questione non sembra direttamente connessa allaccesso dei senatori ed un episodio (fig. 19) riferito da Manfredini e relativo allo sbarco ad Alessandria, nel 48 a.C., di Cesare, con fasces, che provocò lindignazione e la rivolta dei Gabiniani milites ormai integrati con i locali, non si collega ad un oracolo ma allostentazione dellimperium in un territorio ancora retto da un legittimo sovrano[53].
Fino
a quando Geraci[54]
non ha utilmente proposto il superamento delle consolidate opinioni sullo
statuto dellEgitto romano[55]
- né monarchia, né possesso personale, ma conferimento di un imperium
proconsulare ad Ottaviano con possibilità di delegarlo ad un praefectus,
pur a mio avviso da accogliere nel rispetto della deliberata ambiguità augustea
tra continuità e rottura, di matrice stoica[56]
- non era facile separare linterdizione per i senatori dal governo, dal
divieto di accesso nel territorio, poiché si finiva per ammettere che la
peculiarità del rapporto tra il principe e lEgitto, che determinava
lesclusione dal governo, si riverberava anche in maniera assoluta sul divieto
di mettere piede in tale territorio senza autorizzazione del principe.
Ma,
non solo ad una lettura esclusivamente senatocentrica del testo di Tacito - che
pur è stata autorevolmente sostenuta[57]
- si oppone il riferimento testuale anche ai cavalieri romani illustri, ma
anche il clima di distensione tra principe e senato dopo la conquista
dellEgitto è apparso nettamente in contrasto con il divieto, che - se
riservato ai soli senatori - non poteva che finire per apparire intollerabile[58].
Vero
è che sembra che Ottaviano ancora nel 29 a.C. diffidasse dei senatori, al punto
da temerne una rivolta, tanto da far divulgare la falsa notizia della
distruzione di tutti gli atti di Antonio e che al momento della lectio
senatus del 29-28 a.C., sembra che si aggirasse armato e disponesse la
perquisizione dei senatori apparsi al suo conspetto[59],
ma è pure vero che la singolarità del divieto per i soli senatori ha spinto
gli studiosi reiteratamente a ricercarne i motivi[60],
poichè la presunta foga
antisenatoria di Augusto resta non facilmente spiegabile in un momento di
generale pacificazione[61], né giustificata dal
terrore dellEgitto, il tema propagandistico augusteo nella lotta contro
Antonio, che avrebbe determinato la riserva del governo.
Sembra
da scartare la giustificazione di Levi[62],
basata sulla salvaguardia di esigenze di protocollo, sulla necessità, cioè,
di preservare lautorità del prefetto, che in quanto cavaliere avrebbe
dovuto rendere omaggio agli eventuali senatori giunti in Egitto, poiché il
divieto augusteo non era tassativo e più di un senatore è epigraficamente
attestato in Egitto[63].
Dunque le eccezioni avrebbero determinato gli inconvenienti che per Levi
sarebbero stati causa della restrizione[64]
ed inoltre è incontestabile che nel testo di Tacito il divieto si riferiva non
solo a senatori, ma anche a cavalieri illustri e non è affatto certo che questi
ultimi fossero solo i figli di senatori, per nascita e temporaneamente di rango
equestre.
Anche la notizia fornita in proposito da Cassio Dione (fig. 20) è apparsa alquanto ambigua:
Cassio Dione 51, 17, 1:
"Dopo questi fatti impose un tributo allEgitto e ne affidò il governo a Cornelio Gallo. Poiché era un paese molto popoloso, sia nelle città che nelle campagne, abitato da gente volubile e frivola, capace di fornire grano e altre ricchezze, non volle affidarne il governo ad un senatore, anzi vietò di dimorare colà, eccettuato a colui al quale egli avesse dato uno speciale permesso. Non volle neppure che a Roma ci fossero senatori egiziani."
Dopo
aver indicato i motivi per i quali Ottaviano non avrebbe osato affidare il
governo dellEgitto ai senatori, si dichiara che egli non diede la possibilità
ad alcuno di dimorare colà, se non lavesse permesso nominativamente. Si è
osservato che: tini; potrebbe
sottintendere ed in tal caso il divieto risulterebbe circoscritto ai
soli senatori. Ma potrebbe anche non sottintendere niente e in questo caso
prenderebbe corpo lidea di un provvedimento ben diverso, il quale disponeva
in generale che nessuno poteva recarsi in Egitto se non con un permesso
nominativo: formalmente, non solo i senatori o i cavalieri, ma
anche i proletari[65].
Sembra
che al ritorno dallEgitto a Roma Ottaviano abbia proibito a tutti i membri
del senato di uscire dallItalia senza permesso[66],
se non per andare in Sicilia[67]
e, da Claudio in poi, nella Gallia Narbonense, non per politica antisenatoria,
ma per ribadire lantico obbligo per i senatori di risiedere nella capitale e
limitare lassenteismo nel senato. Infatti i senatori per uscire dallItalia
già in età repubblicana ottenevano, sotto forma di libera legatio, un
permesso dal senato e Cesare aveva esteso ai figli dei senatori il divieto in
questione. Sembra che limperatore Claudio abbia espressamente sollecitato
lemanazione di un SC che attribuisse la facolta della concessione dei
permessi di espatrio per i senatori riservandoli alla competenza esclusiva
imperiale, autorizzazione fino ad allora condivisa col senato[68].
