Breve premessa storica di Villa Palagonia
Villa Palagonia[1], a Bagheria, è tra le residenze nobiliari di svago del Settecento una delle più note per l’unicità architettonica[2] e decorativa che rappresenta nel contesto del tardo barocco in Sicilia[3]. Elemento caratterizzante della villa sono le figure grottesche che un tempo erano collocate in più punti del complesso lungo il viale principale di accesso, nel giardino e sulle mura di cinta del cortile. Oggi il bestiario di pietra, con i suoi nani, ballerine e altri personaggi a metà tra il sogno e la realtà, è ridotto di numero[4] e abbraccia l’edificio principale essendo collocato solo sul circuito dei cosiddetti corpibassi, l’insieme di edifici che costituisce la corte. Queste figure, realizzate per conto di Ferdinando Francesco junior Gravina Alliata a partire dal 1747 e che rappresentano delle stravaganze mostruose, hanno determinato la diffusione del nome della villa e delle sue bizzarre sculture conferendole l’appellativo di Villa dei Mostri. Le sculture grottesche hanno notoriamente attratto i visitatori del Grand Tour del XVIII e XIX secolo[5], suscitando reazioni di scandalo[6] e di meraviglia, ma nel complesso la figura di Ferdinando Francesco Gravina Alliata junior vi principe di Palagonia (1722-1788) ha catalizzato l’interesse dei viaggiatori e degli studiosi riconoscendo di fatto nel regista del «teatro di pietra»[7] un uomo di straordinaria cultura, dotato di «un’intelligenza illuminata» come ricorda De Borch[8], capace di creare attraverso le sculture in pietra e tutto l’apparato decorativo interno una singolare sintesi tra gusto barocco e rococò e cultura illuminista[9].
Due generazioni successive consegnano in parte lo stato attuale della villa, in quanto Francesco Paolo Gravina Gravina ultimo e viii principe[10], che muore senza eredi, istituisce una Fidecommissaria composta da due sacerdoti e un consigliere della Suprema Corte di Giustizia per gestire tutte le sue proprietà. In una modifica al testamento del 1748, apportata poco prima di morire nel 1754, Francesco Paolo specifica che il ricavato della vendita delle proprietà deve essere devoluto a favore di opere benefiche e incarica le sorelle suore di vendere «a preferenza»[11] Villa Palagonia in caso di necessità economiche. Dal 1854 al 1885 la villa è quindi gestita dalle Suore di Carità dell’Albergo dei Poveri di Palermo, un’istituzione caritatevole fondata da Francesco Paolo, ma di fatto vige in uno stato di abbandono. Nel 1882 per incarico della Fidecommissaria Palagonia l’architetto Salvatore Spinelli redige una stima complessiva della villa tra beni mobili e immobili dichiarando una cifra per l’epoca molto alta[12]. Il 4 febbraio 1885 Villa Palagonia è acquistata a un’asta pubblica da Angelo Castronovo, notaio e sindaco di Bagheria, e dal fratello Francesco, arciprete di Bagheria. La famiglia Castronovo utilizza tutti gli spazi come abitazione e si trova costretta, durante la grande guerra, a perdere parte del grande patrimonio acquisito. Il sacerdote Castronovo cede inoltre parte del terreno adiacente al viale d’accesso originario (non quello attuale) alle suore del Boccone del Povero per costruire una casa per le donne indigenti di Bagheria, seguendo le indicazioni contenute nel lascito testamentario dell’ultimo principe Francesco Paolo Gravina. Durante la seconda guerra mondiale i corpi bassi della corte sono utilizzati come rifugio per gli sfollati e nel dopoguerra alcune stanze del piano nobile sono date in affitto alla pretura come sede per i suoi uffici al fine di ricavare dei proventi da utilizzare per la manutenzione ordinaria della villa. La proprietà rimane indivisa fino al 1936 quando gli eredi del notaio Castronovo, i sei figli ripartiscono il complesso di Villa Palagonia in sei parti vendendo alcune case dei corpi bassi e dividendo in lotti le aree esterne rese a quel punto edificabili. Uniche eccezioni allo smembramento della proprietà sono il piano nobile del palazzo, che rimane indiviso, la chiesa e alcuni spazi esterni, trasformati in un grande giardino dove sono piantati nuovi alberi.
Nel 1976 i proprietari fondano la Comunione Ereditaria Castronovo volta alla tutela e salvaguardia del patrimonio rimasto. Attualmente i proprietari sono trentanove. Tutti gli spazi del pian terreno sono chiusi al pubblico in quanto sono abitazioni di proprietà esclusiva di alcuni componenti della Comunione Ereditaria, ma il resto del palazzo con il piano nobile, il giardino e la chiesa sono visitabili.
È importante sottolineare che nel corso del Novecento la villa è stata l’unica tra quelle private presenti a Bagheria a essere sempre accessibile al pubblico su richiesta. È soltanto dal primo maggio del 1976 che inizia un nuovo corso, moderno, per la villa in quanto la Comunione Ereditaria Castronovo decide di organizzare un sistema di controllo degli accessi introducendo un biglietto di ingresso e permettendo l’esecuzione di attività culturali negli spazi del piano nobile, utilizzando interamente il ricavato per il restauro e la manutenzione ordinaria della struttura e del giardino. Da allora si è avviato un percorso lento e non senza difficoltà dovuto all’assenza di ulteriori fonti di sostenimento, ma che ha visto realizzarsi negli anni una serie di interventi strutturali. Come amministratore responsabile viene nominato un comproprietario (1976-1993) e successivamente una figura esterna, non comproprietaria e con professionalità esclusivamente di tipo fiscale[13].
Musealizzare Villa Palagonia tra reale e virtuale
Oggi Villa Palagonia si presenta come una struttura fruibile al pubblico ma secondo una logica statica che non incontra più, se non con molta difficoltà, le aspettative del visitatore. Si accede mediante biglietto di ingresso[14], si percorre il viale di accesso e si visita una parte del piano nobile, infine si osservano le sculture grottesche poste sulle mura di cinta. Il percorso all’interno della villa è tutto affidato alla contemplazione individuale del visitatore e alla sua autonoma scelta di itinerario da compiere tra giardino e piano nobile.
Il pubblico contemporaneo, evoluto in una fase partecipativa del suo consumo culturale[15], ha maturato consapevolmente la consuetudine a essere un prosumer[16], cioè un consumatore partecipativo che interagisce col museo e produce contenuti di tipo culturale, fin dal momento pre-visita attraverso l’interazione on line[17] e si trova prevalentemente spaesato e poco motivato sia durante la navigazione in internet alla ricerca di informazioni ufficiali su Villa Palagonia, sia durante la permanenza all’interno della struttura.
Il piano di intervento che si propone in questa sede prevede due ambiti: il settore reale, da attuare negli spazi fisici della villa, e quello virtuale, incentivando il sistema di comunicazione web based e soprattutto sul web 2.0, considerando però le due operazioni come parti di un’unica azione sistemica[18]. Nell’ambito della comunicazione del patrimonio culturale, in cui è naturalmente incluso il settore dei musei[19], le tecniche partecipative[20], che utilizzano gli strumenti delle new technologies e viaggiano sulle piattaforme social[21] e la tecnologia stessa, in continuo sviluppo, sono da considerarsi metodi aggiuntivi, «complementari più che sostitutivi», di supporto alla presentazione di contenuti didattici per promuovere esperienze di apprendimento[22]. È in questo senso che a Villa Palagonia andrebbe prima realizzato un progetto museologico, definito e scientificamente valido, che mostri al visitatore il suo contenuto secondo una sequenza articolata di oggetti, percorsi, spazi, che sia pertnato un canale di trasmissione di saperi[23] e che questo si articoli secondo un sistema espositivo comprensivo di pannelli didattici e con un percorso di visita coordinato tra gli ambienti attualmente fruibili e alcuni da aprire al pubblico, come si vedrà a breve. In maniera complementare, poi, è opportuno ipotizzare un incremento della sua attività su web 2.0, essendo questo soggetto già presente su Facebook e Twitter, ma con un tipo di interazione insufficiente.
