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Maurizio Carta
Smart Politics. Nuova leadership nell'era della followship

Keynote Speech del XI Stage di alta formazione politica, Palermo, 27 agosto - 2 settembre 2012

"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!" scriveva Dante nel Purgatorio (Canto VI), ed è singolare che a distanza di secoli, nel pieno della "tempesta perfetta" - secondo la definizione di Nouriel Roubini - generata da una crisi finanziaria, economica e politica senza precedenti per virulenza, estensione ed interconnessione, le parole risuonino profetiche. Ed è ancora più singolare il fatto che il termine dispregiativo finale sia lo stesso usato due anni fa dall'Economist per immaginare una nuova geografia europea distinta tra paesi virtuosi ad economia - e guida - forte e paesi viziosi "senza nocchiero" e destinati ad un inesorabile declino poiché incapaci di guidarsi fuori dalle onde, anzi persino voluttuosamente attratti dal gorgo.
L'Italia odierna è attraversata da una crisi economica che ne morde gli organi vitali, il tessuto produttivo delle PMI e dei distretti che hanno fatto la nostra fortuna - ricordate la Terza Italia? - , dissolve il sistema creditizio e fa evaporare il capitalismo di stato, soffoca talenti e comprime speranze. In questo scenario, il paese appare incapace di trovare nelle culture politiche tradizionali un riferimento forte per tenere la barra dritta, non solo per uscire dalla tempesta, ma soprattutto per sapere dove approdare per iniziare un nuovo cammino. Lasciate le acque costiere di uno sviluppo in debito, dopato da una finanza pubblica considerata illimitata, rischiamo di infrangerci sulle scogliere dell'antipolitica consentendo così il prepotente riemergere di antichi vizi nazionali, o di avvitarci nel gorgo della recessione che distrugge potenzialità in maniera indifferente, senza distinguere i campioni dalle riserve.
Oggi più che mai la cultura del progetto, l'etica del risultato e il rigore del processo devono alimentare la visione di futuro, in particolare nel Mezzogiorno, storicamente indulgente con le proprie debolezze e maggiormente incline nel mare in tempesta ad aggrapparsi ad un relitto o alla provvidenza piuttosto che rinforzare la nave e stringere le vele. Tuttavia lo scenario a breve termine mostra, piuttosto che la voglia di progetto, la tentazione anarchica - e consolatoria - della frammentazione, della confusione sempre più diffusa fra pubblico e privato, piuttosto che una sana e rigorosa compartecipazione nell'interesse collettivo. Per uscire dalla crisi serve una spinta eruttiva che faccia emergere le nostre virtù superando la coltre di vizi e di errori che le ha soffocate negli anni.
Invece assistiamo preoccupati, ma non inattivi, alla scomposizione sociale ed alla polverizzazione delle esperienze spacciata per democrazia dal basso, che, in un contesto che aggrava la cronica riluttanza a far sistema e in assenza di guide riconosciute e riconoscibili, si scaricano sulla necessità di visione, di metodo e di progetto sui quale si misura la promessa di futuro. Si rende necessario, quindi, non solo la ricomposizione del sistema e la riproposizione di una scala di valori che tengano conto delle nuove sensibilità, ma soprattutto di nuove guide, di abili "nocchieri" che non solo sappiano governare la nave, ma che posseggano nuove mappe per tracciare nuove rotte capaci di condurci ad un futuro migliore. Insomma una nuova cultura della leadership che si faccia progetto politico per la democrazia italiana del terzo millennio.