Agli inizi del III sec. d.C. i senatori che ottenevano il libero commeatus,
mantenevano tuttavia il domicilio nella città di Roma[69]
e nel tardo impero incombeva lobbligo della residenza urbana sui votanti in
senato, tanto di Roma che di Costantinopoli[70].
Non
è dunque affatto da escludere che Ottaviano, nel quadro del ripristino della
funzionalità del senato che si delineava con limminente lectio, abbia
impedito ai senatori di uscire dallItalia. Nello stesso tempo è probabile
che abbia mantenuto la disposizione tolemaica sul controllo generalizzato del
transito in Egitto, non solo in uscita, ma anche in entrata, imponendo a tutti
visti di ingresso che Strabone dichiara di aver di persona sperimentato nel
lungo soggiorno alessandrino, anche se rispetto alla rigidezza tolemaica, sotto
i romani il controllo del transito sembrava ormai a lui divenuto meno severo.
Per Manfredini dunque vi sarebbe stato uno specifico divieto per i senatori di
uscire dallItalia senza permesso, un generale divieto di entrare senza
autorizzazione in Egitto o di uscirne ed una esclusione
dei senatori dal governo di tale importante territorio, questultima
determinata, come generalmente si ammette, da motivi politici.
Il
testo di Tacito (II, 59) (fig.
21) con lesplicita, ma unica, dichiarazione della necessità di un
permesso per senatori e cavalieri illustri è, come è noto, collegato
allincidente del viaggio egiziano di Germanico senatore[71]
e potrebbe il suo tenore essere stato determinato proprio da tale evento: in
quanto lo storico si riferiva a Germanico senatore che era entrato in Egitto
senza permesso, il divieto generale egiziano nella sua applicazione a Germanico,
finiva con lapparire un provvedimento espressamente emanato per i senatori ed
i potenti in genere[72]
e diverso dal divieto generale per tutti di entrare in Egitto. Ma Cassio
Dione[73]
testualmente indicava la necessità di un generale permesso di soggiorno in
Egitto e Svetonio[74] nel riferire la lamentela di Tiberio nei confronti di Germanico, non
accennava ad alcun divieto per i senatori soltanto, ma allingresso non
autorizzato in Alessandria per una grave ed improvvisa carestia.
Geraci[75]
giudica linterpretazione fornita da Manfredini[76]
del testo di Dione Cassio (LI, 17, 1) assolutamente inammissibile, rilevando
giustamente la sostanziale diversità tra la norma che interdiceva ai senatori
di lasciare lItalia senza permesso e la disposizione che vietava a chiunque
di entrare in Egitto. A parte la sostanziale diversità delle due
disposizioni, che regolavano rispettivamente il diritto di uscita da una regione
e quello di entrata in unaltra, si dovrà obiettare che tale differenza è
riscontrabile anche in Tacito, Ann. II, 59, in cui Germanico contravviene alla
proibizione di introdursi in Egitto senza preventiva autorizzazione, pur avendo
evidentemente ottenuto il consenso di abbandonare lItalia.
Ma
sostenere lesistenza di uno specifico divieto per i senatori di entrare in
Egitto solo sulla base del testo di Tacito, dichiarando inammissibile la pur
possibile interpretazione del passo di Dione, è cosa diversa. Daltro canto
la conoscenza e lutilizzazione di Tacito da parte di Cassio Dione è nota[77]
ed avvertibile la concordanza tra i due autori nella descrizione delle
caratteristiche dellEgitto[78].
La
questione del governo dellEgitto, che utilmente Geraci ha sollevato, lo
poneva a mio avviso in condizione di poter distinguere il divieto di governo per
i senatori, dal divieto dingresso per tutti[79].
E possibile in conclusione che ai senatori fosse stato vietato di lasciare
lItalia, a tutti di entrare ed uscire dallEgitto, riservando ai cavalieri
il governo di tale territorio, senza necessità di postulare un divieto
specifico daccesso in Egitto soltanto per i membri del senato.
Pur
disponendo di una documentazione straordinaria[80],
numerosi e assai dibattuti sono i punti oscuri della vicenda di Germanico in
Egitto. Non mi sembra tuttavia che alcuno si sia soffermato particolarmente su
di un aspetto che finirebbe per attribuire allepisodio un significato
preciso: la sorprendente latitanza del prefetto dEgitto. Solo pochi studiosi
dichiarano che la sua posizione nellintera faccenda non si lascia affatto
decifrare[81]
e Balconi, occupandosi della prefettura di C. Galerio, nota che il prefetto non
compare mai nel corso della visita, ma prudentemente sottolinea la delicatezza
della situazione e ne giustifica latteggiamento riservato, che avrebbe finito
per determinare la permanenza in carica[82].
Non solo
in rapporto alla vicenda di Germanico il prefetto non viene mai menzionato, ma
lidentificazione con C. Galerio, generalmente accolta, riposa su basi non
solide. Torna alla mente il P. Col. 123, ove il richiamo non nominativo del
governatore è stato ritenuto indizio di vacanza nella carica in seguito a
cattiva amministrazione, che avrebbe addirittura indotto limperatore a
visitare lEgitto tra il 199 ed il 200 d.C.[83]
Come
poteva Germanico, nello straordinario discorso a lui attribuito nel P.Oxy. XXV,
2435 (fig.
