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Il tempo e il luogo dellactio prima della sua
riduzione a strumento processuale
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308, | 33
<Quadruplatorem dictum ait Aelius G>allus 34 < qui eo quaestu se tuebatur, ut eas res persegue> 35 < retur, quarum ex legibus quadrupli erat > actio 36 <actio>nibus |
310, | 1
<testa>menta 2 <testimo>nio est 3 abant 4 ab eo 5 es in 6 <divinis rebus per>fectis 7 que licto 8 r populo 9 <comi>tia ca 10 <lata> omen legum 11 populi do 12 <Q. R. C. F. Quandoc Rex co>mitia sit 13 <fas> <i>n honorem 14 <feriis> menstruis scrip 15 <tis> Rege dicuntur. 16 <scriptori>bus traditae sunt. 17 r pars ante 18 <rior> Posterior 19 si quis alius pro Rege 20 <sacr a faciat ut pon>tifex, tum is dies 21 <F. est.> |
Fest. Paul. L. 309, 11 13; 311, 1 3. | |
309, | 11
Quadruplatores dicebantur, qui eo quaestu se tuebantur, 12 ut eas res persequerentur, quarum ex legibus quadrupli 13 erat actio. |
311, | 1
Quandoc rex comitiavit fas, in fastis notari solet,
et boc 2 videtur significare, quando rex sacrificulus divinis rebus 3 perfectis in comitium venit. |
Poiché qui si parla di lictor, in 310,8
e in 310,11 di populus e in 310,10 di
leges, si può integrare anche
310,9 10: <comi>tia
ca<lata>
Fino a questo punto Festo doveva svolgere il lemma con riferimento alle actiones, e specialmente, ai testamenta, come pronunzie consentite nel fas dei dies QRCF e doveva spiegare il significato di `comitiavit' in rapporto alla convocazione, previo sacrificio, dei comitia curiata, che sono `calata' mediante il lictor curiatus. (46) Di questi comizi doveva ricordare anche l'attività legislativa. Nel seguito
in
310,12 è errata l'integrazione di Lindsay
<QRCF Quandoc co> e si può
integrare solo <co>mitia sic
(che si legge invece di `sit');
in 310,13 si può integrare solo <i>n
honorem;
in 310,14 <feriis> menstruis scrip<tis>;
in 310,15 si legge, infatti, ` rege':
si ricordi la notizia di Varr. l.l. 6,28
sulla editio delle feriae menstruae,
da parte del rex, in sacris nonalibus;
in 310,16 si può accogliere l'integrazione
<scriptori>bus traditae
sunt;
in 310,17 18 si può integrare ante<rior>;
in 310,19 21 si quis alius pro rege
<sacra faciat ut pon>tifex, tum is
dies <F. est.>.
Il tratto probabilmente riguardava una equiparazione, in ragione della carica del rex, ai dies QRCF delle nonae, secondo l'opinione tradita da scriptores per i quali in quei giorni, destinati alla editio delle feriae menstruae, la pronunzia del rex dinanzi all'assemblea, dopo il sacrificio dei sacra nonalia, doveva cadere nel fas nella parte posterior del dies. Ecco la traccia, cui avevamo accennato, (47) di un regime delle nonae analogo a quello dei dies QRCF. Analogamente, anche nelle kalendae, delle quali parla Varr. 1.1. 6,27 (cfr. Macrob. Sat. 1,15,10), (48) il sacrificio doveva ritenersi il momento del passaggio dal nefas al fas e poichè in questo caso la successiva pronunzia delle nonae dinanzi all'assemblea è fatta dai pontefici (o dal pontifex minor), si può spiegare come il lemma di Festo si concluda con l'equiparazione del sacrificio compiuto dal pontifex (cui haec provincia delegabatur) a quello compiuto dal rex.
13. Luogo dell'actio. Anche il luogo generalmente
coincide in tutte le manifestazioni dell'actio.
