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SCRITTURE SULL'ACQUA
Testimonianze storiche ed archeologiche
di traffici marittimi di libri e documenti.


Vasetto-campione a forma di modio del II sec. d.C., che veniva sigillato alla partenza della nave per garantire la qualità dei cereali trasportati ( Museo del Cairo).

Rassegna di Archeologia subacquea di Giardini Naxos
28 ottobre 1995

di Gianfranco Purpura

In: Annali Univ. Palermo (AUPA), XLIV, 1996, pp. 361 - 382.



Sommario

L’articolo si sofferma sulle testimonianze relative a scritture imbarcate a bordo delle navi antiche ed alla documentazione di bordo, prendendo tra l’altro in considerazione il P. Vindob. G. 40822 del II sec. d.C., che contiene le clausole di un prestito per un viaggio terrestre e marittimo di andata e ritorno (dáneion amphotéroploun) da Alessandria d’Egitto a Muziris, noto centro del commercio romano in India.

Dopo aver accennato al trasporto di intere biblioteche a Roma sul finire dell’età repubblicana, si avanza l’ipotesi che la celebre biblioteca di Aristotele, predata da Silla, possa essere in parte affondata durante il viaggio per mare verso Roma, in navi come quelle naufragate a Mahdia o Anticitéra. Alcune epigrafi attiche ritrovate a Mahdia (Petzl, Die griechischen Inscriften, in Das Wrack, Der antike Schiffsfund von Mahdia, I, 1994, Köln, pp. 381-397) ed altre testimonianze e reperti sembrano confortare tali ipotesi.

Nel Satyricon di Petronio viene descritto un naufragio: “...la tempesta, fedele esecutrice di ciò che il destino comanda, porta via tutto quel che resta alla nave; non vi sono più alberi, né timoni, né cordami, né remi: massa informe e desolata, il naviglio se ne va in balia delle onde. Subito accorsero dei pescatori su scafi leggeri in cerca di preda. Ma, quando videro che v'erano ancora persone vive e pronte a difendere i propri beni, la loro crudele avidità cedette a offerte di aiuto. Ed ecco udiamo uno strano mugolio, quasi un lamento di belva prigioniera, che usciva dalla diaeta, la cabina del magister. Ci lasciamo guidare da quel suono, e troviamo Eumolpo, seduto dinanzi a una pergamena immensa su cui andava accumulando versi su versi. Sì, pur con la morte alla gola quel pazzo aveva trovato il tempo di stendere un poema, e che razza di poema, dèi benigni! ". (Addirittura sulla distruzione di Troia). "Lo strappiamo di là che urla e protesta, gli gridiamo di non far follie. `No', strepita lui, furioso di essere stato interrotto, ` lasciatemi terminare la frase: sto facendo l'ultimo sforzo per finire! '(1)

Se vele, sandali (relitto di Comacchio), panieri di vimini (Gelydonia, Ulu Burun, Marsala), mandorle (Kyrenia), grambiuli di cuoio (Comacchio), foglie d'olivo, canapa indiana (Marsala), nocciole [Albenga, Punta Crapazza (Lipari)], ramoscelli (Giens), paglia (Giannutri) ed altri materiali organici assai deperibili provengono da numerosi scavi archeologici sottomarini, non solo il forsennato poeta, ma anche l'epica pergamena stavano correndo il rischio di essere sepolti con lo scafo e magari di avere la possibilità di essere ritrovati dopo millenni.

Sebbene possa apparire un obiettivo assai limitante per la palese incompatibilità tra acqua salmastra, inchiostri e scritture, ritengo non privo d'interesse guardare alle testimonianze di materiali scrittori o di scritti trasportati a bordo delle navi o che quotidianamente ivi venivano redatti; testi di solito brevi, relativi più al mondo del commercio e del diritto, che, ovviamente, alla letteratura epica. È tuttavia certo che anche opere letterarie furono concepite in mare, come nel caso sopra menzionato nel Satyricon. Cicerone in persona ad esempio ci informa che l'opera Topica fu iniziata a bordo di una nave in navigazione dopo Velia e che nel percorso marittimo verso la Cilicia dopo Samo, il medesimo, divenuto governatore, modificò il testo dell'editto provinciale, che avrebbe dovuto pubblicare al momento del suo ingresso in provincia. (2)

Le relative testimonianze archeologiche subacquee appaiono finora assai rare e tali sembrano essere destinate a restare, sino all'improbabile rinvenimento di una nave carica di libri, simile al relitto degli anni sessanta ubicato intorno ai cinquanta metri di profondità al largo della Tonnara di S. Vito Lo Capo, nei pressi di Palermo (fig. 1). Esso contiene numerose copie del Corano, che nel buio e nel fango della stiva hanno già superato diversi decenni di immersione nell'acqua salmastra (fig. 2). In attesa di un evento di tal genere attingeremo alle testimonianze delle fonti antiche, che occasionalmente ci parlano di un commercio librario transmarino, come quello sollecitato da Platone che diede incarico di acquistare in Sicilia, per diecimila denari versati da Dione, le opere filosofiche di Filolao, introvabili in Grecia o quello attestato dalla presenza di libri a bordo delle navi che nel I1I sec. a.C. approdavano ad Alessandria. L'esistenza infatti nella Biblioteca di Alessandria del fondo detto "delle navi" pare risalga a Tolomeo Filadelfo (285 246 a.C.), il quale aveva ordinato che venissero ricopiati da scrivani degli uffici doganali tutti i libri in transito e che gli originali fossero trattenuti per la Biblioteca ed ai viaggiatori venissero restituite soltanto le copie. (3)

Ad esigenze di computo e documentazione si ricollega invece il più antico materiale scrittorio rinvenuto in scavi subacquei. Risale al XIV sec. a.C. e dimostra la possibilità della conservazione sul fondo marino di reperti organici assai deperibili. Si tratta di una tavoletta cerata lignea con cerniere in avorio (fig. 3), che costituisce in assoluto una delle più antiche testimonianze dell'utilizzazione di questo tipo di supporto scrittorio. (4) Purtroppo la cera della superficie scrittoria risulta quasi del tutto abrasa, evidenziando le lineole incrociate incise per favorire l'adesione della gumma al legno. La composizione del carico dello straordinario relitto di Ulu Burun non solo trova riscontro nelle lettere di Tell Amarna, ma anche in raffigurazioni tombali egiziane coeve, che rappresentano l'arrivo di navi levantine in Egitto e dimostrano l'usuale impiego del dittico in questione a fini di registrazione dei prodotti imbarcati. Oltre che per la trasmissione della corrispondenza, questo dovette essere uno dei giù antichi usi della scrittura, soprattutto nel mondo palaziale.