È indubbio che la villa possegga numerose potenzialità e unicità derivanti dalle sue caratteristiche storico-artistiche e architettoniche che si incrociano con le testimonianze letterarie e cinematografiche di cui è ancora oggi protagonista, ma questo insieme di peculiarità andrebbe opportunatamente implementato e canalizzato secondo un definito organigramma. Al tipo di offerta basic attualmente presente a Villa Palagonia, in cui la fruizione è parziale, e nell’ottica di ottimizzare la promozione del sistema monumentale verso un ampio target reale e potenziale, si dovrebbe riorganizzare l’aspetto gestionale, ovvero ipotizzare un passaggio da Comunione Ereditaria in fondazione, mantenendo quindi lo status giuridico privato, ma consentendo in tal modo di individuare la mission culturale di Villa Palagonia, avere un impianto più definito nella divisione di compiti, competenze, funzioni e responsabilità[24]. Ciò consentirebbe poi, a livello operativo, di riformulare l’offerta in funzione anche della domanda, ricorrere alla ricerca di fondi mediante fundraising e sponsorizzazioni[25] e offrendo un’immagine identitaria più istituzionale agli eventuali donors.
In attesa che tale proposta venga accettata dalla Comunione Ereditaria Castronovo, è tuttavia possibile attuare un primo intervento che coinvolga il sito, colmando una lacuna reale, ovvero la mancanza di un vero e proprio percorso museale. La villa non possiede una collezione[26] – intesa tradizionalmente come arredi o suppellettili decorative, ma conserva un centinaio delle sculture grottesche in pietra arenaria (o biocalcarenite come indicato in più occasioni da Rosario Scaduto)[27] poste sul perimetro murario e alcune in marmo collocate nel giardino che sono di per sé un nucleo storico espositivo rimasto fortunatamente in situ – e ha il suo punto di forza nella propria storia e nelle peculiarità poco prima sintetizzate, che andrebbero narrate sia durante la fruizione reale che in un itinerario immersivo in digitale.
Percorso di visita e allestimento
Primo step da considerare è creare ciò che attualmente non esiste, ovvero il percorso di visita che includa le parti attualmente fruibili (giardino storico e una parte del piano nobile) e quelle di nuova apertura (chiesa e il cosiddetto Appartamento del Principe al piano nobile).
L’itinerario di visita ipotizzato inizia dalla biglietteria sita all’ingresso odierno della villa (nel Settecento l’ingresso principale era all’esatto opposto sul lato settentrionale) da cui si percorre il viale principale in direzione del prospetto meridionale, si svolta a sinistra verso la Chiesa della Madonna degli Agonizzanti[28], si prosegue lungo l’emiciclo occidentale dove vi è una prima parte delle sculture grottesche e si volta infine l’angolo giungendo all’ingresso principale nella corte settentrionale e di seguito nell’emiciclo orientale, dove si completa il percorso nel giardino storico osservando il secondo gruppo dei mostri. In ognuno di questi punti dovrebbero essere collocati dei pannelli chiari ed essenziali, non invasi e resistenti alle condizioni metereologiche, contenenti rapidi testi con informazioni bilingue (italiano e inglese). L’itinerario di visita del piano nobile comprende una parte già visitabile (260 mq), mentre lo spazio rimanente (che occupa una superficie di 260 mq essendo l’impianto della struttura perfettamente simmetrico) dell’Appartamento del Principe – che è stato liberato da pochi anni da una precedente funzione abitativa – sarà reso fruibile con lo scopo di avere una visione completa del complesso monumentale mediante l’allestimento di uno spazio museale in cui approfondire alcune tematiche culturali.
Attualmente la parte aperta al pubblico comprende la Hall, la Sala degli Specchi con le due sale adiacenti adibite rispettivamente a cappella privata e a sala per il gioco del biliardo, e una delle due terrazze. La Loggia a mangèr è visibile solo attraverso una vetrata, collocata nel biennio 1978-79 per salvaguardare il delicato pavimento rococò in marmo intarsiato.
Nell’Appartamento del Principe si individua la nuova destinazione d’uso, ovvero l’allestimento, grazie alle sue caratteristiche strutturali, di un museo di piccole dimensioni. Le tematiche da enucleare riguardano la storia della famiglia Gravina, principi di Palagonia, dove si narrano le vicende dell’antica dinastia dalle origini fino all’ultimo principe Francesco Paolo Gravina. Saranno visualizzati gli altri possedimenti mediante piante, riproduzioni fotografiche e ricostruzioni plastiche; saranno altresì esposti i reperti di statue e i frammenti dell’apparato decorativo attualmente conservati nei depositi della villa. Una tematica di particolare interesse riguarda l’analisi dell’intenso rapporto e la suggestione che Villa Palagonia ha tessuto con il mondo della cultura (scrittori, fotografi, artisti) dai viaggiatori illustri del Grand Tour alle testimonianze novecentesche di Jorge Luis Borges e Henri Cartier-Bresson. Questa sezione, insieme a una terza dedicata alla relazione con il cinema[29], saranno allestite con pannelli didattici[30], materiale fotografico e di scena utilizzato durante i set di ripresa. Il rapporto di Villa Palagonia con il cinema è un punto di forza, ricco di spunti argomentativi, e potenzialmente potrebbe rivelarsi un forte attrattore per un’utenza più vasta, quale è oggi il vasto pubblico del cinema e soprattutto delle fiction televisive[31].
L’allestimento complessivo del piano nobile deve essere poco invasivo ed essenziale perché la ricchezza architettonica e decorativa della struttura non deve essere camuffata o nascosta da una selva di pannelli. Le stanze che rientrano nel percorso sono elemento complementare della dimora storica e essendo nella maggior parte affrescate, dovranno avere le pareti libere. Questo lo stato attuale con le sale aperte al pubblico: l’ingresso al piano nobile avviene direttamente dalla Hall con gli affreschi con le Storie di Ercole (n. 1), che conduce a destra nella Sala degli Specchi (n. 5), da cui si vedono anche la Sala del Bigliardo (n. 7) e la Cappella (n. 6). Si accede al terrazzo (n. 4) dalla Sala degli Specchi e da quella del Bigliardo. In queste sale si prevede un classico box in legno, dai tratti lineari, che contenga dei pannelli in formato A4 estraibili contenenti informazioni sulle sale in oggetto.
Si accede nell’Appartamento del Principe dalla Sala di Perseo e Andromeda (n. 8) il visitatore è accolto da un pannello centrale[32] (testo bilingue con informazioni sui Gravina e sull’appartamento stesso). Si accede nella successiva Sala di Teseo e Arianna (n. 9), dove è conservata l’originaria pavimentazione con una decorazione floreale maiolicata, e da lì si prosegue entrando nella Sala dei Ritratti dei Principi (n. 10)[33], dove l’allestimento sarà costituito da una semplice panca centrale e un box in legno con schede didattiche di spiegazione per non risultare troppo invasivo. Nella Sala dei Cinesi, si collocherà un ulteriore pannello esplicativo del rapporto tra i Gravina e la famiglia reale dei Borbone[34]. Gli spazi dell’alcova (n. 12) e dell’ex-cucina (n. 14) affronteranno il rapporto tra la villa e la cinematografia. Le dimensioni della prima stanza si prestano infatti per essere adibita a saletta video[35] per la proiezione in loop di spezzoni cinematografici, interviste ai registi e agli uomini di cultura che hanno visitato la villa, creando così un archivio digitale visivo. Nella sala attigua (n. 14) prosegue il percorso sul cinema mediante informazioni e fotografie di scena poste su supporti staccati dalle pareti. Una voce narrante in diffusione leggerà alcuni estratti descrittivi sulla villa (dei viaggiatori illustri di ogni epoca) mentre su un apposito pannello si visualizzeranno le immagini associate.