Se tracciare nuove mappe è l'ambizione verso cui dobbiamo tendere, allora di nuovi occhi abbiamo bisogno, di rinnovati strumenti di analisi del contesto e di diagnosi delle contingenze, nonché di nuovi protocolli di intervento.
Assumendo come tradizione l’ambizione di contribuire a forgiare nuovi strumenti per la rinnovata classe dirigente, l’XI Stage di formazione socio-politica della Libera Università della Politica, fondata da Padre Ennio Pintacuda S.J. e ancora oggi impregnata del suo Dna politico, culturale e civile, pur nel rinnovo della sua dirigenza, intende contribuire alla “rigenerazione della politica” – come ha ammonito il Presidente della Repubblica – approfondendone i connotati operativi partendo dalla comprensione dei nuovi orizzonti verso cui la cultura politica dovrà tendere.
Siamo sempre più immersi nella società della conoscenza, della creatività e dell’innovazione, oggi universalmente considerati come i fattori principali della competitività, veri fattori anti-ciclici alla crisi che ha travolto i protocolli di sviluppo capitalistico. E ciò richiede processi di creazione, diffusione e ricambio delle conoscenze. Richiede un flusso costante, poderoso e pervasivo di conoscenza, di scambio di informazione, di valutazione istantanea degli effetti delle azioni di governo. L’innovazione non ha confini, l’innovazione riguarda ogni aspetto della realtà delle organizzazioni e opera come "agente mutageno" della società, e impone un cambio di paradigma a chi assume la responsabilità di governo sotto il segno di una rinnovata leadership.
Dalle economie globali a quelle locali e ritorno: è questa la sfida che oggi viene proposta alle leadership di tutto il mondo, siano che governino stati, sia che guidino città, sia che gestiscano imprese. Non più la sterile contrapposizione tra globale e locale, oggi profondamente interconnessi dalla Network Society, né l’ormai ambigua definizione di “glocale” con il suo recente carico di retorica definitoria, ma con poca sostanza operativa rispetto alle prime e pionieristiche esperienze.
La nuova strada che oggi le socio-economie del globo ci propongono è quella che prevede la capacità di attingere ai flussi delle reti lunghe, trasformandoli attraverso le reti corte in energia per i sistemi locali, diversificandoli in flussi delle identità per generare nuovo valore nel locale e reimmetterlo come nuova linfa nei flussi globali in modo non solo da alimentarli, ma anche da caratterizzarli.
Tra le sfide che attengono alle rinnovate modalità di relazione tra globale e locale quella sui saperi, sulla conoscenza e sulle competenze è la principale per ambizione e complessità. Non si tratta solo di seguire l’Agenda di Lisbona o di immergersi nella Knowledge Society che invoca tale mutamento di paradigma, ma è sempre più una necessità condivisa, una speranza di futuro, una impellenza generazionale e un progetto di sviluppo. Nell’Era Quinaria in cui siamo entrati le nuove forze motrici dello sviluppo saranno la conoscenza, la capacità e la partecipazione solo se capaci di agire in sintonia e in sincronia.
Ed in una nuova politica e conseguente economia basate sul sapere, le competenze hanno un impatto che si manifesta in diversi modi. L'onnipresenza dei mezzi di comunicazione elettronici, di internet e dei social network, (Facebook, Twitter, Google+, Foursquare) cambia il modo di comunicare, pensare, sentire, valutare e decidere. E le conseguenze si ripercuotono su tutti i settori del vivere civile: gli investimenti, l’innovazione, la coesione sociale, la politica. Emerge il bisogno di rafforzare non il bagaglio di conoscenza dei “knowledge workers”, ma sempre di più anche quella dei “knowledge leaders”. E tale impegno non riguarda solamente la dimensione cognitiva e razionale (a cui spesso è “ridotta” la cultura scientifica occidentale) ma è al tempo stesso pratica, cognizione, emozione, relazione, etica ed inoltre capacità di comprendere, indirizzare, cambiare e mobilitare saperi diversi al fine di generare risultati d’eccellenza, sempre più collettivi. Il bagaglio conoscitivo, allora, che si ritiene essere di maggiore importanza è il “know-how socioculturale”, che deve fornire a chi detiene la leadership gli strumenti necessari a comprendere le dinamiche interne ed esterne all’organizzazione che si impegna a guidare.
Clay Shirky nel libro Surplus cognitivo descrive la potenza cognitiva e direttrice del “crowd sourcing”, la “folla” che incontrandosi attraverso la rete costruisce opinioni comuni, producendo una vera e propria “cloud politics”, una politica diffusa entro cui siamo costantemente immersi sia come elettori che come decisori, annullando distanze, ma anche riducendo gli spazi della ponderazione. Azione politica e reazione dei politici si fondono in un cortocircuito che se da un lato produce una partecipazione virtuosa, dall’altro genera una parcellazione viziosa della decisione.
E se la politica decide di affrontare il mare aperto di internet, oggi anche la Chiesa Cattolica non si sottrae a questa sfida, rivedendo il suo modo di comunicare e di generare nuovo pensiero cattolico nella “noosfera”, producendo una vera e propria “cyber teologia” come sostiene Antonio Spadaro, il direttore di Civiltà Cattolica.
Decidere e guidare nell’era della conoscenza diffusa significa creare continuamente regole, attività, strumenti, competenze, decisioni, attribuzioni di senso su come leader, comunità, organizzazioni e tecnologie possano far emergere e condividere gli elementi poco noti dei processi conoscitivi e i nuovi saperi tra cui il “saper dover essere” (che sviluppa la responsabilità etica e il controllo morale), il “saper benessere” (che si orienta verso lo sviluppo della qualità della vita) e “l’essere per saper essere” (che aiuta le persone a sviluppare l’autostima e l’autoriconoscimento).
Charlene Li descrive nel suo libro Open Leadership la necessita di riformare il governo dei processi nell'era della comunicazione permanente, di rinnovare la leadership perché sappia agire nel costante confronto con la followship, cioè con la capacità offerta dai social network di seguire, interagire, giudicare e criticare i decisori istante per istante. Siamo entrati in una democrazia reticolare ed istantanea che ci impone di rivedere il modo con cui esercitiamo il ruolo di guida. Scrive la Li che è l'autenticità la prima conseguenza dell'apertura e della trasparenza, quando sono intese sinceramente per quello che nei fatti sono: la consapevolezza del fatto che le tecnologie che offrono servizio sono contemporaneamente il frutto del pensiero e dell'azione di chi propone e di chi utilizza. Il mercato - l'incontro della domanda e dell'offerta - si trasforma: in passato, dati i prodotti, determinava il prezzo e la quantità di beni scambiati; oggi, oltre a questo, preliminare a questo in un certo senso, soprattutto per i servizi di questo genere, è una conversazione che stabilisce prima di tutto il valore percepito attraverso il dialogo tra chi produce e chi usa.
Le mutazioni non riguardano solo la sfera economica e relazionale, ma si trasferiscono con sempre maggiore pervasività sul piano fisico, sulla fisionomia e sulla fisiologia stessa delle città, sempre più Smart Cities. Tuttavia, una città più “intelligente” non sarà quella che aggiunge tecnologia ed efficienza al suo organismo tradizionale, ma dovrà essere una città che innova profondamente le sue dinamiche di sviluppo, che rivede il suo modello insediativo e che ripensa il suo metabolismo. Dovrà essere una città che genera smart citizens investendo nel capitale umano e sociale, nei processi di partecipazione, nell’istruzione, nella cultura, nelle infrastrutture per le nuove comunicazioni, che innova il software e non solo l’hardware, che rielabora un modello di sviluppo sostenibile, garantendo un’alta qualità di vita per tutti i cittadini e prevedendo una gestione responsabile delle risorse attraverso una nuova governance. Possiamo definirle Creative and Smart Cities poiché dovranno essere capaci di innovare settori ad alto impatto sociale e culturale: la pianificazione, progettazione e gestione territoriale, il ciclo produzione-distribuzione-consumo energetico, il trasporto di merci e la mobilità delle persone, l’efficienza energetica degli edifici. Dovranno innovare ambiti complessi e multi-attore quali l’educazione, la sanità e i rifiuti, fino a quelli strategici come la valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale e l’attrattività turistica.
Non è sufficiente, tuttavia, che le città incrementino la loro intelligenza infrastrutturale, ma devono concorrere ad incrementare il tasso di “intelligenza collettiva”. Una città intelligente che voglia essere anche solidale deve sostenere, attraverso il cloud communiting, i comportamenti virtuosi dal basso dando visibilità ai vantaggi individuali e collettivi.
E nelle sempre più diffuse smart communities, i social network sono sempre più piattaforme di servizi che hanno valore in quanto le funzioni offerte vengono riconosciute dagli utenti che le trasformano ulteriori servizi agli altri utenti. Se l'esperienza degli utenti che danno valore alla piattaforma dovesse apparire inautentica, perché troppo soggetta per esempio, alla ricerca di pubblicità o di consenso superficiale, probabilmente la piattaforma perderebbe valore. Di fatto, viene prima la costruzione di valore - culturale, sociale - poi la monetizzazione. Tra la piattaforma e gli utenti che le danno valore occorre vi sia una sorta di complicità, che può realizzarsi solo se la relazione tra la piattaforma e gli utenti è "trasparente", "aperta" e "autentica". Il rischio è che la rivoluzione dell’informazione, internet e i mass media onnipresenti nutrano la polarizzazione ideologica più che generare dibattito razionale.