Un indizio è dato dal nome che indica il sita occupato
dal magistrato. Questo è detto tribunal tanto
per l'attività giurisdizionale che per 1'agere
cum populo (oltre che per le attività connesse
al comando militare) (49)
II tribunal è costituito da un luogo elevato,
da un suggesto: fino ad età relativamente recente
da quelli che, a partire dal 338 a.C., furono chiamati
rostra e che furono la sede del magistrato nell'agere
cum populo. Era vicino il puteal di Atto
Navio,
che le fonti indicano come la prima sede destinata alla
iurisdictio. (50)
Può darsi che si tratti dello stesso sito. (51)
In ogni caso, secondo la tradizione, il rex prendeva
posto anche per lo svolgimento dell'attività giurisdizionale
nel luogo nel quale si svolgeva l'agere cum populo.
La notizia si trae da Dion. Hal. 2,29,1, che dice
che Romolo fissò il tribunale, dove sedeva in giudizio,
nel più visibile luogo del comizio (en toi phanerotatoi
tes agoras). (52)
Lo stesso Dionigi (2,50,2) indica questo luogo:
(Romolo e Tito Tazio) `costruirono il comizio... qui (i
Romani) tenevano le assemblee, trattando gli affari (chrematizontes)
nel piccolo tempio di Efesto, che si trova sopra il comizio'
(v. Gell. N.A. 4,5,1 5 locus editus),
vicino ai rostra (Dion. Hal. 1, 87, tes
agiras
en toi kratistoi chorioi para tois embolois).
Nello stesso sito Dionigi dice che era stata eretta una
stele (3,1,2), la stessa, forse, recante un'iscrizione
in caratteri greci, di cui parla in un altro passo (2,54,2).
(53)
In conclusione, secondo la tradizione, il tribunal
dovette avere originariamente sede su un rialzo naturale
della zona dove fu costruito il comizio, nel luogo in
cui fu situato il Volcanal, vicino ai rostra,
e nel quale sorgeva una stele con iscrizione in caratteri,
probabilmente latini arcaici.
In questo luogo Dionigi dice che il re svolgeva l'attività
giurisdizionale, ma usa anche una espressione (chrematizontes)
che lascia aperta la possibilità che ivi si compissero
anche le attività negoziali. E, infatti, noi abbiamo
visto come nel comizio si compissero almeno la adrogatio,
il testamentum calatis comitiis, la solutio
per aes et libram; la manumissio vindcta e
la in iure cessio. (54)
V'è qualche indizio nelle fonti che ivi si compissero
anche il nexum e la confarreatio (e l'atto
contrario). (55)
Ma nel comizio, come vedremo, (56)
si compivano probabilmente tutti gli atti che richiedono
la testimonianza dei quirites.
14.
La tradizione è confermata dalla archeologia. Sulla
base delle ricerche del Coarelli, (57)
si può stabilire con certezza il luogo in cui si
svolgeva generalmente l'actio, in tutte le manifestazioni,
e si possono individuare i monumenti eretti in questo
luogo in vista, appunto, di questa funzione.
Consideriamo la zona sud orientale del comizio (Fig.
1 e, per i particolari, Fig. 2), ove si trovano il niger
lapis e i monumenti sottostanti, collegabili alle
più antiche pavimentazioni del comitium.
Al pavimento II (databile per il Coarelli (58)
intorno alla metà del VI secolo o poco prima) si
connette il cippo arcaico con l'iscrizione (Fig 2; A).
È coeva la stipe votiva.
Al pavimento III (fine VI sec. metà V sec.)
si collegano il suggesto C, corrispondente ai più
antichi nostra e la piattaforma D, che doveva già
ospitare un monumento simile a quello (G) che lo sostituì
sul pavimento IV (seconda metà del IV sec.).
La situazione attuale (Fig. 3) mostra il monumento G e,
da un lato, dietro un tronco di colonna, l'adiacente cippo,
dall'altro la zona dei rostra.