22), non
rivolgere neppure un cenno al prefetto, se presente?
Ed emanare editti per lEgitto con un governatore in carica, mai
ricordato? Come poteva Tacito
dichiarare che Germanico pretendeva la cura della provincia[84], nonostante essa
spettasse al legittimo prefetto e giustificare poi lapertura dei
granai, di qualsiasi tipo essi siano stati e relativi a qualsivoglia raccolto,
senza una partecipazione del governo provinciale, che non viene mai esplicitata?
Lidentificazione
del prefetto con C. Galerio è ipotesi di
Cantarelli che in base ad un passo di Seneca[85]
(fig.
23) - che
ricorda lo zio che per sedecim annos
Aegyptum
optinuit - ritiene che
lunico ad aver potuto occupare la prefettura per un tempo tanto lungo per
lui da Emilio Retto a Vitrasio Pollione, dal 16 al 31 d.C. (?) - sia appunto
Galerio, menzionato però con
certezza in realtà solo in due documenti, dal 2 marzo al 27 agosto dellanno
23 d.C.[86]
Non solo
è lunico tra tutti i prefetti che si ipotizza abbia occupato la carica così
a lungo, rispetto ad una durata media da uno a quattro anni[87],
ma vè anche chi ha proposto identificazioni diverse dello zio del filosofo (Emilio Retto, Vitrasio Pollione, uno
dei prefetti degli ultimi anni di Augusto)[88],
morto in mare nella nave disalberata durante una tempesta al ritorno
dallEgitto[89] o chi legittimamente ha
supposto che i sedici anni possano anche non essere stati continui[90], come affermato da
Cantarelli, o essere riducibili a tredici in seguito ad un errore degli
amanuensi o addirittura non tutti trascorsi proprio al vertice dellEgitto:
Seneca infatti voleva consolare la madre per lesilio in Corsica, non
informare con precisione burocratica in merito al governo supremo del territorio
egiziano.
Chiunque
sia stato in realtà lo zio di Seneca - vi sono troppe incognite che restano
aperte a soluzioni diverse - non vè dubbio che il periodo dagli inizi del
regno di Tiberio fino al 32 d.C.[91]
presenta due sole date certe per la prefettura dEgitto, quelle indicate per
Galerio e lanno 23[92].
Tale clima dincertezza ha ora
indotto a confermare in base a nuovi dati Magio Massimo tra il 14 ed il 15 ed a
radicalmente espungere ben tre prefetti[93]
[Seio Strabone, Emilio Retto del 15 (?) e Vitrasio Pollione del 32], per
lasciare a Galerio intatta la sua lunga prefettura. Ma la notizia di
Cassio Dione[94]
(fig.
24) riferita
allallontanamento dallEgitto di Emilio Retto[95]
da parte di Tiberio con la dichiarazione sarcastica che si collegava
allantica metafora del sovrano pastore del suo popolo (Voglio che le
mie greggi vengano tosate, non scorticate) potrebbe essere stata connessa
alla vicenda di Germanico ed alla notizia della fame in Egitto: basterebbe
collocare lepisodio, non datato con certezza ma certo attribuibile ad un
prefetto[96],
ad un momento prossimo al viaggio di Germanico in Egitto.
Si è notato infatti che la presunta carestia della quale parla Svetonio[97] (fig.25) per giustificare lintervento di Germanico in Egitto non sembra trovare riscontro nella documentazione del livello dellinondazione, in un evento naturale cioè di cui non sembra esservi traccia[98], ma se si ammette un errore burocratico nella determinazione dellammontare delle imposte connesso allinondazione, non solo la frase di Tiberio e la conseguente rimozione del prefetto appaiono giustificate, ma anche plausibile la sollecitudine di Germanico ad intervenire, vantando lincarico affidatogli e la cura della provincia[99] (fig. 26). A questo punto è chiaro che né lui, né altri del suo consilium, avrebbero potuto prevedere la piega che avrebbe preso la vicenda. Si è infatti sollevata la questione della inconsapevolezza della colpa di Germanico[100] (fig. 27). Se si fosse trattato di un divieto generale dingresso in Egitto, valido per tutti e superabile normalmente con lavallo del prefetto o dellimperatore, il viaggio in un momento di crisi della prefettura avrebbe potuto apparire legittimo, anzi auspicabile, per un personaggio come Germanico, ma intollerabile agli occhi di Tiberio, se associato agli onori che gli furono tributati allarrivo. Senza un prefetto in carica, sbandierare nei vessilli il cartiglio faraonico con il nome di Germanico e della sua augusta consorte[101] sarebbe stata scorrettezza ben più percepibile dellingresso senza lasciapassare, soprattutto dopo il precedente di Cornelio Gallo[102]. Ed infatti le acclamazioni locali, se associate alla concezione egiziana di un re come incrementatore, accrescitore[103] - augusto appunto - preoccuparono immediatamente Germanico, che reagì con uno dei due editti riferiti in SB 3924 (fig. 28). In tale situazione lunico pretesto che Tiberio poteva lamentare era soltanto la banale violazione della prescrizione augustea sullingresso[104] (fig. 29), soprattutto se rafforzata per Germanico dal terrore dellEgitto il motivo propagandistico che aveva determinato lesclusione dal governo dei senatori ed in genere di personaggi potenti ed inaffidabili. Occorreva immediatamente coprire il vuoto di potere determinatosi ed infatti Plinio (fig. 30) narra che C. Galerio fu uno dei più celeri prefetti che in soli sette giorni partendo dalla Sicilia riuscì ad insediarsi ad Alessandria[105]. Tanta urgenza si giustifica pienamente alla luce della necessità per Tiberio di riprendere immediatamente il controllo di un territorio, loquax et in contumelias praefectorum ingeniosa prouincia, in qua, come dice Seneca[106] etiam qui vitaverunt culpam, non effugerunt infamiam (fig. 31).