E di grande interesse valutare l'indubbio e rilevante ruolo esercitato dal commercio marittimo nella diffusione della scrittura, ma l'esame dei molteplici aspetti del problema, indurrebbe a superare ampiamente i limiti di tempo in questa sede definiti. Mi limiterò quindi a qualche cenno, maggiormente attinente all'angolazione prescelta: l'archeologia sottomarina e la situazione siciliana.

La sorprendente assenza di volumina papiracei micenei è stata già notata ed appare pressocché impossibile che segni in lineare B, oltre che su tavolette, non siano stati tracciati su papiro. (5) La capacità del fango o della sabbia del fondo di conservare reperti organici potrebbe offrire la prova mancante. Ancor più suggestivo è rilevare che la migrazione coloniaria tra il IX e 1'VIII sec. a.C. pare abbia richiesto la stesura scritta dei poemi omerici ed il trasporto per mare dei testi, utilizzati dagli esploratori che localizzavano, via via nei siti estremi raggiunti, le imprese in essi descritte. (6)

A distanza di molti anni dalla prima presentazione, torno a richiamare l'attenzione su di un reperto rinvenuto a Terrasini, che ritengo di un certo interesse e rimasto pressocché ignoto agli specialisti. (7) Si tratta di una tavoletta di terracotta (fig. 4) ritrovata ad un centinaio di metri dalla spiaggia tra Cinisi e Terrasini, a circa due metri di profondità in una zona pertinente ad un antico ancoraggio. I segni di una scrittura sconosciuta procedono con andamento circolare dall'esterno verso l'interno in senso antiorario, separati a gruppi da linee verticali, che evidentemente staccano singoli termini del testo. Le numerose lineole verticali al centro potrebbero essere relative ad un computo. Pur essendo alcuni segni molto caratteristici, simili a minuscoli oggetti simbolici, non ho trovato per essi alcun riscontro. Il reperto di Terrasini, consegnato nel 1974 al Museo di Palermo, risulta fotografato (arch. fotografico, negativo n. 22451), ma da allora non ne ho più notizia.

Una delle più accreditate ipotesi sull'origine e prima utilizzazione della scrittura nel mondo egeo collega la medesima alle cretule impresse con simboli o nomi di consegnatari, di generi e quantità di prodotti forniti. Tali cretule sarebbero state realizzate per render conto di derrate palaziali consegnate o affidate ad esibitori di validi contrassegni o addirittura di modelli miniaturistici, corrispondenti in numero e genere ai prodotti forniti da chi li custodiva per conto dell'autorità, che poteva così trasmettere i suoi simboli anche in absentia, senza il continuo ricorso alla parola parlata. (8) È suggestivo notare che di recente è stata rinvenuta in Sicilia, in un contesto assai antico, una cretula sigillo con segni di " cordami che dovevano legare un contenitore di ignote caratteristiche" nel fossato neolitico di Stretto Partanna (Trapani). (9)

Oggetti miniaturistici o calculi in terracotta per il computo (tokens), (10) che precorrerebbero i segni impressi e i simboli successivamente tracciati sulla tavoletta d'argilla, furono nel mondo orientale talvolta contenuti in bolle sferiche d'argilla (bullae), che venivano spezzate per verifica del contenuto in caso di contestazione in merito ai segni tracciati o impressi sulla superficie esterna. A queste origini si ricollega con ogni probabilità la forma a cuscinetto della tavoletta d'argilla, che talvolta conteneva un duplicato del tutto nascosto all'interno, e, adeguandosi al medesimo principio, nonostante la grande distanza nel tempo e nello spazio, la doppia scritturazione sigillata su tavolette lignee dei documenti dell'età greco romana. Se per un verso, come si è osservato, alcuni segni della tavoletta di Terrasini hanno l'aspetto di piccoli oggetti, anche enigmatici corni fittili della preistoria siciliana sembrano ritrovarsi assai simili tra i tokens, (11) lasciando intravedere usi e pratiche di computo e di registrazione per qualche aspetto analoghe in due ambienti per noi così lontani, ma che in realtà già con la rivoluzione neolitica avrebbero potuto essere diffusi in ambiente mediterraneo.

Ma come tra percettori di imposte e mercanti per millenni sopravvisse la prassi della doppia scrittura, nonostante caratteri e materiali assai diversi, così da un mondo di analfabeti o semianalfabeti potevano giungere almeno sino all'età arcaica pratiche di computo mediante calculi, tacche, incisioni in corrispondenza biunivoca, o di trasmissione di rudimentali messaggi mediante oggetti miniaturistici. Reperti di questo tipo possono facilmente sfuggire negli scavi subacquei o essere non correttamente interpretati ed è realmente sorprendente che nessun relitto, nonostante la frequente presenza di pesi e bilance (Yassi Ada, Camarina, Giardini, Palud), abbia finora restituito una tavola per contare o abaco, che pur doveva essere un oggetto di frequente impiego nella pratica del commercio. Un oggetto miniaturistico, un cinghialetto, è presente nella nave della fine del VI sec. a.C. di Gela, ma, con alcune arule, è collegabile ai culti praticati a bordo. (12) Pesi o tessere plumbee, probabilmente calculi, si riscontrano nel carico della fine del VI, inizi del V sec. a.C. di Pointe Lequin, (13) insieme ad una pisside calamaio, ma è obiettivamente assai difficile essere certi del tipo d'impiego di reperti del genere in una società mercantile semianalfabeta, che tuttavia cominciava già ad utilizzare la scrittura, come indicano le lamine plumbee del VI V sec. a.C. di Corfù o di Pech Maho (fig. 5), lo stilo dalla nave di Gela o la tavoletta lignea del relitto del Giglio (fig. 6). (14) Quest'ultimo reperto, purtroppo non inscritto, faceva parte del corredo della fine del VI di un nobile mercante greco orientale che adoperava le armi, la scrittura, attrezzi tecnici e musicali per mantenere un potere sapienzale affidato alla memoria ed alle capacità tecniche.