Il monumento G è un'ara e un'ara doveva essere
il monumento precedentemente esistente al suo posto. (59)
Dunque, nella prima metà del VI sec. (sotto il
regno di Servio Tullio, secondo le date tradizionali),
in questo luogo del comizio sorgeva un santuario (il cippo
e la stipe votiva sono da collegare alla sua fondazione).
15.
I monumenti considerati costituiscono un complesso unitario.
È chiara la connessione dell'ara con la piattaforma
adiacente e del cippo con l'ara. Lo si desume non solo
dalla contiguità spaziale, ma anche dalla conservazione
del cippo al momento della ricostruzione dell'ara e dal
fatto che l'ara ha mantenuto la posizione precedente.
Alla unità strutturale deve corrispondere l'unità
funzionale.
La tradizione indica non solo l'unità strutturale
(poiché connette il tempio sul comizio il
Volcanal ai rostra e ricorda in esso
una stele), ma anche l'unità funzionale.
Dion. Hal. 6,67,2 dice infatti che il Volcanal
serviva da tribunal e in 6,17,2 e 11,39,1, in particolare,
per convocare l'assemblea. (60)
Ed è perciò che nel comizio (che era forse
un templum per il suo orientamento e le tracce
di una forma quadrilatera circoscritta), (61)
vicino alla piattaforma poi detta rostra, da cui
il rex doveva indirizzare i comandi al suo aiutante,
esisteva un'ara. Era l'ara che serviva al sacrificio necessario
per la convocazione.
16. Se anche il cippo si connette funzionalmente all'ara,
la conferma dovrebbe essere data da quel che può
decifrarsi dai residui dell'iscrizione.
Vediamo ciò che è certo, ciò che
è probabile e ciò che è semplicemente
possibile riguardo alla lezione del testo e alla sua interpretazione.
CIL
I 1
quoi hon[
2
] sakros es
3
ed sord[
II 4
]a ias
5 recei io[
6
] evam
7 quos re[
III 8
]m kalato
9
rem hab[
10
]tod iouxmen-
11
ta kapia do tau[
12
m i ter pe[
IV
13 ] m quoi ha
14
velod neq(.)u[
15
]iod iovestod
V 16
loivqviod qo[
Quanto
alla lezione, è certo, in l.1: quoi (= qui);
in ll. 2 3 sakros esed (= sacer sit);
in 1.5: recei (= regi); in ll.
8 9: kala torem ( = calatorem);
in ll. 10 11: iouxmenta ( = iumenta);
in l.13 quoi ( = qui); in l.15
: iovestod (= iusto).
E, invece, probabile in l. 1: hon (= hunc);
in 1.3: sord (= sor des); in ll.
9 10: habetod (=habeat); in l.16 (per
me certo o, almeno, altamente probabile): loiuquiod
(= licio). (62)
E, invece, possibile in l. 6: devam (=
divinam); (63)
in l. 11: kapia do taura (= capita duo taura);
(64)
in ll. 13 14: havelod (= avillo: agno recentis
partus); (65)
in l. 16: qo (come prime lettere di una forma verbale
da 'comitiare' con la quale si chiude il testo).
Quanto alla interpretazione, risulta chiaro che il testo,
nel suo complesso, costituisce una lex arae. Essa
contiene, nella parte iniziale (ll. 1 3,4) la minaccia
della sanzione della sacertà per chi violi il cippo
o il luogo e, probabilmente una sanzione diversa per chi
lo insozzi. Segue (11.5 14) una serie di disposizioni
relative alle modalità del sacrificio (res divina).
E probabile che esse abbiano per destinatario
il re stesso (perciò il dativo recei),
(66)
del quale si dice che deve avere un calator,
che avrà proceduto alla convocazione dell'assemblea
in vista dell'esecuzione del sacrificio. (67)
Riguardo a questo sono indicati gli animali da sacrificare
(una coppia aggiogata di tori: iouxmenta duo tanta
e forse un giovane agnello). Tutto questo in vista
del risultato dell'atto compiuto ritualmente, che è
un comitiare, ossia un riunire i quirites mediante
un'assemblea (litio), che è qualificata giusta
(iusto) proprio per il compimento delle
formalità rituali. (68)
La conferma è data da ciò che sappiamo dalla
Lex arae Dianae in Aventino. Essa è coeva
(essendo stata dettata da Servio Tullio) e Dionigi (4,26,3 5)
dice che era scritta in caratteri greci (rectius:
latini arcaici), come quelli della stele sita nel Volcanal.