A differenza del prefetto Emilio Retto, Cornelio Gallo e Germanico erano senza colpa, ma non riuscirono a sfuggire allinfamia!
Gianfranco Purpura
Dipartimento di Storia del Diritto
Università di Palermo
[3] Stipo, v. Passaporto, Encicl. del Diritto, Milano, XXXII, 1982, p. 173: lautorizzazione è atto essenzialmente discrezionale, per cui parlare di autorizzazione vincolata costituisce una contradictio in adiecto.
[6] Bognetti, Note per la storia del passaporto e del salvacondotto, Studi per le scienze giuridiche e sociali dellUniversità di Pavia, 1931-1933.
[8] Sabatini, op. cit., p. 549: indubbiamente, anche per espressa dizione legislativa, il passaporto è atto certificativo dellidentità della persona, alla stessa guisa della carta didentità.
[10]
Reinach, Un code fiscal de lÉgypte romaine: le Gnomon de lIdioslogue,
RHDEF, 44, 1920, p. 119; Meyer, Juristische
Papyri. Erklärung der Urkunden
zur Einführung
in die juristische Papyruskunde, Berlino, 1920, p. 334;Uxkull
von Gyllenband, Der Gnomon des Idios Logos, Berlin, 1934, pp.
63 69; Reinmuth, The prefect of Egypt from Augustus to Diocletian, Klio,
21 (rist. ed. 1935), Aalen, 1963, p. 32 e s.; De Laet, Portorium, Brugge,
1949, p. 329; S. Riccobono jr., Il Gnomon dellIdioslogos,
Palermo, 1950, p. 203 ; Taubenschlag, The
law of the graeco-roman Egypt in the light of the papyri. 332
B.C. 640 A. D., Warszawa, 1955, p. 642 e s.
[13]
Dittenberger,
OGIS I-II, 674, l. 4 (A.Bernand, Les Portes du désert. Recueil des
inscriptions grecques d'Antinooupolis, Tentyris, Koptos, Apollonopolis Parva
et Apollonopolis Magna, Paris, 1984, 67,
l.4). del
10 maggio 90 d.C.
[15] Un
viene menzionato in numerose naulwtikai;
suggrafai;: ad es. in P.Lond.
II, 256 r l. 10 del 15 d.C. (Wilcken, Chrest. 443); P. Strasb. IV,
205, ll. 4-5 (c.a. 135 d.C.); P.
Strasb. IV, 202, l. 6 del 139 d.C.; P.Princ. II, 26, l. 14 del 154 d.C.;
POxy. X, 1259, l. 10 del 211/2 d.C. Meyer-Termeer, Die Haftung der Sciffer im griechischen und römischen Recht,
Zutphen, 1978, p. 6 e nt. 53. Ancora
il termine
si rintraccia in alcuni papiri di varia età connessi con il trasporto del
grano: nel P. Amherst 138, l. 10; C.P.Herm. 6, l. 13; P.Tebt. II, 486;
P.Tebt. III, 703; P.Oxy. III, 522, ll. 1; 13; 31; IX, 1197 = SB 18, 13333,
l. 13; BGU VIII, 1741 l. 1; CPR VII, 26, l. 6; 18;24;32; P. Bad. II, 29 l.6;
P.Erasm. II, 25, l.6; P.Erasm.
II, 28, l.6; P.Fay. 118, l. 13; P.Gur. 13, l. 28; P. Hamb. II, 191, l. 8;
P.Iand. Inv. 653, 2, ll. 2 e 17; PIFAO II, 29, l.6; P. Laur.III, 67, l. 13;
P.Mil.(Congr. XIV) 31, l.16; P.Par. 70 (p. 411, l.5) = UPZ II, 159; PSI
XII, 1229, l.13; PSI XV, 1569, l.2; P.
Strasb. IV, 206, l.4; P. Strasb. IV, 295, l.11; SB V, 8754, l.8; SB VI,
9088, l.8; SB VI, 9144, l. 4; SB VI, 9597, ll.7 e 13; SB X, 10456, l. 13;
Stud.Pal. V, 6, l.12.
[16]
D. 49, 6, 1 (Marciano, libro secundo de appellationibus): Post appellationem
interpositam litterae dandae sunt ab eo, a quo appellatum est, ad eum, qui
de appellatione cogniturus est, siue principem siue quem alium, quas
litteras dimissorias siue
appellant. Cfr. P.Münch. III, 3, 1, 78,
l. 14.