Siamo entrati in quella che possiamo qui chiamare una “Smart Politics”, una politica più intelligente, dinamica e innovativa, ma che deve essere anche più sapiente, più consapevole e più responsabile. La Smart Politics non deve essere un nuovo mantra, ma deve aiutare i leader e le persone responsabili a comprendere quanto il tema dell'apertura e della trasparenza coinvolga le organizzazioni che sono loro affidate, istituzioni o imprese, comunità o università. E quanto impegno debbano dedicare a perseguire questa strada. Governare immersi nella nuvola dell’informazione richiede nuove mappe per orientarsi, nuovi sensori per percepire gli ostacoli, nuovi strumenti per tracciare la direzione, e soprattutto nuovi occhi per non perdere l’orizzonte
L’XI Stage di formazione socio-politica e la Scuola di Alta formazione politica, per il primo anno a Palermo – laboratorio politico per eccellenza – intende contribuire concretamente alla rigenerazione della politica accettando la sfida della Smart Politics, invitando ad una riflessione che sfida i partecipanti a comprendere alcuni cambiamenti organizzativi fondamentali che si stanno verificando nel passaggio dalla "società gerarchica" e relativamente lineare dell'epoca industriale alla "società della rete", fondamentalmente complessa e fluida, dell'epoca della conoscenza.
Smart Politics chiamerà studiosi e protagonisti a confrontarsi sui temi principali che intravediamo all’orizzonte, mediati e filtrati attraverso il tema guida della rigenerazione della politica nell’era della comunicazione on cloud. Con la consapevolezza che nuova leadership nell'era della followship, significa non ricorrere al predominio della prima, ma anche non sottostare alla tirannia della seconda


Palermo, agosto 2012
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© 2012 Maurizio Carta.