Il testo conteneva prescrizioni relative alla convocazione
e allo svolgimento successivo di attività giurisdizionali.
Del resto, anche le leges arae a noi pervenute,
alle quali la lex arae Dianae in Aventino servì
da modello, contengono prescrizioni relative ai sacrifici.
17. Un'ultima conferma può essere data dal fatto
che, secondo la tradizione, la tomba di Romolo è
localizzata nei (o vicino ai) rostra, mentre un'altra
tradizione, che si collega alla scomparsa di Romolo, considera
il niger lapis un luogo funesto, come destinato
alla morte di Romolo. La scomparsa di Romolo avviene,
d'altra parte, durante un'assemblea popolare, tenuta nel
comizio (o nel Campo Marzio) e Romolo si trasforma in
Quirino. (69)
Questa è forse la chiave per intendere la ragione
per cui il ricordo di questi luoghi ritorna insistentemente
nel racconto leggendario. Quirino è, secondo l'etimologia
più probabile (co-virinos), il dio dei quirites
(co-virites), ossia degli uomini delle
curie, che formano il populus riunito in assemblea
(anche l'umbro Vofonius è il dio della comunità).
È perciò che Romolo, secondo Liv. 1,8,1,
trasforma la `multitudo' `in unius populi corpus',
dandole iura, dopo averla chiamata ad concilium,
previo il compimento di un sacrificio. Romolo è
il fondatore, della comunità, che ha chiamato in
assemblea dal tribunal (poi rostra) neI
comitium, previo un sacrificio compiuto nel Volcanal.
Quirino, in cui Romolo si trasforma, sublima la funzione
di creatore della comunità organizzata e ne tutela
la funzione (70)
18. Questa funzione il Magdelain l'ha visto (71)
non riguarda solo il diritto pubblico, ma anche
i1 diritto privato ed il processo. Qui è evocata
nell'espressione `ex iure quiritium'. I
quirites, come si è visto, sono chiamati come
testimoni dellatto e perciò, nel senso più
antico, per approvarlo, sia pure tacitamente, oltre che
per assicurarne la prova e la pubblicita. (72)
Il Magdelain (73)
si accorge che questa funzione di garanzia dei quirites
nel processo e nell'attività negoziale è
analoga a quella esplicata nelle assemblee popolari e
arriva a sostenere che, al limite, la comunità
deve ritenersi presente (come lo è, ad es., durante
il processo di Virginia, cui assiste la civitas in
foro), poiché teoricamente la partecipazione
all'assemblea in tutti questi casi è necessaria.
Questo è ancora più vero per le origini,
quando la comunità può partecipare sempre,
perché è convocata, a tutte le manifestazioni
dell'actio.
Vi partecipa, perché 1'actio è pronunzia
rituale dinanzi ai testimoni (nuncupatio), che
sono i quirites. La lex, che è questa
pronunzia, poiché avviene dinanzi al popolo, è
publica, nel senso antico, più su visto,
(74)
di pronunzia resa davanti al popolo, anche se promani
dal privato. L'atto è unilaterale, ma è
compiuto agli occhi di tutti. Se nessuno si oppone, la
comunità deve garantirlo.
19. Ora appare chiaro come le modalità di tempo
e di luogo dell'actio non siano espressione di
un'esigenza imposta da mero formalismo, ma valgano ad
assicurare un requisito fondamentale della pronunzia:
che essa si compia dinanzi all'assemblea. Il momento individuale
(lex) e il momento sociale (publica)
si saldano nella dimensione temporale e spaziale del rito
comiziale. Dalla convocazione dell'assemblea, più
precisamente dal sacrificio, si apre, nel luogo dell'assemblea,
il comitium, il tempo in cui è fas,
in cui, perciò si può procedere alla pronunzia
di una lex publica.