Tappa conclusiva della visita è la Sala della Memoria (n. 13), luminosa perché adiacente al secondo terrazzo, ampia e senza pitture alle pareti o altri elementi decorativi, idonea quindi a contenere la documentazione sulla villa. Uno spazio per il mantenimento della memoria non solo della villa attraverso le epoche, con testi, immagini fotografiche del complesso monumentale e di Bagheria nel tempo, riproduzioni di documenti conservati negli archivi, ma anche per approfondire la conoscenza del contesto in cui si trova Palagonia, inserita in un sistema di ville settecentesche nel territorio di Bagheria, un luogo di interazione per il visitatore in cui poter approfondire tali argomenti di notevole interesse. Qui sarà predisposta una postazione informatica con due computer touch-screen e una libreria a parete con libri in consultazione a presa diretta, un tavolo centrale e delle sedute. Da questa sala inoltre è possibile accedere ai servizi igienici predisposti a norma anche per le persone diversamente abili. Dalla Sala[36] attigua (n. 15) infine termina il percorso negli ambienti musealizzati attraverso una scala che conduce direttamente in giardino e dotata di scala mobile rimovibile (ovvero si può posizionare all’occorrenza ed è già stata predisposta dai proprietari a norma di legge). In aggiunta in ogni pannello considerato, tra quelli esterni e quelli interni, si dovrebbe inserire la possibilità di accedere a contenuti multimediali tramite QR Code[37] dove i visitatori possono, tramite personale dispositivo (smartphone, iPhone, iPad) acquisire i dati, visualizzare immagini speciali sulla villa.
La sede dell’ufficio della direzione e dell’amministrazione potrebbe essere posta nell’ambiente dell’ex-falegnameria nella corte occidentale, o in alternativa, qualora questo spazio fosse destinato a divenire una caffetteria mediante anche un ingresso autonomo dall’esterno, in un altro ambiente dei corpi bassi attualmente adibito a ripostiglio. In conclusione, avendo focalizzato le necessità primarie, i servizi mancanti da offrire all’utenza e stante la disponibilità di spazi fisici e di contenuti culturali congrui con il bene culturale preso in analisi, questa parte della proposta allestitiva potrebbe essere avviata in tempi rapidi attraverso un’azione mirata di fundraising. Una gestione riformulata dovrebbe inoltre prevedere: il potenziamento del servizio di biglietteria; l’attivazione di un servizio di prenotazione online, che consenta di raggiungere l’utenza remota; la programmazione di iniziative culturali ad hoc; l’attivazione di un servizio di didattica scolastica a pagamento; l’attivazione di visite guidate. Queste ultime, in taluni casi, sono state svolte da una cooperativa locale nel 2013 riscuotendo un esito positivo e registrando la presenza soprattutto dei residenti, questo perché Villa Palagonia pur non essendo l’unica villa di Bagheria aperta al pubblico (ma è l’unica tra quelle private a essere sempre, tutto l’anno, fruibile) è tradizionalmente identificata dalla cittadinanza come un bene in cui riconoscere la propria identità, attraverso un senso di appartenenza al territorio e ciò è probabilmente dovuto all’usanza introdotta dai Castronovo di rendere la villa accessibile a tutti. I due “pupi” posti all’ingresso attuale della villa, la scultura raffigurante l’aquila e il prospetto meridionale in cui è collocata, si trovano riprodotti nelle insegne di alcuni esercizi commerciali, sul sito del Comune, sulle intestazioni di alcune testate giornalistiche online locali quasi a testimoniare il ruolo di essere immagini iconiche identificative di Bagheria, in una forma spontanea di city-brand[38], che potrebbe essere preso seriamente in considerazione dal Comune nell’ottica di promozione turistica territoriale.
Fruizione e valorizzazione di Villa Palagonia mediante nuove tecnologie e social media
Una efficace valorizzazione di Villa Palagonia deve necessariamente servirsi del web e dei digital tool di ultima generazione per diffondere la conoscenza di questo bene culturale decisamente unico e originale nel panorama delle ville barocche italiane. Da alcuni decenni ormai si è trasformata la modalità di trasmissione dei dati, attraverso la diffusione delle nuove tecnologie, del rafforzamento dell’uso di internet nel nostro quotidiano e della penetrazione della banda larga. Il canale di comunicazione di tale insieme di informazioni (più spesso indicati come “contenuti”) ha assunto un ruolo centrale, tanto da provocare un mutamento rivoluzionario delle logiche di comunicazione[39]. Le istituzioni culturali, in cui rientra meritoriamente la villa, hanno la responsabilità di essere dei centri da cui irradiare informazioni, che siano scientificamente valide e autorizzate, in maniera democratica rivolgendosi a una audience illimitata grazie all’utilizzo delle new technologies, «adattando il proprio approccio a un consumo culturale divenuto valore sociale»[40]. In questo modo, prosegue Bonacini, tramite «piattaforme culturali di sviluppo integrato» la fruizione del valore culturale diviene illimitata e senza confini geografici. Fuoriesce la possibilità/necessità che l’istituzione diventi una sorta di hub, un centro di sviluppo socio-culturale, in cui scambiare risorse e produrre capitale culturale digitale[41] grazie alle ICT che consentono di dare un’immagine dell’istituzione stessa innanzitutto positiva, dinamica e più vicina al modo di agire della nuova società 2.0, non solo depositaria fisicamente di cultura (intesa in termini materiali di manufatti e immateriali di concetti, valori culturali), ma che – con la propria identità – si collochi anche come rete di servizi e strumenti che gli user possono selezionare in base al proprio criterio di scelta.
La valorizzazione si serve del canale di comunicazione del web, ed è indispensabile avere un proprio sito internet in quanto questo è il biglietto di presentazione dell’istituzione, è «una delle prime interfacce che relazionano il visitatore con il Museo, è uno strumento fondamentale di comunicazione e promozione di imprescindibile continuo aggiornamento»[42]; dovrebbe inoltre essere pensato per rivolgersi a più tipologie di target attraverso diversi livelli di approfondimento[43].
Sul web based la villa è presente con un suo sito istituzionale (www.villapalagonia.it) fin dal 2009, ma questo è statico, un contenitore dotato di alcune informazioni e immagini basilari in cui non è prevista in alcun modo l’interazione con l’user[44]. Villa Palagonia è inoltre presente su Facebook con un account personale dal 2012, che conta 1555 amici[45] e viene utilizzato per promuovere il bene attraverso la pubblicazione di fotografie, di link ad articoli e raccoglie segnalazioni e richieste da parte degli “amici”. È stata recentemente aperta la pagina Facebook, che però non è in grado di fornire dati statistici adeguati essendo attiva da un breve periodo[46]. Questa scelta è stata dettata dalla considerazione che scegliere tra pagina e profilo ha inevitabili riflessi nella dimensione della diffusione della comunicazione. La pagina permette di avere un numero illimitato di contatti (like) e conseguente traffico (insight) raggiungendo un’audience indefinibile, con il profilo il numero di contatti (amici) ha un tetto massimo di 5000, salvo poi attivare l’opzione Seguaci per le notizie pubblicate in modalità Pubblico. Attraverso la pagina però si riesce a seguire l’incremento di adesioni e si creano maggiori possibilità di coinvolgimento degli user. Villa Palagonia è anche su Twitter, da luglio 2012, con dati sconfortanti (75 following, 28 follower e solo 9 tweet). Sarebbe auspicabile, prima di attivare altri account nei social (come Instagram, Pinterest, Google Plus e altro ancora) rafforzare questa presenza sul web 2.0 mantenendo una azione costante, con l’utilizzo di una terminologia adeguata al target di riferimento, essere possibilmente bilingue, il tutto finalizzato a stimolare l’engagment degli user[47].