Tra il carico del IV sec. a.C. del relitto di Porticello appaiono già sette contenitori globulari, che sono stati interpretati come calamai (fig. 7). E, se modesti reperti dall'impiego così particolare facevano ormai parte di un carico commerciale, ciò non può che denotare una diffusione della scrittura in strati sociali sempre più vasti, anche se siamo ben lontani dall'ammettere quel fenomeno di ampia alfabetizzazione del mondo greco e magno greco, che sino a poco tempo fa si era più propensi ad accettare. (15)


Scritture di bordo

Carichi di età repubblicana, come quello di Marsala, (16) della prima età imperiale, come quello di Comacchio e di Camarina, (17) o dell'età imperiale inoltrata, come quello del Plemmiro, (18) includeranno come reperti abituali penne di legno o stili e calamai di bronzo (fig. 8). Sostanze coloranti provengono dai relitti della Triscina (fig. 9) e di Planier 3 del I sec. a.C. ed è probabile (almeno nel primo caso per l'associazione ad una pàtera miniaturistica), che siano state utilizzate per la preparazione di inchiostri. (19) Come è noto, dalla Spagna, oltre che minium secundarium per la confezione di inchiostro rosso, veniva spedito a Roma in pacchi sigillati, quale tributo provinciale, cinabro (cinnabaris) usato per scrivere sull'oro. Essendo oggetto di monopolio statale, il minerale poteva essere lavorato solo a Roma, utilizzando una maschera (vescica) a causa dei gas che esalava durante la cottura, quindi poteva essere riesportato in provincia. (20) Sandaraca (réalgar), impiegata normalmente per lucidare fogli abrasi, è presente in abbondanza nel relitto Planier 3. Volumina di papiro, tavolette cerate (fig. 10) e forse taccuini di pergamena furono abituali per appunti allo scopo di favorire il trascorrere nel tempo in navigazione, per la stesura di documenti di bordo (fig. 11-12), per i contratti. E anche se i papiri egiziani hanno conservato polizze d'imbarco di merci, lasciapassare, liste di carico, contratti di trasporto merci e passeggeri, di prestito marittimo, di locazione, realizzando talvolta effetti assai vicini a quelli del moderno leasing o dell'assicurazione, occorre non dimenticare che nel mondo romano venne riconosciuta al documento al più un'efficacia probatoria, in concorso con la ben più importante prova testimoniale, che restò sempre privilegiata. Ciò dunque determinava un ricorso non costante ad una documentazione scritta, più come aiuto della memoria, che per la costituzione di diritti. (21) È questa la giustificazione dell'inesistenza, per quanto ne sappiamo, di una documentazione di bordo, non tanto per quanto atteneva al titolo di proprietà, quanto all'origine e costruzione dell'imbarcazione.

Tra gli innumerevoli testi relativi al diritto commerciale ellenistico e romano vorrei richiamare l'attenzione solo su di una recente scoperta: un papiro della metà del II sec. d.C. (Pap. Vindob. G. 40822) che contiene le clausole di un prestito per un viaggio terrestre e marittimo di andata e ritorno (daineion amphotéroploun) da Alessandria d'Egitto a Muziris (recto, col. II, l. 12), noto centro del commercio romano in India (fig. 13). (22)

Recto, col. II:

"...dei tuoi altri procuratori o amministratori, e peserò e darò al tuo conduttore di cammelli altri venti talenti per la guida della carovana verso Coptos. Ed io seguitò il trasporto attraverso il deserto fino al deposito pubblico della dogana a Coptos sotto la sorveglianza e con le misure di sicurezza e porrò (la merce) sotto il tuo diritto di disposizione e sotto il tuo sigillo, o dei tuoi procuratori o di altro uomo presente, fino all'imbarco sul fiume; e caricherò al tempo stabilito nel fiume una nave sicura e trasporterò (la merce) nel deposito doganale per la tetralogia ad Alessandria e nello stesso tempo porrò (la merce) sotto il tuo diritto di disposizione e sotto il tuo sigillo o, rispettivamente, dei tuoi uomini, (facendo fronte) a tutte le spese, conformemente alla ripartizione, per la nave a partire da ora fino alla tetralogia ed ai costi del trasporto attraverso il deserto e ai noli fluviali ed alle altre spese. Se è giunto il momento della restituzione che è stato concordato nelle síngrafi del prestito concluso per Muziris, ed io non salderò il mio debito nel tempo stabilito, allora a te ed ai tuoi procuratori o amministratori rimarrà la libera scelta ed il potere illimitato (di disposizione) secondo il vostro parere di compiere l'esecuzione senza dilazione ed aggiudicazione, di impadronirsi ed amministrare la suddetta ipoteca e di pagare un quarto del patrimonio come dazio e di portare i restanti tre quarti dove vorrete; e di vendere e di pignorare ulteriormente e di cedere ad un'altra persona, come sempre voi vorrete, e di amministrare secondo la vostra volontà l'affare; e di prendere per te stesso al consueto prezzo di mercato e di incamerare e detrarre dal summenzionato prestito le entrate, accordando (piena) fiducia per le entrate a te ed ai tuoi procuratori o amministratori, mentre non agiremo reciprocamente in ogni modo. Il meno ed il più della somma dell'affare grava su di me, mutuatario ed ipotecario...".

Verso, col. I

(Questa colonna, assai lacunosa, conteneva il computo per il pagamento del dazio relativo a tre partite di mercanzie non determinabili).

Verso, col. II

[Prosegue il computo per il pagamento del dazio ed i relativi conteggi per altre tre partite di mercanzie: nardo del Gange (11. 1 3), zanne di elefante di buona qualità (11. 4 15), balle di stoffa (11. 16 25)]

ll. 27 29

"Questo è l'intero valore delle sei partite di merci, che nella nave Ermapollo sono trasportate: millecentocinquantaquattro talenti e duemilaottocentocinquantadue dracme".