Questo tempo, questo luogo sono comuni a tutte le manifestazioni
dell'actio. Esse costituiscono un'esperienza unitaria.
Il comitium e il fas rappresentano il focus
spaziale e temporale di questa esperienza.
© Raimondo Santoro
Note:
1 Queste
pagine costituiscono il testo della conferenza tenuta nell'Institut
de droit romain de l'Université de Paris il
16 dicembre 1988. Esse sono destinate agli Studi in onore
di Salvatore Puleo, la cui pubblicazione è stata
ritardata da ragioni varie: Ho aggiunto qualche nota, rinviando
ad altra occasione la dimostrazione più estesa delle
tesi qui proposte.
Actio in diritto antico, Poteri Negozia Actiones nella
esperienza romana arcaica, Atti del 1 Convegno di diritto
romano (Copanello, 12 15 maggio 1982) 201 ss.
2 Così
TALAMANCA, Enciclopedia del diritto XXXVI (1987),
5, nt. 29 e già Atti Copanello I (1982), 248
ss., che non tiene conto della mia replica, ivi, 259.
3 E,
invece, la tendenza è a fare del processo una nozione
metastorica, con la conseguenza che, come non si intende
l'esperienza originaria, nella quale tale nozione non è
ancora percepita, così non si coglie il senso dell'esperienza
successiva, nella quale essa comincia ad operare come momento
della trasformazione. Rappresentazione non meno falsa danno
quanti restano legati all'idea che il processo sarebbe nato
dal superamento del regime originario della violenza privata.
Contro l'una, come contro l'altra teoria sarebbe già
decisiva la considerazione dei caratteri della cultura primitiva,
quale si è sviluppata in un sistema di oralità
primaria. In questo quadro, sul quale basta qui rinviare
ad Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della
parola (tr. ital., 1986), si spiega l'atteggiarsi dell'actio
secondo le connotazioni indicate nel testo e la connessa
impossibilità di un originario manifestarsi, come
momenti distinti dell'esperienza giuridica, del diritto
e del processo.
4 V.
già quanto scrivevo in Potere ed azione nell'antico
diritto romano, Ann. Palermo 30 (1967), 103 ss., passim
e, specialmente, 610; Actio, cit., 201; 215 ss.
5 Su
questi caratteri della legis actio v. Potere ed
azione, cit., 308 ss.; Actio, cit., 214 s.
6 Actio,
cit., 216 ss.
7 Ciò
deve ammettersi, per il luogo, in ragione, almeno, della
manus iniectio vocati, se costituisce una legis
actio (per altre leges actiones estragiudizialí
v. Potere ed azione, cit., 201 [200], nt. 21); per
il tempo, in ragione della legis actio per
pignoris capionem. Ma qui può trattarsi di
possibilità riconosciuta in via interpretativa solo
in progresso di tempo: v. il mio intervento sulla relazione
tenuta da Bona al IV Convegno di diritto romano (Copanello,
1988).
8 Secondo
i risultati dei calcoli della KIRSOPP MICHELS, The Calendar
of the Roman Republic (1967), 34 s.
9 È
in questo atto che emerge la funzione di partecipazione
attiva del popolo. Sul compimento dinanzi al popolo degli
atti nel cui formulario è contenuta l'espressione
ex iure quiritium v. infra, §
18. Per la presenza di tale espressione nella formula pronunziata
dal familiae emptor v. Potere ed azione, cit.,
391 (389), nt. 4.
10
Gell., N.A. 20,1,46 47.
11
Si può argomentare in questo senso anche da Dion.
Hal. 7, 58, 3 e Rutil. ap. Macr. Sat. 1, 16,
34. Successivamente le nundinae dovettero essere
dichiarate dies nefasti (v. Fest. 176, 24, s.v. nundinas),
per poi tornare ad essere riconosciute come dies fasti
(nel più ristretto senso moderno) dalla lex Hortensia.