La connessione tra sito istituzionale e presenza sui social media dovrebbe fare parte di un unico progetto di comunicazione del valore culturale[48], in questo caso di Villa Palagonia, finalizzato alla valorizzazione del bene stesso. È fondamentale che i due contenitori siano sempre in contatto tra loro e che l’uno sia il riflesso dell’altro, facendo veicolare le informazioni tra web based e web 2.0, ma sempre con una attenta selezione dei contenuti a seconda dei destinatari e del tipo di piattaforma in cui si agisce. Ciò consente la produzione di un sistema di trasmissione interattivo, svolto da uno (Villa Palagonia) verso molti (user) e soprattutto permette di modificare il tipo di comunicazione secondo la catena bottom-top[49]che favorisce la produzione di UGC, ovvero di User Generated Content, i contenuti culturali creati dagli utenti stessi (i prosumer) mediante il canale many-to-many[50].
Fortunatamente anche in Italia iniziano a presentarsi oggi alcuni esempi di comunicazione partecipativa adottata da istituzioni culturali private e pubbliche: un esempio di best practice all’interno della realtà italiana è l’attività promossa da Palazzo Madama di Torino[51], che ha saputo trarre dalla crisi economica innumerevoli punti di forza per consolidare la propria immagine, sviluppare la propria collezione e ottenere una crescita dei visitatori. In generale la co-creation of cultural value e la loro condivisione (la pratica dello sharing è infatti una delle azioni che quotidianamente gli user svolgono sul web 2.0 creando un flusso comunicativo potenzialmente inarrestabile) presenta alcune caratteristiche ottimali da cui la stessa Villa Palagonia potrebbe trarre proficuo riscontro. Il primo carattere è quello dell’economicità, se le risorse sono limitate non è possibile una ampia partecipazione; i dati sono verificabili in quanto maggiore sarà la partecipazione, maggiore sarà il controllo; le informazioni inserite possono essere arricchite sia qualitativamente che quantitativamente dagli user[52]. Ulteriori aspetti sono la democratizzazione dell’informazione, la visibilità dell’istituzione e la diffusione globale del brand[53].
La comunicazione sui social favorisce il coinvolgimento emotivo del pubblico di tutte le età attraverso i processi del gamification[54] e dello storytelling[55] e, nel caso specifico di Villa Palagonia, i temi che si prestano sono numerosi (la storia della famiglia, i mostri, il fascino del cinema) e potrebbero essere opportunatamente studiati sia per attrarre il visitatore da remoto attraverso un’offerta specifica sui social network (come è il caso del game Miss Rijksmuseum 2012 sulla pagina Facebook del Museo Rijksmuseum di Amsterdam), sia sfruttando la possibilità di far compiere un tour virtuale all’utente anche attraverso i dispositivi mobili (smartphone, iPhone, iPad). Negli ultimi anni infatti si è evoluto il concetto di guida come complemento della visita, tramontata l’era della audioguide[56], le guide multimediali permettono, grazie alle tecnologie apposite, di personalizzare le informazioni (è possibile che gli user creino contenuti), di localizzarle, di sceglierle (mediante liste di favoriti o podcast) di registrare la presenza dell’user mediante sistemi georeferenziati con GPS[57]. Le modalità di fruizione possono essere sia open air che su tecnologie di posizionamento di altro tipo (Wi-Fi, Bluetooth) nel caso in cui ci si trovi in un ambiente ristretto. Un’altra risorsa per incentivare la fruizione mobile del patrimonio culturale di Villa Palagonia dovrebbe dunque essere una app guide[58] (gratuita) a disposizione di user (che ne usufruiscano da remoto) e dei visitatori (nel momento della loro fruizione fisica), per esempio un’app intitolata Discover Villa Palagonia, della tipologia con “assistenti navigazionali per telefonia mobile”[59], completa di informazioni di base sulla villa – con contenuti predisposti appositamente – e arricchita da percorsi di visita che offrano l’occasione di vivere un momento esperienziale unico che unisca l’aspetto didattico a quello del divertimento, secondo la logica dell’edutaintment, e che permetta anche un’immersione nel contesto delle ville settecentesche. Attualmente è stata riscontrata la presenza della villa nella app Palermo Perla del Mediterraneo, realizzata da Filmcards (a pagamento, in italiano e inglese), tra le prime guide digitali del genere turistico e culturale pubblicate (2011). La app contiene video e immagini e tra le nove sezioni in cui è suddivisa, una è dedicata esclusivamente a I dintorni e Villa Palagonia, è citato il sito ufficiale, ma il filmato visibile risulta alquanto deludente perché si tratta di una vecchia produzione degli anni Ottanta del Novecento con i colori sfasati e che non restituisce l’aspetto attuale della villa in quanto si vede ancora il prospetto settentrionale prima degli interventi di restauro attuati a metà anni Novanta.
In conclusione si può affermare che Villa Palagonia presenti un potenziale in termini di spazi fisici e virtuali che dovrebbero essere rapidamente messi in funzione, seguendo le proposte avanzate in queste sede, affinché in un periodo di tempo non troppo lontano, non si perda la memoria storica di questo sito culturale. Senza memoria né conoscenza è difficile mantenere una buona conservazione del bene culturale e di conseguenza promuovere un’efficace valorizzazione, una comunicazione coordinata e continuativa su web based e sui social media, insieme a una riformulazione dell’offerta in senso museale potrebbe consentire il mantenimento del world of mouth[60] di Villa Palagonia.
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* Questo primo paragrafo prende spunto dal lavoro condotto per la discussione dell’elaborato finale della Scuola di Specializzazione in Beni Storico-Artistici presso la Seconda Università degli Studi di Napoli - Università degli Studi ‘Suor Orsola Benincasa’, Le scelte gestionali per la valorizzazione di un sistema monumentale. Un progetto di musealizzazione per Villa Palagonia a Bagheria, “Economia dei Beni Culturali” relatore prof. D. Dell’Anno, correlatore prof.ssa N. Barrella (2011), dove si ipotizzava un percorso museale. Le proposte museografiche attuali sono frutto di nuovi approfondimenti condotti nel campo della comunicazione museale partecipativa durante la ricerca di dottorato.
1 Villa Palagonia, indicata nei documenti d’archivio “Casino alla Bagaria” per indicare la funzione residenziale del complesso, viene commissionata dal principe Ferdinando Francesco Gravina e Bonanno senior nel 1715 all’ingegnere Tommaso Maria Napoli per il matrimonio della figlia Maria Gravina Lucchese. Il 24 giugno 1721, data del matrimonio, è pronta una parte della villa. Cfr. N. Tedesco, M.R. Palma, A. Tedesco, L’immago espressa, Villa Palagonia tra norma ed eccezione, Ediprint, Siracusa 1986.
2 In alcuni documenti dell’Archivio Palagonia che non sono andati distrutti si desume che nel 1715 il padre domenicano Tommaso Maria Napoli (Palermo 1655-1725), ingegnere militare del Senato di Palermo, è indicato come progettista della villa e autore dei disegni d’insieme. Le ricerche archivistiche di Erik Neil hanno portato a dimostrare che oltre al Napoli si sono alternate altre figure nella conduzione dei lavori e in alcuni documenti contabili d’archivio compare nei pagamenti il nome dell’architetto Agatino Daidone (Calascibetta 1662-Palermo 1724) quale direttore dei lavori. Cfr. E. Neil, Architects and architecture in 17th & 18th century in Palermo: new documents, in “Annali di architettura”, Rivista del Centro internazionale di studi di Architettura Andrea Palladio, Electa, Milano 1995. È probabile che sia stata attiva una collaborazione tra il Napoli e Daidone, anche se nei pochi documenti superstiti dell’archivio di famiglia dei Gravina di Palagonia non vi è traccia e le morti dei due architetti sono talmente ravvicinate da far pensare che quest’ultimo non può aver continuato l’opera.