[17] IC III, 4 (Itanos), 9, l. 99; SEG I, 19, 41(Cipro), 18, 579, 4; P.Cairo Zen. III, 59299, ll. 2 e 8; P.Lond. 1343, ll. 10; 17; 40; P.Lond. 1348, l. 47; P.Lond. 1351, l.3; P.Lond. 1353, l.14; P.Lond. 1354, l.15; P.Lond. 1394, l.14; P.Lond. 1399, l.12; P.Lond. 1940, l. 3; P.Lond. 1963, l.18; P.Lond. 2141, 1, l. 3; P.Oxy. IV, 736, l.2; P.Oxy. IX, 1190, l.12; P.Panop. 29, l.15; P.Ross.Georg. IV, 1, ll. 7; 21; 31; P.Ross.Georg. IV, 5, l.28; P.Ross.Georg. IV, 11, l.3; P. Ryl. II, 224, l.11; PSI V, 502, l.24; P. Tebt. I, 112; P. Tebt. I, 208; P.Wash.Univ. I, 41, l.7.
[19] Palazzolo, Le modalità di trasmissione dei provvedimenti imperiali nelle province (II III sec. d. C.), IURA, 28, 1977, pp. 40 ss.; Id., Processo civile e politica giudiziaria nel Principato, Torino, 1991, pp. 112 ss.; Williams, The publication of imperial subscripts, ZPE, 40, 1980, pp. 283 ss.
[20] Schubart W., Der Gnomon des Idioslogos, Amtliche Berichte, XLI, 1919 1920, p. 28; S. Riccobono jr., Il Gnomon dellIdioslogos, cit., p. 208; Taubenschlag, The law of the graeco-roman Egypt, cit., p. 643 nt. 123.
[23] Indirizzato al prefetto
dEgitto Aurelio Appio Sabino dal cittadino Aurelio Didimo, il documento,
alquanto lacunoso, è ritenuto da Taubenschlag un altro lasciapassare. Taubenschlag,
The law of the graeco-roman Egypt,
cit., p. 643 nt. 123:
The idea that the Romans could leave the country without the prefects
permission and
that
the
mentioned in Gnomon §. 68 are not identical with the (so Uxkull von
Gyllenband, l.c.) is, as Oxy. 2132 shows, wrong.; S. Riccobono jr., Il
Gnomon dellIdioslogos, cit., p. 209.
[26] Indirizzato al prefetto
dEgitto Aurelio Appio Sabino dal cittadino Aurelio Didimo, il documento,
alquanto lacunoso, è ritenuto da Taubenschlag un altro lasciapassare. Taubenschlag,
The law of the graeco-roman Egypt,
cit., p. 643 nt. 123:
The idea that the Romans could leave the country without the prefects
permission and that the t¦
prÕj kploun gr£mmata mentioned in Gnomon §. 68 are not identical
with the ¢pÒstoloj
(so Uxkull von
Gyllenband, l.c.) is, as Oxy. 2132 shows, wrong.; S. Riccobono jr., Il Gnomon dellIdioslogos, cit., p.
209.
[27] Arangio Ruiz, Lenigma costituzionale dellantica Alessandria, Nuova Antologia, 82, 1947, p. 59 (= Labeo, 5, 1959, p. 79 = Studi Arangio Ruiz, IV, 1977, p. 119).
[30]
D. 1, 17, 1: Ulpianus,
libro quinto decimo ad edictum. Praefectus Aegypti non prius deponit
praefecturam et imperium, quod ad similitudinem proconsulis lege sub Augusto
ei datum est, quam Alexandriam ingressus sit successor eius, licet in
prouinciam uenerit: et ita mandatis eius continetur.
[31]
Ulpianus libro primo de officio
proconsulis. Ingressum etiam hoc eum (il governatore) obseruare oportet, ut
per eam partem prouinciam ingrediatur, per quam ingredi moris est, et quas
Graeci ἐπιδημίας appellant
siue κατάπλουν obseruare, in
quam primum ciuitatem ueniat uel applicet: magni enim facient prouinciales
seruari sibi consuetudinem istam et huiusmodi praerogatiuas. quaedam
prouinciae etiam hoc habent, ut per mare in eam prouinciam proconsul ueniat
[32] Per letà repubblicana cfr. Mancuso, Brevissime note in tema di acquisto illegale della cittadinanza e di immigrazione clandestina a Roma durante la repubblica, Iuris Vincula, St. Talamanca, V, Roma, 2002, pp. 121-127.
[33]
Gnomon §. 66:
.
[34]
Uxkull von Gyllenband, Der Gnomon des Idios Logos, Berlin,
1934, p. 66, dichiara: Die Ausreise aus Ägypten, vor allem zur See, war
den staatsrechtlich bevorzugten Klassen grundsätzlich erlaubt, also
Römern, Alexandrinern und sicherlich auch den ajstoiv.
[35]
Charles-Picard, Rougè, Textes et doc. relatifs à la vie économ. et soc.
Dans lEmpire romain, Paris, 1969, p. 121 e s.
[36] Impallomeni, Plin. Epist. 10, 5; 6; 7b; 10 e la concessione dello ius quiritium a liberte latine e della cittadinanza romana a liberto egizio, Scritti Impallomeni, Padova, 1996, pp. 661-666.
