Lo studio dei temi d’arte affrontati nei periodici editi
in Italia tra Otto e Novecento ha fatto emergere la
straordinaria vitalità della pubblicistica. L’interesse e la
varietà degli argomenti in essa trattati consente infatti di
ricostruire il grande fermento di idee che caratterizzò nel
corso del secolo XIX il panorama culturale e sociale dell’Italia
che si andava fondando come nazione.
Nelle pagine dei periodici appaiono, sempre più
frequentemente e corredati da illustrazioni e da interessanti
repertori fotografici, temi legati all’arte nelle sue diverse
declinazioni, figurative, musicali, teatrali, con attenzione al
collezionismo, alla museologia, alle esposizioni, ma anche
all’urbanistica, alle tradizioni popolari, alla moda, al
turismo, al costume e alla società.
Alcuni degli articoli
proposti in questo secondo numero di teCLa - Rivista, colgono
l’apporto e il rapporto fra le varie arti, delineando lo
spaccato variegato e accattivante dei diversi aspetti delle
culture locali, quale si ritrova in numerosi interventi apparsi
in alcuni quotidiani pubblicati dal secondo decennio
dell’Ottocento ai primi decenni del Novecento.
Così
l’articolo di Roberta Santoro, L’iter editoriale del “Mercurio
siculo o sia collezione enciclopedica di materie, e argomenti
relativi alle arti, scienze, e belle lettere” (1818), si
occupa del primo periodico di taglio enciclopedico edito a
Palermo nel 1818 dalla Stamperia Solli, su sollecitazione di
«una società di letterati». Il “Mercurio Siculo” –che
all’interno della stampa periodica siciliana fa da trait d’union
tra le “Memorie per servire la storia letteraria di Sicilia” di
Domenico Schiavo, giornale letterario edito nel 1755, e
“L’Iride” fondato nel 1822 da un gruppo di intellettuali
soprattutto palermitani – affronta, all’interno delle sue pagine
diverse tematiche artistiche, con particolare attenzione
all’antiquaria e all’archeologia.
Anche il saggio di
Massimo Privitera, Musica nel “Poliorama pittoresco”, giornale
pubblicato settimanalmente a Napoli dal 1836 al 1860, coglie la
varietà davvero singolare degli argomenti trattati dal periodico
napoletano: architettura, archeologia, arti industriali e
meccaniche, musica, poesia, pittura, scultura, biografie,
viaggi, vedute, varietà letterarie, ma anche attinenti al campo
della storia e delle scienze. In particolare, Privitera
focalizza la sua attenzione agli articoli dedicati alla musica
all’interno delle pagine di “Poliorama”, in una prospettiva
generale e sotto forme diverse: come apoteosi di virtuosi quali
Mozart, Palestrina, Haydn, Rossini, Bellini; come genuina
espressione del folklore; come spunto per divagazioni
letterarie, artistiche, scientifiche, compiendo anche una
riflessione critica sul valore e significato che ad essa
attribuiscono non solo gli intellettuali che vi scrivono ma, in
particolare, i loro lettori, per lo più esponenti della
borghesia della Napoli romantica.
Fra la fine del XIX
secolo e i primissimi anni del XX , l’idea di apporto e rapporto
fra le arti, pur nelle specifiche diversità, che molto deve
all’ideale wagneriano di Gesamtkunstwerk, è diversamente
coniugato da movimenti artistici quali la Scapigliatura e alcune
avanguardie del primo Novecento, in primis il Futurismo.
Questi stessi temi,
variamente affrontati nella stampa periodica, li ritroviamo sin
dai primi anni del XX secolo nelle riviste specialistiche che,
via via, si pubblicavano, connotati da innovativi contributi
metodologici e da specifiche riflessioni teoriche, con il
graduale allinearsi della pubblicistica alle modalità proprie
appunto delle coeve riviste specialistiche nazionali ed europee.