12
STEIN, St. Volterra, 2 (1971), 313 ss.; cfr., per la solutio
per aes et libram, Liv. 6, 14, 5: rem creditori palam
populo solvit libraque et aere liberatum emittit.
13
MOMMSEN, Die roem. Cronologie (1859), 241 ss. V.
Gai 2, 201: ... aut calatis comitiis bis in anno testamenti
f aciendis destinata erant.
14
Varr. 1.1. 6,32 Dies qui vocatur `quando stercum delatum
fas', ab eo appellatus, quod eo die ex aede Vestae stercus
everritur et per Capitolium clivum in locum defertur certum.
15
Varr. 11 6,31: Interci[n]si dies sunt per quos mane et
vesperi est nefas, medio tempore inter hostiam caesam et
exta proiecta fas; a quo quod fas tum intercedit aut eo[s]
intercisum nefas, intercisi[m]...
16
URSINUS: ` itat'. Ma il significato di ` itat'
è ` viene spesso' e non si accorda bene con
` venit' di Fest. Paul. 311, 1 3, su cui dovrebbe
appoggiarsi.
17
MOMMSEN: `it', che però è troppo lontano
paleograficamente.
18
HIRSCHFELD: `litat'. La correzione è meglio
fondata su 'divinis rebus perfectis' di Fest. Paul.
311, 1 3. Ma il 'comitiavit' della sigla può
richiamare semplicemente l'idea di un momento del sacrificio
come la litatio ? Cfr. CIPRIANO, Fas e
nefas (1978), 110 s.
19
PAOLI, REA 56 (1954), 125 ss. e già RHD
30 (1952), 293 ss.
20
La distribuzione dei giorni nefasti nei diversi mesi (0
in gennaio; 14 in febbraio; 1 in marzo; 14 in aprile; 4
in maggio; 10 in giugno; 9 in luglio; 0 in agosto e solo
6 nel resto dell'anno, secondo la Kirsopp Michels) non corrisponde
alle pratiche agrarie.
21
MAGDELAIN, RHD, 58 (1980), 5 ss.
22
Varr. l.l. 6, 28 Nonae appellatae aut quod ante diem
nonum idus semper, aut quod, ut novus annus kalendae Ianuariae
ab novo sole appellatae, novus mensis (ab) nova luna nonae;
eodem die [enim] in urbe(m) (qui) in agris ad regem conveniebat
populus. Harum rerum vestigia apparent in sacris nonalibus
in arce, quod tunc ferias primas menstruas, quae futurae
sint eo mense, rex edicit populo.
23
Varr. l.l. 6, 29: ... dies fasti, per quos praetoribus
omnia verba sine piaculo licet fari; ... contrarii horum
vocantur dies nefasti, per quos dies nefas fari praetorem
`do, dico, addico '; itaque non potest agi: necesse est
aliquo uti verbo cum lege quid) peragitur; 6,53 Hinc fasti
dies, quibus verba certa legitima sine piaculo praetoribus
licet fari; ab boc nefasti, quibus diebus ea tari ius non
est et, si fati sunt, piaculum f aciunt.
24
V. infra, § 12.
25
VON BLUMENTHAL, Rhein. Mus. N.F. 87 (1938), 271 ss.
26
Il testo, per quel poco che si può ancora leggere,
doveva contenere la critica dell'opinione secondo cui la
sigla QRCF doveva svolgersi in quando rex
comitio fugerit
27
VON BLUMENTHAL, op. cit., 272.
28
V. il testo supra, nt. 22.
29
SANTALUCIA, Atti del II convegno di diritto romano (Copanello,
1984), 247 ss.
30
V. i testi in PALMIERI, Synteleia Arangio Ruiz 1 (1964),
521 ss. (che li considera interpolati) e in FERNANDEZ DE
BUYAN, Est. Iglesias I (1988), 197 ss.