[42] Montevecchi, Lamministrazione dellEgitto sotto i Giulio Claudii, ANRW, II, 10, 1, Berlin New York, 1988, p. 464.
[43]
Dittenberger, OGIS I-II, 674, l. 22
(A.Bernand, Les Portes du désert., cit,
67, l. 22):
σφραγισμοῦ
πιττακίου
ὀβολοὺς δύο. Johnson,
Roman Egypt, in Tenney Frank, An economic survey of anc. Rome, New-York,
1975, n. 345, p. 593 e s.
[46] Reinmuth, CPh., 31, 1936, p. 152 nt. 9.
[47]
Così Raschke, New studies in roman commerce with the East, ANRW, II, 9, 2,
Berlin-New-York, 1978, p. 900 nt. 990.
[48] Raschke, l.c. con lett. e testi ivi cit. Cfr. anche Montevecchi, Lamministrazione dellEgitto sotto i Giulio Claudii, cit., p. 464.
[49] Ad es.: TAM v, 1-2 (Lydia) 251, l. 6; BGU III, 809, l. 5; IV, 1155, l. 15; IV, 1167, ll. 4; 9; 14; IV, 1208, l. 5; 22; VI, 1303, ll. 18; 25; VIII, 1873, ll. 17; 21; XIII, 2353, l. 13; CIRB 836, l. 4; Caria, Aphrodisias 138, ll. 21; 25; CPR VII, 23, 1, ll. 1; 3; 5; 7; VII, 23, 3, l. 37; X, 7, l. 11; Moretti, IGUR 246, l. 10; IG 830, l. 38; P.Oxy. 48, 3429, l.8; 9; 10; 12; 13; P.Oxy. 55, 3804, l. 10; P.Oxy. 56, 3860, l. 26; P.Oxy. 56, 3868, l. 8; P. RainCent. 154, ll. 3; 4; 5; 6; P.Str. V, 325, l. 2; V, 400, l. 11; PSI III, 238, l. 9; P.Ryl. II, 122, l. 17; P.Ryl. IV, 593, l. 7; P.Sakaon 5, 2, l. 18; SB V, 8247, l. 1;
[50] P.Oxy. XIV, 1650, 1, l. 16; 2, l.. 33; P.Oxy. XIV, 1650 A, l. 7; P.Oxy. XIV, 1651, l. 17; su tali documenti v. De Laet, Portorium, cit., p. 317 ss.
[51] Manfredini, Ottaviano, lEgitto, i senatori e loracolo, Labeo, 38, 1986, pp. 7- 26.
[52] Scriptores Historia Augusta 22, 9-14: Tacendum esse non credo, quod, cum de Aegypto loquor, vetus suggessit historia, simul etiam Gallieni factum. qui cum Theodoto vellet imperium proconsulare decernere, a sacerdotibus est prohibitus, qui dixerunt fasces consulares ingredi Alexandriam non licere; cuius rei etiam Ciceronem, cum contra Gabinium loquitur, meminisse satis novimus. Denique nunc extat memoria rei frequentatae. quare scire oportet Herennium Celsum, vestrum parentem, consulatum cupit, hoc quod desiderat non licere. Fertur enim apud Memfim in aurea columna Aegyptiis esse litteris scriptum tunc demum Aegyptum liberam fore, cum in eam venissent Romani fasces et praetexta Romanorum. quod apud Proculum grammaticum, doctissimum sui temporis virum, cum de peregrinis regionibus loquitur, invenitur.
[53]
Cesare, Bellum civile III, 106, 4: Alexandriae de Pompei morte cognoscit
atque ibi primum e navi egrediens clamorem militum audit, quos rex in oppido
praesidii causa reliquerat, et concursum ad se fieri videt, quod fasces
anteferrentur. In hoc omnis multitudo maiestatem regiam minui praedicabat. Hoc
sedato tumultu crebrae continuis diebus ex concursu multitudinis
concitationes fiebant conpluresque milites in viis urbis omnibus partibus
interficiebantur.
[55] Una valutazione in Amelotti, LEgitto augusteo tra novità e continuità: una lettura della più recente bibliografia, Egitto e Storia antica. Dallellenismo alletà araba, Atti del Colloquio Internazionale, Bologna, 1987, pp. 243-9.
[56] Lo stoico Atenodoro fu il
maestro di Ottaviano ed, a prescindere dai frequenti riferimenti a temi
stoici (ad es. le api e lalveare. Pugliese Carratelli, Il regno delle api
e la domus Augusta, La Parola del passato, 212, 1983, pp. 327 ss.),
significativo è lepisodio della morte narrato da Svetonio (Aug. 99). Grimal,
Auguste et Athénodore, in Grimal, Rome. La littérature et lhistoire, II,
pp. 1147 ss.