3 Esiste una vasta letteratura in materia che ha affrontato i diversi aspetti di Villa Palagonia da quello storico-architettonico a quello letterario senza tralasciare ipotesi di interventi di restauro. Oltre agli studi riportati nella nota 1, si citano altri testi non considerando esaustiva tale elencazione: N. Finocchio, Note sulla costruzione di alcune ville di Bagheria, in “Annuario Istituto Tecnico Commerciale Luigi Sturzo”, Bagheria 1993; R. Scaduto, Il trionfo del principe. L’arco della Santissima Trinità a Villa Palagonia in Bagheria, in Storia e Restauro di architetture siciliane, Bonsignori, Roma 1996; U. Castagna, L’ultimo principe, storia di Don Francesco Paolo Gravina, principe di Palagonia, Arte tipografica editrice, Napoli 1998; B. De Marco Spata, Novità archivistiche su villa Palagonia in Bagheria, in La città e le ville, Istituto di cultura Siciliano (ICS), Bagheria 1998; R. Scaduto, L’Arco della SS. Trinità di Villa Palagonia: un segno della cultura barocca europea a Bagheria, Zangara, Bagheria 1999; N. Tedesco, M.R. Palma, Villa Palagonia tra norma ed eccezione, Lombardi Editori, Siracusa 2013, e si rimanda all’ampia bibliografia presente in R. Scaduto, Villa Palagonia. Storia e restauro, E. M. Falcone, Bagheria 2007.
4 Se Brydone (P. Brydone, Viaggio in Sicilia e a Malta 1770, a cura di V. Frosini, Longanesi, Milano 1968, pp. 194-99) annota a circa 600 le sculture grottesche negli anni Settanta del Settecento, è pur vero che lo stato attuale non è solo frutto degli interventi novecenteschi in quanto già a partire da Salvatore Gravina e Cottone (fratellastro di Ferdinando Francesco Gravina junior e vii principe di Palagonia alla morte della moglie nel 1805), si registrano rilevanti cambiamenti nella villa, in linea con il mutamento di gusto dell’epoca. Salvatore Gravina elimina gran parte dei decori esterni e modifica fortemente gli interni, facendo realizzare il ciclo di affreschi raffigurante le Fatiche di Ercole nelle pareti della hall e le scene di ambientazione esotica nell’appartamento al piano nobile. Proprio sulla sovrapporta che conduce nell’appartamento del principe fa apporre la scritta «Cangiò l’antica interior struttura al gusto di una moderna architettura» siglando così, insieme alle altre due iscrizioni dipinte nella sala di ingresso al piano nobile, il proprio intervento a suo giudizio ‘riqualificatore’. Nel 1798 Thomas Bingham Richards, dopo aver visitato la villa, racconta con gusto aneddotico non senza una linea di rimpianto che «il palazzo del principe di Palagonia, famoso per essere una mescolanza di grottesco e di mostruoso, è ancora molto interessante, sebbene non sia più affatto quel che era quando lo visitò Brydone. Questi infatti racconta che le continue lamentele delle dame per l’aspetto terrificante delle strane statue che circondavano l’edificio indussero il defunto principe, il primo collezionista di tante stranezze, ad abbattere tutte le statue che si trovavano vicino alla strada e a tenere solo quelle vicino al palazzo. È proprio un peccato che egli sia stato tanto debole da lasciarsi persuadere a distruggere uno dei più begli esemplari del grottesco mai esistiti». T. B. Richards, Letters from Sicily, printed W. Stratford & R. Young, London 1800, pp. 180-181.
5 È a partire dalla menzione di Patrick Brydone nel suo viaggio in Sicilia nel1773 che si diffonde la curiosità dei contemporanei e nelle corti europee si parla di Villa Palagonia (cfr. P. Brydone, Viaggio in Sicilia e a Malta...). Nella Lettera XXIV scritta a Palermo il 28 giugno 1770 Brydone infatti dice che «La folla stupefacente di statue che circonda la casa sembra a distanza un esercito in miniatura posto a sua difesa. Ma appena sei lì in mezzo e ciascuna assume il suo vero aspetto, ti pare di essere capitato nel paese dell’illusione e dell’incantesimo: nell’immenso aggruppamento non v’è una sola statua che rappresenti un oggetto di natura, e non si sa se rimanere più stupiti per l’assurdità dell’immaginazione che ne è stata la creatrice, o per la sua prodigiosa fertilità».
6 Swinburne non apprezza i Mostri di Palagonia e le particolarità dell’arredo tanto da ammettere che «non vedevo l’ora di andarmene da quel formicaio di mostri: qui l’assurdità è così volgare, la stramberia così disgustosa che non riuscii nemmeno a sorridere ed ero stupito che il proprietario non fosse già stato mille volte chiuso in manicomio» (H. Swinburne, Travels in the two Sicilies in The Years 1777, 1778, 1779, and 1780, vol. I, printed P. Elmsly, London 1783-1785, pp. 249-253). Goethe addirittura si lamenta di aver perso un’intera giornata appresso alle pazzie del principe, salvo poi descrivere con dovizia di particolari il sistema di decorazione presente nel giardino e all’interno del palazzo, tratteggiando con attenzione la manifattura del mobilio, anch’essa fuori dal normale e il crocefisso che era posto nella chiesa: «Infisso alla volta, si vede un crocifisso scolpito d’una certa grandezza, con le carni dipinte al naturale, inverniciato e dorato ad un tempo. Nell’ombelico del crocifisso è avvitato un uncino, dal quale pende una catena che alla sua volta è fissata alla testa d’un penitente inginocchiato e sospeso in aria» J.W. Goethe, Viaggio in Italia (1816-1817), traduzione a cura di E. Zaniboni, II, Sansoni, Firenze 1948, pp. 78-83.
7 N. Tedesco, M.R. Palma, Villa Palagonia..., p. 34.
8 M.J. De Borch, Lettres sur la Sicilie et sur l’Ile de Malthe de monsieur le Comte De Borch de plusieurs academies à M.le C. de N., écrites en 1777 pour servir de supplément au Voyage en Sicile et a Malthe de monsieur Brydonne, II, Reycends, Turin 1782, pp. 103-110.
9 Per una sintesi sui riferimenti iconografici individuati e supposti delle sculture si veda in R. Scaduto, Villa Palagonia. Storia e restauro..., pp. 172-189.
10 Per avere il quadro completo della famiglia in funzione della villa occorre precisare che Francesco Paolo Gravina Gravina (1800-1854) è figlio di Salvatore Gravina e Maria Provvidenza Gravina Gaetani, figlia di Ferdinando Francesco Gravina Alliata junior. La ragazza aveva dovuto sposare lo zio Salvatore, fratellastro del vii principe in ottemperanza al lascito testamentario del trisavolo Ignazio Sebastiano Gravina Cruillas Amato, iii principe di Palagonia morto nel 1694 che aveva come unico scopo quello del mantenimento dell’intero patrimonio all’interno della famiglia.
11 U. Castagna, L’ultimo principe..., p. 247.
12 La stima ammontava a centocinquemilatrecentoventuno e trentuno lire e trentuno centesimi di lire. Cfr. R. Scaduto, Villa Palagonia. Storia e restauro..., pp. 255-259 riporta per esteso l’inventario redatto dall’architetto Spinelli con l’indicazione di mobilio, suppellettili e stato dell’edificio conservato presso l’Archivio Notarile di Palermo.
13 Le decisioni finali spettano all’assemblea della Comunione Ereditaria Castronovo.
14 È aperta tutto l’anno con orari estivi e invernali, www.villapalagonia.it.