31
Ciò non è contraddetto dal fatto che,
come vedremo (infra, § 11), Varrone, nel dire
` itaque post id tempus lege actum saepe' si riferisce
alla legis actio successivamente sviluppatasi in
funzione di processo civile. Questa caratterizzazione non
gli impediva di pensare che la pronunzia del rex
si immettesse in un più ampio concetto di legis
actio, intesa come pronunzia solenne anche non giurisdizionale,
il che spiega il comune legame con il fas della pronunzia
del rex e di quella del magistrato giurisdizionale.
In Varrone v'è una tensione tra il valore più
ampio di lege agere (aliquo uti verbo; ius dicare
del rex) e il valore più ristretto, compreso
nel primo, di lege agere; (pronunzia dei tria
verba legitima; ius dicere del magistrato; forse, definizione
dei giorni fasti come di quelli che attengono alle res
privatae: Varr. ap. Macr. Sat. 1,16,27).
La stessa tensione si manifesta nel contrasto tra i plerique
che riconoscono alla pignoris capio la natura di
legis actio e 1a minoranza che la nega (Gai. 4,29).
Anche la minoranza, in fondo, ammette il valore di legis
actio come pronunzia solenne e, infatti, se nega tale
qualifica alla pignoris capio, lo fa per ragioni
diverse (mancanza di contraddittorio; del magistrato; del
tempo fasto) che riguardano l'assenza di caratteri processuali.
In seno alla legis actio si individua un valore più
propriamente processuale.
32
Cfr. CIPRIANO, op. cit., 115.
33
Cfr. Varr, 11 6,27 ...Primi dies mensium nominati kalendae,
quod bis diebus calantur eius mensis nonae a pontificibus,
quintanae an septimanae sint futurae, in Capitolio, in curia
Calabra sic dicto quinquies `kalo Iuno Covella' (Novella?),
septies dicto `kalo Iuno Covella'.
34
V. Varr. l.l. 6, 94 Quare non est dubium, quin
hoc inlicium sit... Tale forma avrebbe come esito un
insostenibile doppio accusativo nella formula ... voca
in licium omnes quirites... di Varr. l.l. 6,
88. Cfr., del resto, il parallelismo con l'espressione '
voca ad conventionem ', su cui v. anche, quantunque
imprecisa, la testimonianza di Fest. Paul. 100, 11 In
licium vocare antiqui dicebant ad conventionem vocare.
35
V, infra, § 8.
36
Per tracce della recinzione del templum nella zona
del comizio (è il comizio, come vedremo, fondamentalmente
il luogo dell'actio) v. COARELLI, Il foro romano,
I (1983), 140 s.; II (1985), 126 ss., con lett. Per
il termine licium, v., tuttavia, in senso
non conforme, le analisi linguistiche in ERNOUT MEILLE.T,
Dictionnaire étymologique de la langue latine4
(1959), 347, s.v. lanx.
37
Le fonti riportano il primo intervento di un cittadino addirittura
agli inizi della repubblica, con Sp. Lucrezio, suocero di
Collatino (o C. Minucio): v. Dion. Hal. 5,11,2; Plut. Publ.
3,3. Sul punto v. BOTSFORD, The Roman Assemblies
(1909), 145. L'episodio precedente di Giulio Proculo (Liv. 1,16,5; Cic. rep. 2,10,20) ha carattere diverso,
trattandosi di un annuncio all'assemblea (ciò contro
BOTSFORD, op. cit., 145, nt. 4).
38
MAGDELAIN, MEFRA 96 (1948), 219 ss.; cfr. infra,
§ 18.
39
Sul testo v. Actio, cit., 208 s.