[57] Dessau, Geschichte der römischen Kaiserzeit, Berlin, 1924, pp. 137 ss.; Draeger, Heraeus, Die Annalen des Tacitus, I, 1, Leipzig Berlin, 1917, p. 130 nt.10 (cavalieri che potevano essere senatori); van Groningen, LÉgypte et lempire. Étude de droit public romain, Aegyptus, 7, 1926, pp. 197 ss.; Levi, Lesclusione dei senatori romani dallEgitto augusteo, Aegyptus, V, 1924, pp. 231 ss. (cavalieri di rango senatorio); Id., Cleopatra e laspide, La parola del passato, 9, 1954, pp. 295 ss. (senatori); Mommsen, Storia di Roma antica, 3, Firenze, 19652, p. 693 (persone dellordine senatorio e senatori); Borneque, cit in Nicolet, Lorde équestre à lépoque républicaine, I, Paris, 1966, p. 228 nt. 3 (cavalieri di stirpe senatoria); Koestermann, Tacitus, I, Heidelberg, 1963, p. 366 e Wuilleumier, Tacite, Annales, I-III, Paris, 1978, p. 120 nt. 7 (cavalieri di censo senatorio). Cfr. Manfredini, op. cit., pp. 10 nt. 22 e p. 12 nt. 29.
[59] Geraci, jEparciva de nu§n ejsti;. La concezione augustea del governo dEgitto, ANRW, II, 10, 1, Berlin New York, 1088, p. 406.
[62]
Levi, Lesclusione, cit., p. 231; cfr. anche Huzar, Augustus, heir of the
Ptolemies, ANRW, II, 10, 1,
Berlin New York, 1988, p. 353 nt. 36; contra De Martino, op.
cit., pp. 857 ss.; Manfredini, op. cit., p. 11.
[63]
CIL III, 74 = ILS 8738 = Inscr. Philae II, 143 (C. Numosius Vala, il
legato di Varo. Cfr. Hohlwein, CE, 15, 1940, p. 263 e Raschke, op. cit., p.
901 nt. 991); CIL III, 52 = Bernard, Inscr. du Colosse de Memnon 6 (M.
Herennius Faustus); almeno un altro caso in Raschke, op. cit., p. 901 nt.
991. Cfr. anche Walton,
Oriental senators in the service of Roma: a study of imperial policy down to
the death of Marcus Aurelius, JRS, 19, 1929, pp. 38 ss.; Reynolds, Senators
originating in the provinces of Egypt and of Crete and Cyrene, Epigrafia ed
ordine senatorio, II, Roma, 1982, pp. 672 ss.
[67] Lesenzione siciliana sarebbe stata prevista, secondo Manfredini (op. cit., p. 17 nt. 44), o da Ottaviano o da Caligola (Svet., Calig. 29, che indica la persistenza dellobbligo per la Grecia).
[69]
D. 50, 1, 22, 6 (Paolo): Senatores,
qui liberum commeatum, id est ubi uelint morandi arbitrium impetrauerunt,
domicilium in urbe retinent.
[71] Hohl, Ein röm. Priz in
Aegypten Preuss. Jbb., 182, 1920, pp. 350 ss. ; De Visscher,
Un incident de secour de Germanique en Egypte, Museon, 59, 1946, pp. 261
ss.; van Ooteghem, Germanicus en Egypte, Et. Class.,
27, 1959, pp. 246 ss. (non vidi).
[72] Così si esprime Manfredini, op. cit., p. 16 nel riferirsi però al generale divieto per i senatori di uscire dallItalia. Indubbiamente Germanico era stato però autorizzato ad uscire dallItalia.
[74] Svet. Tib. 52: Quod vero Alexandream propter immensam et repentinam famem inconsulto se adisset, questus est in senatu.
[77] Norcio, Introduzione a Cassio Dione, Storia romana, Milano, 2000, p. 35 e s.
[79] Si attiene invece allopinione tradizionale in La provincia romana dEgitto, cit., p. 195, che mantiene, anche dopo la pubblicazione del lavoro di Manfredini, radicalmente rifiutandolo in La concezione augustea, cit. pp. 404 ss.
[80] Wilcken, Chrest. 413 =
P.Lond. III, 1159 contiene un testo relativo alle requisizioni di grano per
il viaggio di Germanico in Egitto; SB 3924 del 19 d.C. riferisce due editti
di Germanico per proibire arbitrarie requisizioni e rifiutare onori divini
durante la sua visita; P.Oxy. XXV, 2435 riporta il resoconto delle
accoglienze; CIL III, 12047 = XII, 406 = ILS I, 175, add. III, p. CLXX è
uniscrizione conservata ad Avignone, ma proveniente probabilmente
dallEgitto e contenente una dedica a Germanico di tre magistri Larum
Augusti. Cfr. Wilcken, Zur Germanicus Papyrus, Hermes, 63, 1927; Id., APF,
VI, 1920, pp. 286 ss.; Lehmann-Haupt, Germanicus Getreideverteilung in
Aegypten, Klio, 23, 1930, pp. 140 ss.; Wilamowitz-Moellendorff, Zucker, Zwei
Edikte des Germanicus auf einem Papyrus des Berliner Museums, Sitzungber.
der Preuss. Akad. der Wiss.,
1911, pp. 818 ss.
[81]
Koestermann, Die Mission des Germanicus im Orient, Historia, 7, 1958, p. 350
nt. 46; Henning, Zur Ägyptenreise des Germanicus, Chiron, II, 1972, p. 362.
[82] Balconi, La prefettura dEgitto di C. Galerius, Atti del XVII Congr. Intern. di Papirologia, III, Napoli, 1984, p. 1102 e s.
[83]
Westermann, Schiller, Apokrimata.
Decisions of
Septimius Severus on legal matters, New York, 1954, pp. 13 e 82 ss.