15 N. Simon, The Participatory Museum, 2010, www.participatorymuseum.org.
16 Con prosumer (contrazione di producer e consumer) si vuole indicare la categoria di user che costruisce i propri contenuti selezionandoli tra quelli erogati sul web dalle istituzioni. Il termine, coniato da A. Toffler nel 1980, nasce in realtà da un’intuizione di Mc Luhan del 1972, il quale vedeva nel mercato, standardizzato e saturo tra domanda e offerta, un’apertura attraverso la nuova attività degli utenti a personalizzare l’offerta, che in questo modo si sovrappongono tra consumatori e produttori. MINERVA EC WORKING GROUP, Handbook on cultural web user interaction, 2008, www.minervaeurope.org/publications/handbookwebusers-firstdraft-june08.pdf, e M.T. Natale, Minerva EC for the quality of cultural web applications, speech presentato in data 11.11.2008.
17 L. Solima, Visitatore, cliente, utilizzatore: nuovi profili di domanda museale e nuove traiettorie di ricerca, in A. Bollo, I pubblici dei musei. Conoscenza e politiche, Franco Angeli, Milano 2008 www.fizz.it/home/sites/default/files/allegati/articoli/pdf_articoli_completi/2007-solima.pdf.
18 Per il concetto di sistemico cfr. D. Dell’Anno, Appunti di Economia d’Impresa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1996.
19 Per comunicare con i visitatori è necessario che il museo, in questo caso Villa Palagonia, faciliti il processo di acquisizione della conoscenza scegliendo un codice opportuno per il target di riferimento. Si veda F. Antinucci, Comunicare nel museo, Laterza, Bari 2004. Il museo, inoltre, fornisce al visitatore gli strumenti necessari per interpretare i segni del mondo fenomenico e che si ritrovano organizzati negli ambienti museali: chiavi di lettura diverse e diversificate a seconda del destinatario, ma che portano al «compito infinito dell’interpretazione [che] costituisce la struttura di base della conoscenza» (E. Hooper-Greenhill, I musei e la formazione del sapere, il Saggiatore, Milano 2005). Queste chiavi di lettura, se strutturate appositamente, sono applicabili al web 2.0.
20 Un recentissimo esempio di creazione partecipativa di contenuti della cultura immateriale in Sicilia finalizzato alla «valorizzazione e alla salvaguardia dei beni culturali basata sulla condivisione di risorse, strumenti, esperienze e contenuti convergenti in quella che è stata definita ‘co-creazione di valore culturale’» è il progetto Arca dei suoni (acronimo di Archivio Condiviso ed Aggiornabile dei Suoni) promosso dall’Assessorato dei beni culturali e dell’identità siciliana e coordinato dal Centro regionale per l’inventario, la catalogazione e la documentazione grafica, fotografica, aerofotografica, fotogrammetrica e audiovisiva dei beni culturali e ambientali, per la conservazione digitale della memoria comune. In questo caso si chiede agli utenti di collaborare per raccogliere i suoni tipici della cultura siciliana (ovvero musica, filastrocche, canti, espressioni dialettali, racconti orali, voci), di archiviarli sul repository del portale, affinché tutti possano contribuire alla «conservazione della memoria storica e antropologica delle tante comunità che popolano l’isola». Questo archivio sonoro è pertanto aperto e si presenta come un «museo virtuale della memoria sonora digitale comune, liberamente consultabile, condivisibile, accessibile e aperto a contributi», in E. Bonacini, La co-creazione di valore culturale: Arca dei Suoni. Un archivio digitale partecipativo per non dimenticare, in“Quaderno di Arca dei Suoni”, 2, a cura di M. Ribaudo,CRICD, Palermo 2013, p. 44.
21 Come è noto i social media consentono di avere una visibilità di portata mondiale, potenzialità che non è sfuggita al settore del cultural heritage e che sta progressivamente trovando spazio anche nell’ambito italiano dei musei, dei parchi archeologici, delle biblioteche e degli archivi (Cfr. N. Bonacasa, Il museo on line. Nuove prospettive per la museologia, Digitalia OADI, 2011, www.unipa.it/oadi/digitalia/01_bonacasa.pdf). Tra le piattaforme più utilizzate dove si incrocia la ricerca degli user e l’offerta delle istituzioni culturali, si ricordano le piattaforme testuali come Facebook, Twitter, Google Plus, Linkedin, e quelle a vocazione iconica e fotografica come You Tube, Instagram, Pinterest, Flicker.
22 L. Solima, L’impresa culturale. Processi e strumenti di gestione, Carocci, Roma 2004, p. 30.
23 Si riporta da I. Tedesco, La comunicazione del patrimonio culturale via web: il caso dei musei statali in Campania. Prime indagini, in Per la conoscenza dei beni culturali. VI. Ricerche del Dottorato in Metodologie conoscitive per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali, a cura di S. Quilici Gigli, R. Lattuada, Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2014: «La conoscenza trasmessa dal museo promuove il sapere e, poiché “il sapere non è fatto per comprendere [ma] per prendere posizione” (Foucault), favorisce la maturazione di opinioni critiche» (nota 10), un’azione riflessiva che si manifesta grazie al dialogo instaurato tra l’istituzione e il visitatore sollecitato dall’insieme di segni iconici e che nel caso di Villa Palagonia si dimostra per certi aspetti urgente considerando la differenza riscontrata tra il livello di aspettativa del visitatore medio e lo stato attuale di fruizione.
24 Nello schema di gestione di un’istituzione museale realizzato da Andrew Edwards durante l’indagine condotta per il British Museum di Londra, nel 1996, e che prende il nome di Rapporto Edwards, sono ben delineate tutte le componenti del Museo che, con le dovute proporzioni, potrebbero essere tenute in considerazione in fase di attivazione di scelte strategiche a Villa Palagonia. Riassumendo il museo deve in primis individuare la sua identità (Forze, Finalità e obiettivi principali, Obiettivi interni, Affari esterni e obiettivi del servizio al pubblico); la Forma Istituzionale e Struttura di Governance (Forma giuridica, Governance); la Cultura Manageriale e Struttura (Cultura Manageriale, Struttura Manageriale, Team e riunioni); la Gestione dei Programmi Principali (Mostre temporanee, Principali progetti di sviluppo, Acquisizioni); Sistemi Amministrativi (Pianificazione e budgeting, Controllo di gestione e centri di costo, Ulteriori condizioni); Personale, Stipendi e Sistemi Informatici (Dimensionamento, Livelli retributivi, Gestione del personale, Assicurazioni per i dipendenti e per il pubblico, Strategie informatiche e di telecomunicazioni); Sviluppo, Infrastrutture, Manutenzione e Gestione degli Immobili (Programmi di sviluppo, Strutture per edifici e sviluppo, Budget dei progetti di sviluppo, Gestione infrastrutture, manutenzione, impianti); Altri Dipartimenti di Spesa (Guardie e sicurezza, Dipartimenti gestionali ed edifici, Dipartimenti curatoriali); Entrate (Fund-rising, Attività commerciali, Biglietto d'ingresso); Opzioni di budget. Cfr. L. Zan, Economia dei musei e retorica del management, Electa, Milano 2003.
25 Purtroppo negli ultimi anni si è registrato un crescente calo delle presenze, un dato allarmante considerando che la struttura non riceve finanziamenti esterni e affida la propria sopravvivenza ai ricavi derivati dall’utenza e dal fitto dei locali e del giardino in occasione di particolari manifestazioni (convegni), riprese cinematografiche e/o televisive e matrimoni (in ottemperanza alle indicazioni emanate dalla Soprintendenza per quanto riguarda l’agibilità e la sicurezza che prevede un tetto massimo di 200 persone per quanto riguarda le celebrazioni). I ricavi attualiriescono in realtà a coprire le spese per il mantenimento ordinario del bene, rimangono escluse le attività di valorizzazione.
26 Esistono delle fotografie dei primi del Novecento che documentano l’esistenza del mobilio, andato poi purtroppo perduto dopo l’acquisto dei Castronovo.
27 R. Scaduto, Villa Palagonia....
28 La chiesa, essendo consacrata, è aperta al pubblico solo in occasione di funzioni religiose e per il restante tempo rimane chiusa. Il visitatore non a conoscenza di questa situazione può ammirare soltanto la facciata dell’edificio religioso. La carenza di personale, infine, non permette il collocamento di una risorsa a guardia della chiesa.