40
Gell. N.A. 15,27,1. In libro Laelii Felicis Ad Q. Mucium
primo scriptum est Labeonem scribere ` calata' comitia esse
quae pro conlegio pontificum habentur, aut regis aut flaminum
inaugurandorum causa. 2. Eorum autem alia esse curiata,
alia centuriata; curiata per lictorem curiatum calari, id
est convocari; centuriata per cornicinem. 3. Isdem comitiis,
quae `calata' appellata diximus, et sacrorum detestatio
et testamenta fieri solebant. Tria enim genera testamentorum
fuisse accepimus: unum, quod calatis comitiis in populi
concione fieret, alterum in procinctu, cum viri ad proelium
faciendum in aciem vocabantur, tertium per familiae emancipationem,
cui aes et libra adhiberetur. Sul primo punto v. specialmente
ALBANESE, Atti Copanello I (1982), 112 ss.
41.
V. Actio, cit., 212 ss.
42
Op. cit., 214.
43
V. in fra, § 16.
44
V. supra, § 6.
45
V. GIOFFREDI, Diritto e processo nelle antiche forme
giuridiche romane (1955), 69 ss.
46
Sull'impiego del lictor curiatus v. Gell. N.A.
15,27,2 (supra, nt. 40).
47
V. supra, § 3.
48
V. supra, p. 291 e nt. 33.
49
V. PERNICE, ZSS 14 (1893), 138 ss.
50
V. GIOFFREDI, SDHI 9 (1943 ), 246 ss.
51
Sul punto v. diversamente GIOFFREDI, op. cit., 249
ss.; COARELLI, Il foro romano II (1985), 28
ss.
52
Dionigi si riferisce alla giurisdizione criminale, ma per
lui la distinzione tra giudizi pubblici e privati è
successiva.
53
Su questi testi v. COARELLI, Il foro romano,
I (1983), cit., 162 ss.
54
V. supra, § 2.
55
Quanto alla confarreatio, si può argomentare
dal fatto che essa richiedeva un sacrificio e la presenza
del flamen dialis e del pontefice; quanto al nexum,
dal fatto che vicino al puteal di Atto
Navio, in età più recente, svolgevano la loro
attività i faeneratores (v. GIOFFREDI,
op. cit., 259 ss.).
56
V. infra, § 18.
57
V. COARELLI, op. cit., 161 ss.
58
COARELLI, op. cit., 130; 172..
59
COARELLI, op. cit., 172, con riferimento ai risulti
del Castagnoli.
60
Su questi testi, nel senso riferito, v. COARELLI, op.cit.,
163 s.
61
V. ultimamente COARELLI, op. cit., 140, con
lett. precedente; cfr. ante, p. 293 e nt. 36
62
La prima v reca un segno nel mezzo, che incide
il lato destro. Essa è da ritenere una indicazione
di cancellatura dell'erronea anticipazione della seconda
v: v. GOIDANICH, Mem. Acc. It.: serie VII,
vol. III, fasc. 7 (1943), 428, con lett. 63
CECI, Notizie degli scavi (maggio 1899), 28, 38 s.
64
PALMER, The King and the Comitium (1969), 10 ss.
65
PALMER, op. cit., 24
66
Potrebbe alludervi la notizia di Tac. Ann. 3,26,4
Sed praecipius Servius Tullius sanctor legum fuit, quis
etiam reges obtemperarent.
67
Giusta, da un lato, l'etimologia del termine e, dall'altro,
le funzioni residuali in età storica. Può
essere significativo, a quest'ultimo riguardo, Serv. ad
Georg. 1,268
pontifices sacrificaturi praemittere
calatores suos solent. Sulla funzione del calator
e sul suo rapporto con il lictor curiatus v.
MAZZARINO, Dalla monarchia allo stato repubblicano
(1945), 206 ss.
68
Su questo significato di iustus v. Potere ed azione,
cit., 153 ss.
69
Argomenta da ciò COARELLI, op. cit.,
188 ss.
70
Cfr., con richiamo a Liv. 1,8,1, PORTE, ANRW 17,1
(1981), 324.
71
MAGDELAIN, MEFRA 96 (1984), cít., 221 ss.
72
Su questa funzione globale originaria della prova, già
richiamata supra, § 8, v. Potere ed
azione, cit., 357, con lett.
73
MAGDELAIN, op. cit., 223.
74
V. supra, § 2.