Un variegato mosaico di temi di arte e di critica
Il numero 8 di “TeCLa – Rivista” si apre con il
contributo di Giuliana Tomasella Il viaggio
come scoperta dell’alterità: note sul pittore Agostino Brunias
(1730- 1796), dedicato al pittore Agostino Brunias
(1730-1796), figura quasi del tutto ignota in Italia,
nonostante che nel tentativo di individuazione della sua incerta
nazionalità sia stato anche ritenuto italiano per la lunga
formazione romana. Attivo presso l’Accademia di San
Luca, abilissimo disegnatore, Brunias lavorò dal 1758 al 1763 a
Londra, prevalentemente come decoratore di lussuosi interni, e
in contatto con l’architetto scozzese Robert Adam, come ben
ricostruito dalla Tomasella che, in particolare, individua nel
viaggio nelle Antille la svolta più significativa nella
produzione pittorica dell’artista, incentrata dopo la nuova
esperienza su temi esotici.
Il pittore-viaggiatore si afferma allora come autore di
paesaggi caraibici, divenendo attento osservatore dei coloni e
dei costumi indigeni, veri e propri documenti topografici ed
etnografici che contribuirono a diffondere la conoscenza in
Europa delle terre più remote dell’Impero britannico. Questa
complessa cultura artistica è illustrata nel testo dell’autrice
da una serie d’immagini, fra grafica e pittura, che abbracciano
cronologicamente l’intera parabola artistica del pittore, dagli
esordi classicistici all’approdo a una suggestiva
pittura-reportage.
Giulio Brevetti, affronta l’analisi della ritrattista ufficiale della casata negli anni compresi fra i regni di Ferdinando I e Francesco II, analizzando i mutamenti dell’iconografia ufficiale anche in relazione all’attività dei principali pittori della corte dei Borbone: da Giuseppe Cammarano a Vincenzo Camuccini, da Filippo Marsigli e Giuseppe Martorelli fino all’avvento della fotografia, alla metà del XIX secolo.
Un secondo intervento
sull’area campana viene dal contributo di
Almerinda Di Benedetto Le tele per il Cappellone di San
Sossio nella Basilica pontificia di Frattamaggiore e qualche
nota sulla sfortuna critica della produzione sacra di fine
Ottocento, dedicato all’arte sacra di ambito meridionale
della fine dell’Ottocento e, in particolare, ai quadri del
Cappellone di San Sossio nella Basilica pontificia di
Frattamaggiore, realizzati tra il 1873 e il 1895.
Se la produzione sacra della seconda
metà del XIX secolo è a tutt’oggi ancora poco indagata dalla
critica, retaggio di una “sfortuna” di lunga data, resta
evidente – come l’autrice opportunamente pone in risalto – la
buona qualità formale aggiornata sulla cultura internazionale,
grazie agli scambi intercorsi con la produzione accademica
europea tardo ottocentesca, come ben testimonia la produzione
sacra di un artista quale Domenico Morelli, autore di pale
d’altare innovative e di enorme successo, cui si ispirarono gli
artisti di San Sossio – Federico Maldarelli, Gaetano D’Agostino
e Saverio Altamura – adottando un moderno repertorio eclettico
fin de siècle, che si apriva al vero e al realismo.
Fra i testi didattici dedicati al disegno geometrico ed
architettonico, è il volume Elementi di disegno geometrico,
pubblicato a Palermo a partire dal 1903, da Gregorio Izzi con
gran cura grafica ed editoriale. L’opera, cui è dedicato il
saggio di Edoardo Dotto I rilievi didattici di
Gregorio Izzi dei mosaici della Cappella Palatina di Palermo,
raccoglie numerose tavole ornamentali a colori, desunte dai
rilievi della Cappella Palatina di Palermo, già illustrata nel
1872 da Andrea Terzi di cui, come l’autore ipotizza, Izzi era
stato collaboratore.
Gli Elementi di disegno geometrico, oltre a
testimoniare la costante attenzione verso l’arte medievale
siciliana (ricordo a tal proposito le importanti imprese
editoriali del duca di Serradifalco e di Domenico Benedetto
Gravina), attesta la notevole qualità dell’arte tipografica in
Sicilia fra Otto e Novecento e l’attenzione che, analogamente a
come già stava avvenendo per la Storia dell’arte, ad una
manualistica attenta agli aspetti della didattica.
Completa questo numero il contributo
di Valentina Di Fazio, dedicato alla figura poco nota di
Sebastiano Agati attivo, come funzionario della Soprintendenza
per la Sicilia Orientale, tra il 1900 e il 1948. La ricerca, che
si è avvalsa di una ricerca documentaria di prima mano in
archivi e soprintendenze, getta una luce sull’attività di Agati
e sulla collaborazione con l’architetto roveretano Paolo Orsi:
il lavoro della tutela monumentale a cavallo fra le due guerre e
la delicatissima opera di restauro conseguente mostrano un
funzionario attento e sensibile al contemporaneo dibattito
italiano.
L’articolo indaga anche la negletta
produzione degli scritti d’arte di Sebastiano Agati, spesso
affidati alla stampa periodica.
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