[85]
Seneca, Dialog. XII, 19 (Ad Helviam matrem de consolatione), 6: Post hoc
nemo miretur quod per sedecim annos quibus Aegyptum maritus eius optinuit
numquam in publico conspecta est, neminem prouincialem domum suam admisit,
nihil a uiro petit, nihil a se peti passa est. Itaque loquax et in
contumelias praefectorum ingeniosa prouincia, in qua etiam qui uitauerunt
culpam non effugerunt infamiam, uelut unicum sanctitatis exemplum suspexit
et, quod illi difficillimum est cui etiam periculosi sales placent, omnem
uerborum licentiam continuit et hodie similem illi, quamuis numquam speret,
semper optat. Multum
erat, si per sedecim annos illam prouincia probasset: plus est quod
ignorauit. Haec non ideo refero ut laudes eius exequar, quas circumscribere
est tam parce transcurrere, sed ut intellegas magni animi esse feminam quam
non ambitio, non auaritia, comites omnis potentiae et pestes, uicerunt, non
metus mortis iam exarmata naue naufragium suum spectantem deterruit quominus
exanimi uiro haerens non quaereret quemadmodum inde exiret sed quemadmodum
efferret. Huic parem uirtutem exhibeas oportet et animum a luctu recipias et
id agas ne quis te putet partus tui paenitere.
[86] IGR I, 1150, 2 = SB 8317; SB 7256, 3; Bastianini, Liste dei prefetti dEgitto dal 30 al 299, ZPE, 17, 1975, p. 270.
[87]
A. Stein, Die Prefekten von Ägypten in der römischen Kaiserzeit, Berna,
1950, p. 25 e p. 186 e s.; Montevecchi, Lamministrazione dellEgitto,
cit., p. 431.
[88] Borghesi con Emilio Retto; Lipsius e Letronne con Vitrasio Pollione; Lesquier con uno dei prefetti degli ultimi anni di Augusto. Cfr. Cantarelli, Per lamministrazione e la storia dellEgitto romano. II. Il viaggio di Seneca in Egitto, Aegyptus, 8, 1927, p. 91 nt. 5 e Id., La serie dei prefetti dEgitto, cit., pp. 18 e 20.
[89] Cantarelli, Per
lamministrazione e la storia dellEgitto romano. II. Il
viaggio di Seneca in Egitto, cit., pp. 89-96. Su
Seneca ed i suoi possedimenti in Egitto Stein, Untersuchungen zur Geschichte
und Verwaltung Aegyptens unter röm. Herrschaft, Stuttgart, 1915, p. 110 nt.
1 e 2; p. 113; Faider, Sénèque en Egypte, BIFAO, 30, 1931, pp. 83-87;
Parassoglou, Imperial Estates in Röm. Egypt,
Amsterdam, 1978, pp.17 ss.; Martin, P.Yale inv. 443. Une
pièce du dossier de L. Annaeus Seneca, grand propriétaire terrier dEgypte,
Chr. dÉg., 55, 1980, pp. 271-283.
[90] Come finisce per ammettere Stein, Die Prefekten, cit., p. 196 nt. 33, sostenendo però che la circostanza sarebbe comunque ininfluente. Ma le lacune nella nostra documentazione sono tali da poter considerare alquanto incauta tale affermazione.
[92] Balconi, La prefettura dEgitto di C. Galerius, cit., pp. 1099-1105.
[93] Schwartz, Préfets dEgypte sous Tibère et Caligula, ZPE, 48, 1982, 189-192 ; Bureth, Le préfet dEgypte (30 av. J.C. 297 ap. J.C .), ANRW, II, 10, 1, Berlin New York, 1988, p. 498; Bastianini, Il prefetto dEgitto (30 a.C. 297 d.C.), pp. 504 e 516.
[94] Per esempio, quando Emilio Retto, il quale aveva mandato dallEgitto (la regione in cui costui era prefetto) una somma superiore a quella stabilita. (Tiberio) di ritorno gli inviò questo messaggio: Voglio che le mie greggi vengano tosate, non scorticate].
[96] Svet. Tib. 32, 2: ...praesidibus onerandas tributo prouincias suadentibus rescripsit boni pastoris esse tondere pecus, non deglubere; Oros. VII, 4; Joann. Antioch. fr. 79,2; Suida v. Tiberios 552, 5.
[99] Si è a lungo discusso se lOriente comprenda o meno lEgitto. Henning, op. cit., pp. 354 ss. e la lett. ivi cit.
[100]
Tacito, Annali II, 60: ...sed
Germanicus, nondum comperto profectionem eam
incusari Nilo subvehebatur...
[101] Questa, Il viaggio di Germanico in Oriente e Tacito, Maia, IX, 1957, p. 328.
[102] Costabile, Le Res Gestae di C. Cornelius Gallus nella trilingue di Philae. Nuove letture ed interpretazioni, MEP, IV, 2001, 6, pp. 297-330.
[103] Donadoni, Il re dEgitto, La Parola del Passato, IV, 1949, pp. 46 ss.
[104] Tacito, Annali II, 59: Tiberius...acerrime increpuit quod contra instituta Augusti non sponte principis Alexandriam introisset.
[105]
Plinio, Nat. Hist. XIX, 3:
...ut Galerius a freto Siciliae Alexandriam septimo die pervenerit...