Fin dalla pubblicazione nel 1985 il documento ha suscitato tra gli interpreti discussioni soprattutto sulla natura dell'accordo: prestito marittimo contratto in India per un viaggio di sola andata (Harrauer, Sijpesteijn); accordo sostitutivo o integrativo di un prestito di sola andata, concesso in India e stilato all'arrivo in un porto del Mar Rosso (Casson); accordo supplementare relativo alle garanzie, pagamento dei dazi ed ai compensi, allegato alle singrafi nautiche redatte ad Alessandria per un viaggio di andata e ritorno in India (Thür). (23)

Il testo allude ad un termine massimo per la restituzione, di solito un anno, "che è stato concordato nelle singrafi di prestito concluso" katà Mouzeîrin (r. col. II, l. 12). Da ciò si è desunto che il papiro non costituisca copia della singrafe nautica, ma un documento accessorio relativo alle garanzie ed al pagamento dei dazi. Infatti l'espressione katà Mouzeîrin è stata intesa in maniera ellittica, come riferentesi ad un prestito (concernente un viaggio) a Muziris, piuttosto che concesso in quella località dell'India . (24)

In sede di revisione del testo, nonostante una migliore lettura della clausola relativa ad un compenso per un capo carovaniere di fiducia del creditore, sembra persistere l'allusione ad un'altra (l. 2: álla) retribuzione del capo cammelliere, che avrebbe potuto essere prevista per il viaggio d'andata, come ipotizza Thür. È da ritenere che previsioni del genere fossero disciplinate nei più minuti dettagli già ad Alessandria, fin dalla partenza. Non solo la celebre singrafe di Lacrito (fine IV sec. a.C.) o il prestito di Callimaco (D. 45, 1, 122, 1) del II d.C. prevedevano fin dall'inizio alternative dettagliate da seguire nel corso del viaggio, ma un quasi coevo testo del Digesto (D. 22, 2, 4, 1) contempla il caso del compenso previsto fin dalla partenza per l'uomo di fiducia del creditore, che normalmente accompagnava le mercanzie, per evitare che attraverso la dazione di questa somma ad un dipendente del creditore potesse essere eluso il divieto di superare il tasso massimo d'interessi per il tempo eccedente. (25)

Non è affatto da escludere che un affare come questo, che si riferiva all'enorme valore di 1154 talenti d'argento e 2852 dracme (v. col. II, l. 29), fosse stato minuziosamente disciplinato fin dall'inizio, prevedendo un compenso per l'uomo di fiducia del creditore, che accompagnava le merci (kermakólouthos, epiplous).

Sia che il papiro abbia attraversato l'Oceano Indiano sulla nave denominata Ermapollo (verso, col. II, l. 28) e sia ritornato ad Alessandria (Thür), o sia stato redatto dopo la traversata all'approdo sulle coste del Mar Rosso (Casson), esso documenta un lungo viaggio misto, terrestre e marittimo, come nel caso del prestito di Callimaco, che si svolgeva "sotto sorveglianza e con le misure di sicurezza" (r. col. II, 1. 3), prima sul Nilo con un'imbarcazione fluviale idonea, fino al deposito pubblico della dogana a Coptos, poi attraverso il deserto orientale, fino al porto di Berenice o Myos Hórmos sul Mar Rosso (fig. 14). Ancora attraverso l'Oceano sfruttando il monsone e, dopo quasi un anno, si seguiva un identico percorso di ritorno. Le iscrizioni di mercanti romani nelle nicchie del deserto (Wadi Menih), (26) il giacimento di anfore romane Dressel 2 5 e Lamboglia 1 a Zabargad (fig. 15-16-17-18-19), nella parte meridionale del Mar Rosso nei pressi di Berenice, (27) il bassorilievo abruzzese dei Peticii (fig. 20-21) con dromedari che trasportavano anfore attraverso il deserto (28) sono altre testimonianze di questo commercio "oltre i confini dell'impero", (29) che interessò ben presto i negoziatori italici (fig. 22), ma che secondo Plinio sottraeva oro per non meno di 50.000.000 di sesterzi all'anno.

La biblioteca naufragata

Oltre che a viaggi di scritture tanto lontano, si può accennare al trasporto per mare di documenti ufficiali o di interi archivi di magistrati e funzionari, quando essi, sul finire della repubblica e l'inizio dell'impero, cominciarono ad essere con costanza alimentati con testi sistematicamente conservati. I codices ansati (fig. 23) del proconsole di Sardegna Elvio Agrippa nel 69 d.C. (30) erano talmente manegevoli da poter seguire il governatore nei suoi spostamenti. Tale prassi non fu certamente isolata.

Ancor più interessanti sono le notizie relative al trasporto di intere biblioteche dalla Grecia o dall'Asia a Roma sul finire dell'età repubblicana. (31) Carichi navali che sono stati valutati in 40.000 50.000 rotoli per una piccola biblioteca, come quella di Aristotele, in 400.000 500.000 volumi per le maggiori. (32) Nel 168 a.C., dopo la vittoria sul re Perseo, fu importata a Roma per mare la prima ampia collezione di libri greci: Lucio Emilio Paolo permise ai suoi figli, di cui uno era Scipione Emiliano, di utilizzare la straordinaria biblioteca appartenuta alla corte di Alessandro Magno, intorno alla quale gravitò d'allora in poi il Circolo degli Scipioni. (33) Altrettanto importante per la cultura latina fu la biblioteca di Lucullo a Tusculo frequentata da Cicerone, che si ispirava come architettura e concezione al Museo di Alessandria e conteneva i libri trasportati nel 66 a.C., anche in questo caso per mare, come bottino sottratto a Mitridate VI, re del Ponto. Non può non sorprendere che questa raccolta venisse nelle fonti ricordata, come "il pritaneo ed il focolare di tutti Greci che giungevano a Roma", (34) a preferenza della ancor più straordinaria collezione di Silla a Cuma, che addirittura conteneva la biblioteca e i libri di Aristotele.