Nell’articolo di Consuelo Giglio, La modernità raggiunta: il
rinnovamento musicale a Palermo tra Otto e Novecento attraverso
la stampa periodica specializzata (“La Sicilia musicale”
1894-1910; “L’arte musicale” 1898; la “Rassegna d’arte e teatri”
1922-36), l’autrice analizza attraverso le pagine della stampa
pubblicistica e di quella specialistica, quel periodo di
splendore mondano e di grande vivacità culturale e artistica che
Palermo, entrata nel vivo della belle époque , vive per un
decennio, e che fu caratterizzato, in particolare, dal
significativo episodio che fu per la città l’Esposizione
nazionale del 1891-92. Questo nuovo respiro europeo, che in
primis riguarda l’architettura e le arti figurative, non tarda a
interessare anche l’ambito musicale, stimolando lo svecchiamento
del gusto e l’affermazione del moderno concerto pubblico che
inesorabilmente insidia l’egemonia del melodramma.
La studiosa si sofferma sui nuovi orientamenti
compositivi che si delineano negli stessi anni, in particolare
sulla fioritura di un genere ‘urbano’ del tutto dimenticato,
quale quello della ‘canzone siciliana’, ad emulazione di quella
napoletana.
Le
numerose riviste ‘eclettiche’ uscite a cavallo dei due secoli e
soprattutto due periodici specialistici quali “La Sicilia
musicale” (1894-1910), di proprietà dell’editore musicale Luigi
Sandron e “L’arte musicale” (1898), permettono di tracciare un
quadro completo del rinnovamento del giornalismo musicale che
perviene ad un più alto livello editoriale con la “Rassegna
d’arte e teatri” (1922-36), la cui abbondanza di informazioni e
spunti critici è indagata dalla Giglio che evidenzia il vivace
contesto musicale e culturale della Palermo degli anni Venti.
Segue il saggio di Giovanna Di Marco, Stefano Bottari direttore
di “Arte antica e moderna” (1958 – 1966). Note sull’arte
meridionale, nel quale è analizzato il contributo di una rivista
specialistica di storia dell’arte allo studio di una specifica
realtà culturale quale è quella individuata nella koiné
del meridione italiano.
Nell’articolo è analizzato sia il ruolo di Stefano Bottari quale
direttore della rivista “Arte antica e moderna”, nata dalla
collaborazione degli Istituti di Storia dell’Arte e di
Archeologia dell’Università degli studi di Bologna, sia quello
di studioso. Dalla lettura dei suoi articoli, in particolare
quelli pubblicati nei primi anni della storia della
rivista, emerge la complessità intellettuale dello storico
dell’arte per le ricerche ed approfondimenti sull’arte
meridionale soprattutto d’età medievale, ma anche di pubblicista
per le riflessioni affidate alle recensioni di mostre e nuove
pubblicazioni, che si affianca a quello del ‘teorico’ che
variamente affronta nei suoi testi tematiche riguardanti la
teoria e la critica d’arte.
Anche Marina Giordano
nell’articolo “Collage”: un’esperienza di esoeditoria
d’avanguardia nella Palermo degli anni sessanta, affronta, da
ambiti cronologici e soprattutto metodologici diversi, il
rapporto fra le arti. “Collage” è un particolare esempio di ‘esoeditoria’,
di una pubblicistica, cioè, gestita direttamente da artisti al
fine di promuovere un’alternativa alla cultura dominante, in
questo specifico caso, quella della Palermo degli anni Sessanta.
“Collage. Dialoghi di cultura” (1962-1964), fondata da Paolo
Emilio Carapezza, Antonino Titone e Gaetano Testa, affrontò
un’ampia panoramica di argomenti riguardanti la cultura
palermitana, basandosi su veri e propri indici che fungevano da
scaletta per gli interventi orali dei partecipanti.
La versione stampata (1963-1970) fu sviluppata secondo un doppio
binario, quello della nuova musica e quello delle arti visive,
con due redazioni parallele e una fitta rete di prestigiosi
collaboratori internazionali.