29 Produzioni cinematografiche e televisive girate a Villa Palagonia: 1947 Malacarne, regia di Pino Mercanti; 1948 Il principe ribelle, regia di Pino Mercanti; 1948 I cavalieri della maschera nera, regia di Pino Mercanti; 1960 L’avventura, regia di Michelangelo Antonioni; 1962 Il mafioso, regia di Alberto Lattuada; 1984-2001 La piovra, regia di Damiano Damiani; 1990 Dimenticare Palermo, regia di Francesco Rosi; 2002 Il consiglio d’Egitto, regia di Emidio Greco; 2003 Il ritorno di Cagliostro, regia di Ciprì e Maresco; 2006 Il regista di matrimoni, regia di Marco Bellocchio; 2007 L’amaro caso della baronessa di Carini, regia di Umberto Marino (Rai fiction); 2008 L’imbroglio nel lenzuolo, regia di Alfonso Arau; 2009 Bàaria. La porta del vento, regia di Giuseppe Tornatore; 2010 L’altruista, regia di Andrea Zaccariello (spot marchio Condorelli).
30 In base a una ricerca effettuata per tipologia, un modello di pannello idoneo potrebbe essere in policarbonato, con basi metalliche (dimensioni non troppo invasive di cm 100x150h e ingombro totale cm 142x200h), oppure una struttura a piantana in alluminio a sezione quadrata e scanalature a “coda di rondine” con una lastra in metacrilato trasparente, con base metallica in lamiera pressopiegata di acciaio verniciata a polvere epossipoliestere.
31 È noto in Sicilia il fenomeno del turismo da fiction sorto a seguito della trasposizione televisiva dei romanzi di Andrea Camilleri, protagonista il famoso commissario Montalbano, ambientati a Ragusa e nella sua provincia. Un tentativo (purtroppo non andato a buon fine) di creare una filiera di produzione televisiva, sulle orme della soap Un posto al sole, è stata la produzione Rai Fiction e Rai Educational in collaborazione con la Regione Sicilia, Dipartimento per i Beni Culturali, di Agrodolce (2007-2009), soap-educational ambientato nelle località limitrofe come Porticello, Santa Flavia e Santa Elia, piccoli paesi del comune di Bagheria. A titolo esemplificativo si ricordano, infine, le fiction Elisa di Rivombrosa (Mediaset, 2003-2005) e Don Matteo (Rai 1, produzione attiva dal 2000) che hanno determinato in anni passati un incremento del turismo rispettivamente in Piemonte, nel territorio circostante il Castello ducale di Agliè dove era ambientata la storia, e in Umbria, a Gubbio, dove si svolgono gli episodi.
32 Si veda nota 30.
33 In questa Sala le pareti accolgono i ritratti ad affresco, quasi a grandezza naturale, dei membri della famiglia Gravina. È raffigurato il principe Ferdinando Francesco Gravina junior, il committente dei mostri. Anche in questa sala sono visibili, nella pavimentazione originaria, resti della decorazione maiolicata a motivi floreali dal carattere rustico che ben si sposa con la funzione residenziale della villa. È da notare che anche nella Hall si trovano tracce in alcuni, esigui, tasselli della pavimentazione, di una decorazione floreale che doveva un tempo occupare tutto il piano di calpestio permettendo al visitatore di sentirsi parte di un unico disegno, di vivere un’immersione nel verde rigoglioso tra l’esterno e l’interno e proseguendo poi negli specchi dipinti con una continua balaustrata della Sala degli Specchi.
34 Per gli aspetti storico-artistici e i legami tra i Palagonia e la corte dei Borbone, in particolare con Ferdinando I, si rimanda a I. Tedesco, Villa Palagonia, Aracne editrice, Roma 2014.
35 Si immagina di collocare un video proiettore, alcune sedute e schermare la finestra.
36 Questa sala che non presenta elementi decorativi potrebbe essere destinata a ospitare un bookshop.
37 Le tecnologia QR Code consiste in un codice a barre bidimensionale di tipo quick response, ovvero a risposta rapida, a matrice, composta da un’alternanza di moduli bianchi e neri collocati secondo uno schema specifico, contiene fino a 7.089 caratteri numerici e 4.296 alfanumerici. È stato inventato in Giappone (1994) e si è diffuso a partire dai primi anni Duemila trovando spazio prima nel settore della pubblicità (giornali, cartellonistica pubblicitaria) e poi progressivamente il QR Code è stato adottato dai musei per veicolare facilmente informazioni e dati acquisibili tramite propri dispositivi mobili. Lo sviluppo della tecnologia mobile, smartphone, iPhone e quant’altro e l’organizzazione di una strategia di marketing apposita ha favorito la sua diffusione all’interno del sistema culturale. Cfr. E. Bonacini, Nuove tecnologie per la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale, Aracne editore, Roma 2011, pp. 196-203, 217.
38 Il city branding è una forma di promozione adottata da numerose città a fini di marketing territoriale e di merchandising. Il caso più noto è “I love New York”, inventato da Milton Glaser nel 1976, a cui sono seguite numerose esperienze come Barcellona, Parigi, Londra, Berlino. Anche in Italia iniziano a presentarsi alcuni casi che riguardano città come Bologna, Venezia, Roma. Il modo più efficace per la creazione del marchio (brand) è quello frutto di un processo partecipativo «che intende far derivare il marchio dalla percezione di chi vive, abita, anima la città, esaltandone quindi i caratteri originali attraverso il marchio. È il risultato di un processo collettivo, di comunità». Cfr. M. Tognetti, City Branding: a quali condizioni un brand cittadino è davvero utile a Firenze?, www.attivafirenze.it/city-branding-a-quali-condizioni-un-brand-cittadino-e-davvero-utile-a-firenze. Un’interessante analisi sui “Key Success Factors” in I. Tiezzi, Rinnovare l’immagine di una città d’arte. Un’analisi di benchmark internazionale, Fondazione Palazzo Strozzi - The Boston Consulting Group, 2010, www.palazzostrozzi.org/allegati/benchmark_study_110721045132.pdf.
39 A. Buffardi, D. de Kerckhove, Il sapere digitale, Liguori, Napoli 2011.
40 E. Bonacini, Dal Web alla App. Fruizione e valorizzazione digitale attraverso le nuove tecnologie e i social media, Maimone, Catania 2014, pp. 18-19.
41 Ibidem.
42 Mart Annual Report 2012, www.mart.tn.it/UploadDocs/1083_Annual_report_2012_OK_DEF_11_03_13.pdf.
43 A. D’Amore, Il museo “avvicinabile”: la strategia social dello Statens Museum for Kunst - Danimarca, 20 marzo 2014, www.svegliamuseo.com/it/il-museo-avvicinabile-la-strategia-social-dello-statens-museum-for-kunst-danimarca.
44 In homepage è presente soltanto il menu che rimanda alle sezioni: Servizi (dove sono indicati i contatti e gli orari di apertura), Archivio foto, Storia, Eventi. La lingua utilizzata è esclusivamente l’italiano.
45 Il dato è relativo a aprile 2014. L’account è stato aperto dall’amministratore della Comunione Ereditaria ed è gestito dallo stesso e da uno dei proprietari.
46 Questa pagina è nata su iniziativa della scrivente. Aperta il 27 ottobre 2013, è però funzionante da poco più di 30 giorni ed è ancora in una fase sperimentale di creazione di un palinsesto di base contenente notizie, informazioni, immagini fotografiche, link, pertanto sono stati invitati a cliccare sulla pagina solo pochi contatti come tester.