Anche questa biblioteca era stata trasportata per mare dopo il sacco di Atene, intorno all'84 82 a.C. Infatti Silla se ne era impadronito sequestrandola all'ultimo proprietario, il "bibliofilo, piuttosto che filosofo", Apellicone di Teo, (35) che era riuscito ad entrare in possesso delle opere aristoteliche, lasciate da Teofrasto a Neleo e comprendenti, non solo Aristotele, ma anche molti altri autori. Esse erano state a lungo nascoste dagli eredi di Neleo per sottrarle alla cupidigia dei più munifici sovrani ellenistici. (36)

Come è noto, le opere di Aristotele si presentano distinte in quelle destinate all'esterno o pubblicate (tómoi exoterikói) e scritti composti per essere ascoltati nella scuola (tómoi akroamatikói). E anche se già Aristotele accenna più di una volta a tale distinzione, (37) è possibile che questa netta separazione tra opere dallo stile tanto semplice, chiaro e fluente (le exoteriche) da far dichiarare a Cicerone, che aveva studiato in Grecia, che Aristotele è uno scrittore "che versa un aureo fiume di eloquenza " e scritti tanto oscuri e spesso trasandati (gli acroamatici) da far dire al contrario a Filodemo che il filosofo "parla in modo oscuro", (38) si colleghi soprattutto alle vicende della tradizione manoscritta. Se così non fosse come giustificare che paradossalmente delle pubblicate, che più facilmente avrebbero dovuto essere tramandate, avanzano solo frammenti, ad eccezione dell'Athenaion Politeía ritrovata in un papiro egiziano, mentre le seconde, salvate per un'avventura quasi miracolosa, costituiscono il Corpus Aristotelicum, complesso monumentale di filosofia e di scienza a noi pervenuto? (39)

Si potrebbe pensare che in seguito al trasporto navale di Silla solo le seconde giunsero a Roma e furono destinate ad essere meglio conosciute, mentre le prime, scomparse in mare nella versione originale, erano destinate a circolare attraverso qualche copia realizzata soprattutto dopo il rinvenimento di Apellicone, che aveva distinto le opere in precedenza nascoste e tentato anche qualche edizione, oggetto di severe critiche in Strabone. Non v'è dubbio che commentarii di Aristotele potevano essere letti da Cicerone anche nella biblioteca di Tusculo (40) e che almeno parte della biblioteca di Apellicone era giunta a Roma, nonostante Luciano ricordi che una nave diretta in Italia, che conteneva i trofei di Silla fosse affondata al largo di Capo Malea, perdendo tutto il suo carico insieme ad un dipinto di Zeusi. (41) Non solo sono menzionati esemplari tucididei del IV sec. a.C. compresi nella biblioteca di Apellicone portata a Roma, (42) ma anche un'antica Iliade con un'inizío diverso da quello correntemente noto, detta di Apellicone. (43)

Se dunque Graecia capta ferum victorem cepit, et artes intulit agresti Latio, (44) ciò avvenne non solo per il fascino esercitato dalle opere d'arte addotte in suolo italico e che i rinvenimenti sottomarini di Anticitéra, Mahdia, Riace, Capo Artemisio consentono adesso, in qualche caso, di individuare, ma soprattutto per l'influenza esercitata dalle innumerevoli opere librarie ellenistiche trasportate a Roma per via marina.

È stato, con ironia, osservato che il collegamento con il sacco di Atene compiuto dalla soldatesca di Silla dei rinvenimenti sottomarini di opere dell'arte greca, con eccessiva disinvoltura proposto, è stato un "motivo evidentemente ricorrente negli studi sui naufragi di opere d'arte", ma si deve riconoscere che Anticitéra e Mahdia restano "a tutt'oggi i due più cospicui documenti del traffico commerciale marittimo delle opere d'arte". In particolare si propende a non attribuire il carico navale di Anticitéra (fig. 24) al bottino sillano in base ad una valutazione complessiva dei materiali, che indicherebbero una datazione tra 1'80 e il 70 a.C. ed una rotta di navigazione commerciale con provenienza dall'Asia Minore e successive soste a Paro, "dove sarebbero state imbarcate le statue di marmo". (45) Si trascura tuttavia che i reperti ritenuti caratterizzanti, come lampade, di un tipo molto diffuso ad Efeso, coppe, boccali e brocche, provenienti dalla parte centrale della costa dell'Asia minore potevano essere presenti ad Atene in un momento di intensi contatti di quella città con l'Asia, a causa della guerra mitridatica e che dall'area egea proveniva altra ceramica, come le anfore   dodici esemplari di Coos, di Rodi   ed una coppa megarese, probabilmente fabbricata a Delo. Erano presenti a bordo anche ceramiche italiche e vetri alessandrini. Silla prima della spedizione del bottino aveva dovuto compiere una campagna in Asia e costringere Pergamo alla resa. Nella primavera dell’83 pare che si trovasse ad Efeso, con l'intenzione di tornare ad Atene e da lì in Italia. Ceramica cd. pergamea è presente nel carico, ma anche monete provenienti da Pergamo e risalenti all'88 86 a.C. Due monete che si è tentato di identificare con coniazioni efesie del 70 60 a.C. appaiono in uno stato di conservazione tanto cattivo da non fornire alcuna certezza. (46) Non solo la datazione complessiva dei materiali non contrasta con l'ipotesi sillana, ma l'importanza del carico, realmente, a mio avviso, fuori dell'ordinario, induce a propendere per una preda bellica. Erano state imbarcate almeno una trentina di statue di bronzo e marmo, tutte di grande valore, forse interi complessi statuari. (47) Anche il sito del naufragio sembra coincidere con quello indicato da Luciano. L'isola di Anticitéra, come è stato notato, (48) si trova esattamente al largo di Capo Malea, nella rotta tra la Grecia e l'Italia. Dalla località del naufragio proviene poi un celebre calcolatore (fig. 25)della posizione delle stelle, opera dell'astronomo Gemino, operante a Rodi nella prima metà del I sec. a.C. Il complesso reperto appare più consono ad un antico "Museo" e a raccolte di libri e di curiosità scientifiche, che utilizzabile come strumento di navigazione. Dalla posizione delle stelle, fissata dalla catastrofe della nave e della stessa Grecia, pare accertato che lo strumento si riferisca ad un periodo successivo all'87 a.C. (49)

Anche il relitto di Mahdia si ritiene connesso al sacco di Atene (fig. 26). La datazione dei reperti appare in questo caso fuori discussione, come riferentesi al periodo della permanenza di Silla in Grecia, anche se si propende per ritenere la nave un'imbarcazione adibita al commercio, piuttosto che al trasporto del bottino. Dal sito provengono capolavori statuari e oggetti di lusso fuori dell'ordinario; ruote dentate e ghiere che sono state interpretate come ingranaggi di un pendolo, (50) strumento che anche in questo caso sarebbe stato degno di essere esibito nella collezione di un "Museo", piuttosto che costituire parte di una attrezzatura di una nave.