47 Il coinvolgimento si misura e si incentiva anche attraverso l’utilizzo di Tag (etichetta), termine che indica il processo degli user di selezione e catalogazione di immagini e contenuti dal web. L’inserimento di data in “categorie popolari d’informazioni” porta alla folksonomy, (termine coniato da V. Wall nel 2004 dalla crasi di folk + tassonomia, http://.vanderwal.net/folksonomy.html). L’hashtag è unaparola (o sequenza continua di parole) preceduta dal simbolo # (cancelletto), usata nel mondo dei social network per categorizzare e rendere ricercabili contenuti correlati. È stato introdotto ufficialmente nel luglio 2009 da Twitter che utilizza gli hashtag come chiavi di ricerca per catalogare e rintracciare commenti attinenti a uno stesso argomento. È una forma di archiviazione digitale a cui concorrono, spontaneamente, per la partecipazione gli user del sociale network: un commento con un hashtag associato viene categorizzato insieme a tutti gli altri, scritti da utenti diversi, a cui sia stato associato il medesimo hashtag. Questa funzione è stata acquisita di recente dagli altri social (Instagram, Google+, Facebook). «Hashtag è una parola inglese composta da hash, uno dei tanti termini che indicano il simbolo # (in italiano detto cancelletto), e tag, ‘etichetta’, ‘marcatore’. Coniata per la prima volta nel 2007 in un blog statunitense e poi proposta su Twitter dagli stessi utenti, la parola all’inizio indicava solamente il simbolo del cancelletto impiegato per creare chiavi di ricerca, non la chiave di ricerca stessa, e questo significato si è mantenuto nella terminologia ufficiale di Twitter: “il simbolo #, denominato hashtag, viene utilizzato per contrassegnare parole o argomenti chiave in un Tweet. È stato concepito dagli utenti Twitter come metodo per categorizzare i messaggi”. Nell’uso comune, tuttavia, il significato si è esteso a tutta la sequenza, che nella terminologia ufficiale è chiamata hashtagged word». Cfr. S. Olmastroni (a cura di), hashtag, www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/parole-nuove/hashtag-0.
48 Per il concetto di valore culturale in riferimento ai beni del patrimonio culturale si veda in M. Montella , Il capitale culturale, Eum, Macerata 2010
49 N. Simon, The Participatory Museum, 2010, www.participatorymuseum.org. A. Bollo, Surfing and walking. I musei e le sfide del 2.0, in «Fizz, oltre il marketing culturale», 2010, www.fizz.it/home/sites/default/files/allegati/articoli/pdf_articoli_completi/Bollo_2010_surfing.pdf, A. Bollo, I musei e la sfida della nuova cultura digitale, Associazione per l’Economia della cultura, marzo 2012, http://economiadellacultura.i/images/stories/download/Bollo.pdf.
50 N. Simon, The Participatory Museum….
51 E. Pagella, C. Margarone, Comunicare: il museo come luogo di trasmissione culturale, intervento del 3 ottobre 2013, Roma in www.slideshare.net/carlottamargarone/roma-epa-cmar-def. È molto interessante notare che i responsabili della comunicazione del museo hanno distinto diverse modalità di comunicazione a seconda dell’obiettivo da raggiungere: essere attivi su «Facebook, Instagram e Twitter per fare networking, su Pinterest, Flicker e You Tube per fare sharing [condividere immagini e di conseguenza esperienze, emozioni], su Tripadvisor, Foursquare e Groupon per fare buying and localisation, su Wikipedia, RSS, Feed per publishing».
52 E. Bonacini, Dal Web alla App...,p. 43.
53 Si veda l’analisi swot proposta in merito alla comunicazione da parte del museo via web 2.0 in I. Tedesco, La comunicazione del patrimonio culturale via web....
54 Il gamification è una tecnica che utilizza la metodologia del gioco (livelli, punti, premi), stimolando gli istinti primari dell’essere umano (competizione, status sociale, compensi e successo) in contesti esterni al gioco per creare maggiore interesse o risolvere problemi. È funzionale per educare divertendo e coinvolgendo più fasce d’utenza, fidelizzare, attrarre l’utenza, aumentare la visibilità dell’istituzione.
55 In Bonacini si trova una definizione puntale di storytelling che si riporta per esteso: «Tra le opzioni di comunicazione museo-utente più innovative (che in molti casi si trasforma anche in una vera e propria forma di produzione culturale da parte dell’utente) va citato lo storytelling, tecnica attraverso la quale il museo, dalle pagine del suo sito e sfruttando appieno le tecnologie del web 2.0, chiede – sia all’utente “fisico” dopo la visita in presenza (feedback post-fruizione) che a quello remoto – di esprimere un’emozione suscitata durante la visita o da un oggetto della propria quotidianità presente o passata, magari corredata di immagini o commenti. Nel caso del feedback post-fruizione, modulato secondo un approccio partecipativo e inclusivo, si mira a suscitare il coinvolgimento emozionale e quegli spunti di riflessione o di ricordo che facciano riferimento al background individuale, inteso come bagaglio personale di esperienze e cultura pregresse. In questo caso, l’apporto delle nuove tecnologie può dimostrarsi decisivo, soprattutto se si considerano le grandi possibilità che esse offrono di feedback e di costruzione di un rapporto diretto tra il pubblico e il museo, oggi sempre più proteso a sfruttare le nuove tecnologie e i nuovi media per “estendere” la propria presenza fisica e concettuale, per trasformarsi in un “luogo”, fisico o virtuale che sia, dove la conoscenza venga anche “costruita” oltre che esclusivamente “trasmessa”». E. Bonacini, Il museo partecipativo sul web: forme di partecipazione dell’utente alla produzione culturale e alla creazione di valore culturale, in “Il capitale culturale”, V, 2012, p. 101.
56 Non è un caso che nell’ultima indagine svolta da Solima Il museo in ascolto per conto del MiBACT, il livello di gradimento delle audioguide da parte dei fruitori (customer satisfaction) sia sceso di venti punti rispetto alla prima indagine del 1999, registrando il più alto tasso di insoddisfazione (52,2%) Cfr. L. Solima, Il museo in ascolto. Nuove strategie di comunicazione per i musei statali, Cangemi, Roma 2012, pp. 65-66, tab. 13, grafico 11.
57 GPS è l’acronimo di Global Positioning System. Si riferisce al sistema che indica il posizionamento georeferenziato su base satellitare e sincronizzato. Nato inizialmente per scopi militari nel dipartimento della difesa degli USA, è entrato poi nell’uso civile ed è liberamente accessibile ai dispositivi che siano dotati del ricevitore (user segment). I ricevitori GPS sono ormai diffusi nei dispositivi mobili come smartphone, tablet e prodotti Apple. (http://it.wikipedia.org/wiki/Global_Positioning_System). Da questa tecnologia sono nate diverse app a carattere social come Foursquare (gratuita) che permette all’user di registrare la propria posizione e condividere immagini, contenuti, link. Anche questa forma di comunicazione digitale è stata tempestivamente adottata da istituzioni e musei americani (Brooklyn, MOMA...) per promuovere la propria immagine e si sta diffondendo nel nostro territorio.
58 La più recente raccolta di case history sulle tecnologie per la comunicazione culturale mobile in Sicilia con esempi di guided tour divisi per province e operatori è consultabile in E. Bonacini, Dal Web alla App..., pp. 279-321.
59 E. Bonacini, Dal Web alla App..., p. 204.
60 Il world of mouth (passaparola) è nella versione digitale 2.0 una caratteristica del marketing 2.0 e serve a trasmettere le opinioni degli utenti, indirizzare la domanda e influenzare la scelta di acquisto, causando a cascata il giudizio e la popolarità di un determinato prodotto o servizio. Questo concetto è associabile alle istituzioni culturali tanto che, come ricorda la Bonacini, sull’importanza crescente di questo fenomeno la Commissione Europea fin dal 2008 ha considerato i social network, dove il word of mouth 2.0 si verifica costantemente, come strategici per lo sviluppo delle Information and Communication Technologies (ICT). Cfr. E. Bonacini, Dal Web alla App..., p. 17.