Di recente è stato sostenuto che i meccanismi in questione abbiano piuttosto costituito parti staccate di tre diverse catapulte trasportate incomplete (fig. 27), ma resta poco chiara la pertinenza delle medesime ad un carico commmerciale. (51) Altrettanto enigmatica è la presenza a bordo "di alcune stele attiche con iscrizioni e rilievi votivi, in marmo dell’Imetto e del Pentelico (fig. 28), del IV sec. a.C., che, data la disparità cronologica con il resto del carico, si è pensato fossero utilizzate sulla nave come zavorra. (52) Materiali di zavorra abbastanza insoliti", di peso insignificante, "non altrettanto invece in un carico di opere d'arte come pezzi d'antiquariato destinati a qualche dotto collezionista". (53) Ma in un accurato riesame di queste epigrafi (una datata al 363 362 a.C., le altre alla metà o fine del IV sec. a.C.) si è giustamente osservato che nessun pezzo appare particolarmente attraente per un collezionista. I tre reperti per noi più interessanti erano un tempo posti nel santuario di Páralos, ove con decreto del popolo di Atene erano collocate offerte votive. La zona agli inizi del III sec. a.C. fu sconvolta da eventi bellici.

Occorre poi sottolineare che siamo ben lontani dall'epoca in cui monumenti epigrafici poco spettacolari divennero oggetto di collezionismo e di commercio e che nessun altro relitto romano con un carico di opere d'arte ha finora restituito epigrafi greche. (54)

Un dato, offerto dalle fonti, non è stato finora collegato con questa presenza insolita. Apellicone, "al tempo in cui aveva acquistato la biblioteca di Aristotele e molti altri libri, aveva cominciato ad acquisire furtivamente epigrafi originali degli antichi decreti del Metróon, l'archivio di Atene, e di altre città, purché fossero antiche e rare. Ricercato per queste azioni ad Atene, avrebbe perduto la sua vita se non si fosse nascosto. Ma dopo breve tempo tornò ad Atene di nuovo, ottenendo il favore di molta gente". (55) È dunque plausibile che abbia conservato, nonostante tutto, nella sua raccolta le antiche epigrafi. Se si ipotizza l'imbarco di tali reperti come oggetti sequestrati insieme a tanti altri, si giustifica un'esportazione di antiche pietre con caratteri greci, che certo non mancavano in Italia meridionale ed in particolare nei dintorni di Cuma, ove era ubicata la villa di Silla e destinata la raccolta libraria. Come infatti è stato già osservato, non ha alcun senso ipotizzare un'esportazione di questi testi dalla Grecia in Italia per scopo di commercio.

Le fonti consentono di evidenziare un'altra concomitanza. Apellicone è ricordato come inetto comandante militare di Delo, che si opponeva ai romani. Quando l'isola cadde in mano di questi ultimi furono bruciate "tutte le macchine d'assedio, inclusa la catapulta `cattura città' che Apellicone aveva costruito, quando era giunto a Delo". (56) La presenza di parti di catapulte nel carico di Mahdia, oltre ad epigrafi greche, potrebbe essere giustificata dal particolare interesse di un collezionista, proprietario della biblioteca di Aristotele, che per la sua opposizione militare ai romani aveva avuto sequestati tutti i suoi beni e probabilmente perso la vita?

Ovviamente ci fermiamo qui, ma la doppia concomitanza mi è sembrata degna di essere evidenziata. Se appare sorprendente che entrambi i rinvenimenti probabilmente collegati al sacco di Atene avvenissero ai primordi delle immersioni sottomarine, occorre ricordare la grande conoscenza dei fondali dei pescatori di spugne, che in quegli anni potevano essere sollecitati, non da mucchi di ceramica o di anfore, ma da situazioni realmente eccezionali, come cumuli di opere d'arte. E le opere esportate da Silla, talmente numerose da lasciare tracce ancora oggi apprezzabili nel Pireo (alludo al rinvenimento di statue nel Kantharos nel 1959), furono certamente imbarcate in diverse navi che all'approssimarsi dell'inverno dell'82 si affrettavano per il trionfo, celebrato sul finire del gennaio dell'81. (57)

Se si considerano le modalità dei recuperi allora effettuati, affiora una grande amarezza. Con cognizione di causa per la lunga pratica con palombari, scrive Throckmorton di Anticitéra: "Era come se gli scavi nella tomba di Tutankhamon fossero stati eseguiti in turni di cinque minuti da facchini ubriachi, che lavoravano nella semioscurità e indossavano i parastinchi del rugby e secchi del carbone sulla testa". (58) I pionieristici recuperi effettuati agli inizi del '900, nel caso di Madhia appena pervenuti alla pubblicazione di un catalogo, (59) non avrebbero potuto certamente tener conto di reperti tanto fragili ed importanti, come frustuli di volumina, che un tempo avrebbero potuto far parte della prima e più importante di tutte le biblioteche: quella di Aristotele e di Teofrasto,(60) trasportata per mare in ceste o casse e forse giunta solo in parte a Roma.

© Gianfranco Purpura
Dipartimento Storia del Diritto
Università di Palermo


Note:

1 PETRONIO, Satyricon 114 115 (trad. Dèttore, Milano, 1953).
2 CICERONE, Ad Familiares 7, 19 (luglio, 44 a.C.); Ad Att. VI, 1, 15 (51 a.C.) e Ad Fam. 3, 8, 4: Romae composui edictum: nibil addidi nisi quod publicani me rogarunt quum Samum ad me venissent.
3 GELLIO 3, 17; cfr. DIOGENE LAERTIO 4, 5. GALENO, vol. 17, 1, p. 601 Kühn.
4 BASS, PuLak, COLLON, WiensTEiN, A bronze age shipwreck at Ulu Burun. 1986 Campaign, AJA, 93, 1989, pp. 10 e s.; SIRAT, Les tablettes à écrire dans le monde juif de 1'Antiquité à 1'époque moderne, Paris, 1990, Bibliologia, 12, Brepols Turnohout, 1992, p. 53 e fig. 1.
5 GODART, L'invenzione della scrittura. Dal Nilo alla Grecia, Torino, 1992, p. 176; Id., Il disco di Festos, Torino, 1994, pp. 43ss., rileva la morbidezza dei segni del lineare B e la frequente presenza di cretule, che avrebbero potuto sigillare rotoli papiracei.
6 Secondo MANFREDI, Mare greco, Milano, 1992, p. 214ss., sarebbero stati imbarcati i testi dei poemi, piuttosto che i cantori. La coppa di Nestore da Pitecusa rappresenta una straordinaria testimonianza della diffusione di Omero tra i coloni.
7 PuRPURA, Il relitto di Terrasini, Sicilia Archeologica, 24 25, 1974, p. 56, fig. 19.
8 GODART, L'invenzione della scrittura, cit., pp. 91ss.; 103ss.; 241ss.; CARDONA, Storia universale della scrittura, Milano, 1986, p. 53; PURPURA, Diritto, papiri e scrittura, Torino, 1995, pp. 40ss.
9 TUSA, Sicilia preistorica, Palermo, 1994, pp. 67 e s., fig. 28.
10 SCHMANDT BESSERAT, Before writing, I, From counting to cuneiform, Austin, 1992.
11 BERNABò BREA, La Sicilia prima dei Greci, Milano, 1958, p. 108; SCHMANDT-BESSERAT, Before writing, 1, cit., pp. 36 e 106, figg. 24.1; 24.2; 24.3 e 52. Anche oggetti ritenuti gettoni, pedine, contrappesi, vaghi di collane avrebbero potuto essere utilizzati nel definire complessi predeterminati nel genere e nella quantità.
12 Panvini, La nave greca di Gela, Archeologia Viva, 37, 1993, p. 61. Etichette lignee intagliate per la distribuzione di derrate alimentari tra l'equipaggio, bastoni con tacche per il computo tra analfabeti, secchi da mensa con segni convenzionali sono frequenti in relitti del '600 e '700. THROCKMORTON, Atlante di Archeol sub., Novara, 1988, pp. 199 e s.
13 LONG, MIRÒ, VOLPE, Sui fondali di Pointe Lequin, Archeologia Viva, 41, sett.ott. 1993, pp. 28 29.
14 VÉLISSAROPOULOS, Les symbola d'affaires. Remarques sur les tablettes archaiques de l’ile de Corfou, Symposion, 1977, Kóln Wien, 1982, pp. 71 83; SOLIER, Les tablettes de plomb languedociennes, Atti del Colloquio del CNRS "Les tablettes à écrire", cit., p. 107 125; CRISTOFANI, Il testo di Pech Maho, Aleria e i traffici del V sec., MEFRA, 105, 2, 1993, pp. 833 845; Panvini, La nave greca arcaica di Gela, Conferenze STAS, Roma, 18 nov. 1993; BOUND, Una nave mercantile di età arcaica all'Isola del Giglio, Il commercio etrusco arcaico, Quaderni del centro di studio per 1'archeol. etrusco italica, 9, 1985, pp. 65 70; Id., Archeol. Viva, V, 1, 1986, p. 55; CRISTOFANI, Un mercante greco orientale nel Tirreno: analisi del relitto del Giglio, Atti VIII Rassegna di Archeol. subacquea, Giardini, 1993, in preparazione.
15 HARRIS, Lettura ed istruzione nel mondo antico, Bari, 1991, pp. 75ss.
16 Frost ed altri, Lilybaeum, Not. Scavi, XXX, 1976 (Roma, 1981), p. 282 e fig. 177.
17 BERTI, Rinvenimenti di archeologia fluviale ed endolagunare nel delta ferrarese, Boll. d'Arte, Suppl. al n. 37 38, 1987, Archeologia subacquea, 3, p. 31; BACILIERI, GUERRESCHI, Anatomia di un naufragio, Archeologia Viva, 12, luglio agosto 1990, p. 18; Di STEFANO, Camerino 1990. Nuove ricerche e recenti scoperte nella baia e nell'avamporto, Atti della V Rassegna di Archeol. subacquea, Giardini, 1990 (Messina, 1992), pp. 196.
18 GIBBINS, The roman wreck of c. AD 200 at Plemmirio, near Siracusa (Sicily): second interim report, AJNA, 18, 1, 1989, p. 12, figg. 10 e 11. Il reperto, trovato con strumenti chirurgici, viene considerato come una stecca lignea, utilizzata in medicina. Dal porto di Olbia proviene un vasetto a calamaio con coperchio ed una etichetta lignea con numerali romani in un contesto del I sec. a.C.   II sec. d.C. Cfr. GANDOLFI, Primi risultati tipologici e cronologici da un saggio stratigrafico nel porto di Olbia, Boll. d'Arte, 5uppl al n. 37 38, Archeologia subacquea 3,1987, p. 121 figg. 8 e 10.
19 PURPURA, Alcuni rinvenimenti sottomarini lungo le coste della Sicilia nordoccidentale, Sicilia Archeologica, 28 29, 1975, p. 76 e fig. 19; GIANFROTTA, POMEY, Archeol. subacquea, Milano, 1981, p. 335.
20 PLINIO, Nat. Hist. XXXIII, 118 123; Jacob, DS, I, 2, pp, 1182 5.
21 Sull'efficacia del documento del mondo ellenistico e romano cfr. PURPURA, Diritto, papiri e scrittura, cit., pp. 131 153.
22 HARRAUER, SiJPESTEIN, Ein neues Dokument zu Roms Indienhandel, P. Vindob. G 40822, Anzeiger d. Österreichische Akad. d. Wissenschaften, Phil. Hist. Klasse, 122, 1985, 1 9 (Wien, 1986), pp. 124 155; Casson, P. Vindob. G. 40822 and the shipping of goods from India, BASP, 23, 3 4, 1986, pp. 73 79; THÜR, Hypothekenurkunde eines Seedarlehens für eine Reise nach Muziris und Apographe für die Tetarte in Alexandreia, Tyche, 2, 1987, pp. 229 245; THÜR, Zum Seedarlehen katà Mouzeîrin, Tyche, 3, 1988, pp. 229 233; Casson, New light on maritime loans: P. Vindob. G. 40822, ZPE, 84, 1990, pp. 195 206.
23 Ma anche sulla determinazione delle parti (proprietari di navi, secondo gli editori, o mercanti, secondo Casson e Thür) o sul tipo di garanzie offerte dal debitore (la nave, secondo Harrauer, Sijpesteijn, le merci importate, dedotto il pagamento di un quarto del valore per dazi doganali, secondo Thür, Casson).
24 CASSON, New light on maritime loans, cit., pp. 203 e s.
25 Purpura, Ricerche in tema di prestito marittimo, Annali Seminario Giuridico dell'Università di Palermo, XXXIX, 1987, p. 288; GOFAS, Epiplous: une institution du droit maritime grec antique, hellenistique, byxantin et postbyzantin, Symposion, 1985, Akten d. Ges. f. Griech. u. Hell. Rechtsg., 6, pp. 425 444.
26 DE ROMANIS, Viaggi ed esplorazioni oltre i confini dell'impero fra l'età di Plinio e quella di Tolomeo, Optima Hereditas. Sapienza giuridica romana e conoscenza dell'ecumene, Milano, 1992, pp. 261 e s.
27 VERRI, Naufragio al tropico, Archeologia Viva, 45, maggio giugno 1994, pp. 52 5 7.
28 TCHERNIA, Le dromadaire des Peticii et le commerce oriental, MEFRA, 104, 1992, 1, pp. 293 301.
29 MORTIMER WHHELER, La civiltà romana oltre i confini dell'impero, Torino, 1963, pp. 127 ss.
30 CIL X, 2, 7852 del 69 d.C.: descriptum et recognitum ex codice ansato L. Helvi Agrippae proconsulis.
31 CANFORA, Le biblioteche ellenistiche, in Le biblioteche nel mondo antico e medioevale, Roma Bari, 1989, p. 17; FEDELI, Biblioteche private e pubbliche a Roma e nel mondo romano, in Le biblioteche nel mondo antico, cit., pp. 31ss.; PESANDO, Le biblioteche, in Libri e letture nel mondo romano, Archeo, 6 1995, p. 91.
32 CANFORA, Le biblioteche ellenistiche, cit., pp. 13 e s.; pp. 20 e s.
33 ISIDORO, Orig. 6, 5, 1; PLUTARCO, Vita di Emilio Paolo 28.
34 PLUTARCO, Vita di Lucullo 42.
35 STRABONE, Geogr. XIII, 1, 54; PLUTARCO, Vita di Silla 26; ATENEO V, 214 215.
36 DIOGENE LAERZIO 5, 5, 2; FEDELI, Biblioteche private e pubbliche, cit., pp. 32 e s.; CANFORA, La biblioteca scomparsa, Palermo, 1986, pp. 34ss.
37 ARISTOTELE, Poetica p. 1454 b 18; GELLIO, Noctes Att. XX, 5, 12.
38 CICERONE, Acad. pr. II, 38, 119; Rhetor. II, 51 (Sudhaus).
39 COLONNA, La letteratura greca, Torino, 1968, pp. 481 e s.
40 CICERONE, De fin. III, 10.
41 LUCIANO, Dialoghi 22 [63], 3.
42 LUCIANO, Dialoghi 58 [31], 4.
43 Anecdotum Romanum (ed. Nauck del Lexicon Vindobonense, p. 273); DZIATZKO, PWRE, I (1894), coll. 2693 ss., v. Apellikon; CANFORA, Le biblioteche ellenistiche, cit., pp. 6; 17 e s.
44 ORAZIO, Ep. II, 1, 156 7.
45 WEINBERG (a cura di), The Antikythera shipwreck reconsidered, 55, 3 (1965); GIANFROTTA, POMEY, Archeol, subacquea, Milano, 1981, pp. 198 e S.; HELLENKEMPER, Der Weg in die Katastrophe, in Das Wrack, Der antike Schiffsfund von Mahdia, a cura di Hellenkemper Salies, Hoyer v. Prittwitz u. Gaffron, Bauchhenss, I, 1994, Köln, pp. 158 e s.
46 THROCKMORTON, op. cit., p. ZO; HELLENKEMPER, Der Weg in die Katastrophe, cit., p. 158.
47 L'elenco è impressionante: in bronzo, un efebo del IV, una statua femminile con peplo dorico, due giovani ignudi, un'altra statuetta di efebo, dei piedi calzati, un braccio di pugilatore, due spade di statue, uno strumento musicale, una statua di filosofo, rivestimenti di letti e mobili, coppe d'argento, erote e piccole lire d'oro, un orecchino; in marmo, due Afrodite, due Eracle colossali, due Hermes, due Apollo, un Zeus, due statue sedute, un giovane atleta, due Ulisse, un Achille, un Filottete, una guadriga. Inoltre secondo THROCKMORTON, Atlante, cit., p. 16 pare che molti bronzi siano stati venduti ad Alessandria proprio in quel periodo.
48 THROCKMORTON, Atlante, cit., p. 20.
49 DE SOLLA PRICE, Geras from the Greeks, Trans. Am. Phil. Soc., 64, 7 (1974). Cfr. anche WEINBERG (a cura di), The Antikythera shipwreck reconsidered, 55, 3 (1965).
50 KAPITÄN, A toothed gear and water drawing pendulum from the Mahdia wreck, IJNA, 12, 2, 1983, pp. 145 153.
51 La diversa interpretazione è stata proposta da BAATZ Die Katapultteile, in Das Wrack, I, cit., pp. 701 707, che ipotizza un'imbarco come vecchio metallo, ma mancano altri reperti del medesimo tenore nel carico.
52 DAIN, Inscriptions attiques trouvées dans les fouilles sous marines de Mahdia, REG, 1931, pp. 290 303 = Inscriptions grecques du Musée du Bardo, 1936, pp. 9 33.
53 GIANFROTTA, Archeol. sub., cit., p. 201.
54 PETZL, Die griechischen Inschriften, in Das Wrack, cit., pp. 381 397, finisce per concludere che, o le epigrafi erano rimaste nell'enorme cala della nave come pezzi dimenticati, o dobbiamo ammettere che la questione resta senza risposta.
55 ATENEO, Deipnosophistae 214 d e.
56 ATENEO, Deipnosophistae 215 a.
57 PLUTARCO, Vita di Silla 34. HELLENKEMPEK, Der Weg, cit., p. 154.
58 THKOCKMOKTON, Atlante di archeol. sub., cit., p. 17.
59 Cfr. il catalogo della mostra Das Wrack. Der antike Schiffsfund von Mahdia, cit., voll. 2.
60 STRABONE, 13, 1, 54


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